mercoledì 15 novembre 2023

Un mondo senza canzoni - La crudele teologia di "Drakengard"

Uno dei dilemmi più antichi e rilevanti della filosofia occidentale e orientale, in particolare quella di stampo religioso, riguarda l’origine del male. Sebbene tale quesito abbia radici antiche, che presumibilmente precedono qualsiasi forma di documentazione e spaziano dall’ambito della religione egizia[1] fino alla hindu[2], assume particolare importanza nell’ambito delle religioni abramitiche[3], le quali prevedono l’esistenza di un Dio onnipotente e onnisciente, che incarna in tutto e per tutto il bene: la coesistenza di tale divinità e del male stesso sembra quindi rappresentare una contraddizione intrinseca alla natura stessa dell’esistenza. Il “problema del male”, così come è spesso denominato, ha trovato varie risposte nel corso dei secoli, con altrettante obiezioni; senza dubbio, però, una delle giustificazioni più popolari riguarda il libero arbitrio: il male è il risultato delle azioni dell’uomo e Dio, che non desidera restringere la sua libertà, è disposto a concederne l’esistenza, pur essendo ad esso ontologicamente opposto[4].
Un’interpretazione più “laica” del problema del male, inteso in questo caso come il rapporto spesso avverso tra uomo e natura, può essere fornita dal poeta e filosofo romano Tito Lucrezio Caro e da Giacomo Leopardi: il libro V del De rerum natura di Lucrezio e, ancora di più, tutte le opere collocate nel periodo del “pessimismo cosmico” leopardiano, iniziato con la pubblicazione delle Operette morali, propongono l’idea di una natura ostile nei confronti dell’uomo non per malizia, ma per fredda e meccanicistica indifferenza[5] [6]. Risulta evidente che tale filosofia può essere estremizzata, giungendo così all’idea di una natura attivamente crudele e spietata nei confronti dell’uomo: questo è il mondo di Drakengard, videogioco sviluppato dalla Cavia e pubblicato dalla SQUARE ENIX nel 2003 in Giappone e nell’anno successivo in occidente.
 
La natura ostile, brutale e perversa dell’ambientazione di Drakengard potrebbe non apparire evidente durante le prime ore di gioco, ma si manifesta gradualmente in maniera sempre più esplicita progredendo nella storia e in tale rivelazione rivestono un ruolo importante gli antagonisti del gioco: le loro azioni e motivazioni sono intrinsecamente legate alla natura stessa di tale mondo. Lo scopo che il presente articolo si prefigge è, quindi, quello di proporre un’analisi approfondita di tali personaggi, esplorando allo stesso tempo i filoni tematici che li accomunano e come questi si ricollegano all’universo infesto del gioco.

L’amore degli dei
Manah, l’Impero e il Culto dei Messaggeri

“Anche i Messaggeri ridono?”
-Manah
 
La principale forza antagonistica di Drakengard è senza dubbio l’Impero, impegnato in una sanguinosa guerra con la Confederazione, un’alleanza di regni tra le cui fila figura il protagonista, Caim. L’armata imperiale è composta non solo da soldati umani, i cui occhi brillano di un rosso cremisi, ma anche da creature fantastiche, quali goblin, golem o draghi; inoltre, l’Impero ha a sua disposizione armi e mezzi tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli della Confederazione, come mongolfiere, navi volanti e macchinari animati da magia.
 
L’intento dell’Impero è quello di rompere i quattro Sigilli che stabilizzano il Grande Tempo, un concetto che racchiude in sé il tempo, lo spazio e il piano dimensionale[7]; ad aggravare ulteriormente la situazione è la natura degli stessi Sigilli, dal momento che, sebbene tre di questi siano impressi su luoghi fisici, il quarto è posto su una donna, la Dea del Sigillo: Furiae, la sorella di Caim. Secondo una profezia, infatti, la distruzione dei quattro sigilli causerà la comparsa dei Bozzoli della Resurrezione: questi sono il vero obiettivo dell’Impero.
 
Durante il gioco sarà rivelato che l’Impero è strettamente legato ad una setta religiosa, il Culto dei Messaggeri, la cui sacerdotessa funge da leader dell’Impero stesso; l’identità di tale figura è quella di una bambina di sei anni, Manah, sorella gemella di Seere, uno degli alleati di Caim. Ma perché l’Impero ubbidisce agli ordini di una bambina? La verità è che i soldati dell’Impero sono affetti dalla Red Eye Disease, un morbo che compromette il loro raziocinio, gli conferisce abilità fisiche superiori e li assoggetta agli ordini di individui dotati di immenso potere magico[8] [9]; allo stesso modo, Manah, la cui bocca produce spesso una profonda voce maschile, mostra tutti i segni di una possessione.
 
Durante il gioco, la bambina dimostra potenti abilità magiche, quali capacità di creare campi di forza, controllo mentale e telepatia; tuttavia, i suoi interventi diretti nella storia sono limitati, poiché, date le sue incredibili doti di manipolazione, il più delle volte sono i suoi servitori a fare il lavoro sporco: la sua guida porterà l’Impero a sterminare interi regni e lei stessa, con il solo ausilio delle sue parole, sarà in grado di mettere vecchi amici l’uno contro l’altro e portare la Dea del Sigillo al suicidio. Un’importante eccezione a tale comportamento sono gli avvenimenti del finale A, intitolato L’Angoscia di un tetro messaggero (the Anguish of an unsmiling watcher in inglese e a fallen Angel never smiles in giapponese), in cui Manah, ingigantita grazie ai suoi poteri, ricopre il ruolo di boss finale.

La causa della sua psiche turbata è da ricercarsi nel suo rapporto con la madre che, intravista la natura deviata della figlia, l’ha sottoposta ad innumerevoli maltrattamenti, culminando infine nell’abbandono; tali esperienze hanno provocato in Manah un disperato desiderio d’amore, portandola a ricercare infine l’affetto degli dei e consentendo ad un’entità maligna di penetrare nella sua mente[10]: in altre parole, la malvagità che sua madre vedeva nella figlia, si è rivelata essere una profezia auto-adempiente.
 
Il nome della bambina deriva probabilmente da Aka Manah, che in lingua avestica è traducibile come intenzioni malvagie o pensiero malvagio; il collegamento tematico con Manah risulta quindi tanto evidente quanto banale; inoltre il termine aka è per pura coincidenza uguale ad un vocabolo giapponese traducibile come rosso, il colore del vestito della bambina. Aka Manah è un termine che ricorre nell’Avestā, l’insieme dei libri sacri dello zoroastrismo: in particolare nello Yasna il termine ha una pura valenza concettuale, mentre nello Yasht Aka Manah è descritto come una vera e propria entità demoniaca, il figlio di Angra Mainyu e secondo in comando della legione dei demoni[11] [12]. Aka Manah è spesso contrapposto a Vohu Manah (buone intenzioni o buon pensiero), uno degli Ameša Spenta (immortali benefici), creati da Ahura Mazdā, la divinità principale dello zoroastrismo[11] [13]. La dualità che caratterizza Aka Manah e Vohu Manah si ritrova nel rapporto tra Manah e il fratello gemello Seere, che in Drakengard rappresenta uno dei pochi personaggi (pressoché) positivi. Inoltre, a quanto detto dal director del gioco, Taro Yoko, i due gemelli sono basati su Matilda, la coprotagonista di Léon, film di Luc Besson: la dodicenne è interpretata da una giovane Natalie Portman che, nel suo ruolo, esibisce un taglio di capelli molto simile a quello di Manah e Seere[14].

Matilda (Natalie Portman) in Léon.

È importante osservare che, sebbene la bambina sia chiaramente posseduta, non risulta ben chiaro se le sue azioni siano solo risultato di tale possessione o se sia presente almeno una componente volontaria: prova di ciò è lo stesso finale A in cui, dopo essere stata sconfitta da Caim e liberata dall’influenza maligna dell’entità, implorerà Caim di toglierle la vita; sembrerebbe quindi che Manah cominci a risentire del peso delle sue azioni, tuttavia il fatto che mantenga un tono giocoso e continui a parlare dell’amore provato dagli dei nei suoi confronti, lascia intendere che parte della malizia precedentemente mostrata fosse innata.
 
Sebbene la sua richiesta di morte venga ignorata nel finale A, per condannarla a vedere con i propri occhi le sofferenze causate, Manah perirà in tutti gli altri finali: per mano delle creature fuoriuscite dai Bozzoli della Resurrezione nel finale B (non esplicitamente mostrato o affermato, ma molto probabile), divorata da un drago nel finale C, intitolato Laddio di un Compagno perduto (a Companions eternal farewell in inglese e an eternal farewell with your Companion in giapponese), e schiacciata dal golem di Seere nei finali D ed E.

Un amore impossibile
Inuart e Furiae

“Benvenuti in un mondo senza canzoni.”
-Inuart

Fin dall’infanzia, Caim ha sempre avuto al suo fianco sua sorella Furiae e il suo amico e compagno di duelli Inuart, le cui incredibili abilità canore e musicali con l’arpa fecero breccia nel cuore della sorella del principe; cresciuti insieme, i tre condividevano un forte legame, che tuttavia iniziò ad inasprirsi a seguito del fidanzamento ufficiale di Inuart e Furiae[15]. Inoltre, dopo la morte dei genitori di Caim per mano di un drago nero dell’Impero e la conseguente fuga dal regno in caduta di Caerleon, i tre giovani hanno dovuto subire l’ennesima sventura: la comparsa sul corpo di Furiae del segno della Dea del Sigillo e la scelta della ragazza, ai tempi ancora quattordicenne, di adempiere al suo compito[16]; tuttavia tale ruolo comporta una vita di totale isolamento nel Castello della Dea, l’unico contatto esterno contemplato è il gransacerdote Verdelet[17]. Tale condizione ha determinato la cessazione di qualsiasi contatto con Caim e Inuart e, ovviamente, la fine del fidanzamento.
 
Ciononostante, sei anni dopo, durante gli eventi di Drakengard, Inuart e Caim rivedranno Furiae faccia a faccia, quando, una volta sventato un attacco dell’Impero al Castello della Dea, si prefiggeranno la missione di proteggere la ragazza. Tuttavia, Inuart è ben presto catturato dall’Impero e le sue insicurezze sono portate alla luce da Manah: invidioso di Caim, che si è sempre rivelato lo spadaccino migliore nei loro duelli, geloso delle attenzioni che Furiae sembra dedicare al fratello e desideroso di proteggere la sua amata, soccombe al controllo mentale della sacerdotessa del Culto dei Messaggeri, subendo l’infezione della Red Eye Disease. Ritornerà quindi dai due fratelli, accompagnato da un nuovo alleato: un drago nero, lo stesso che sei anni prima aveva ucciso i genitori di Caim e Furiae; il prezzo del patto stretto con la creatura sono le sue abilità canore, tanto amate dalla sua promessa sposa, e il marchio di tale patto cinge ormai la gola di Inuart, simboleggiando non solo ciò che ha dovuto sacrificare ma, data la somiglianza con un collare, anche il gioco mentale sotto cui è stato posto. Nonostante tutto, Inuart sembra non realizzare quanto le sue azioni, volte nella sua psiche ormai deviata a proteggere Furiae, abbiano allargato la distanza tra lui e la sua amata; si scontra quindi con Caim e, dopo averlo sconfitto per la prima volta, rapisce la fanciulla e la consegna a Manah.

Il nome stesso di Inuart è simbolo del suo tradimento: Iuvart è un demone del peccato e dei vizi; originariamente un principe degli angeli, diviene un principe degli angeli caduti[18].
 
Negli eventi che precedono i finali A, B e C, Inuart riuscirà tuttavia a liberarsi dal controllo mentale di Manah dopo aver visto il corpo esanime di Furiae; disperato e a causa del suo stato mentale instabile fuggirà con il cadavere della ragazza in cerca di un modo per ridarle la vita, non mancando di scontrarsi nuovamente con Caim. In ognuno dei finali, eccezion fatta per il finale A in cui il suo fato rimane ambiguo, morirà al fianco della sua amata, sia questo a causa di fattori esterni, Caim o Furiae stessa.

La Dea del Sigillo risulta essere un personaggio fondamentale non solo per la caratterizzazione di Inuart, ma per Drakengard nella sua interezza: ancora prima di Caim, Furiae è il primo personaggio ad essere mostrato su schermo e la storia del gioco è sempre incentrata, in un modo o nell’altro, su di lei; infatti, lo scopo della missione del protagonista sarà appunto quello di proteggere la fanciulla, di salvarla una volta catturata da Inuart e, infine, di fronteggiare le conseguenze della sua inevitabile morte, dato che questa è una costante di ognuno dei cinque finali di Drakengard; tale inevitabilità è una reazione di Taro Yoko al tipico lieto fine, in cui l’eroe della storia, dopo aver commesso stragi in nome di un ideale di giustizia, salva la damigella in pericolo e i due “vivono per sempre felici e contenti”[19]: in tale ottica la morte di Furiae si configura come una punizione karmica per le azioni di Caim, che nel gioco è presentato come un vero e proprio maniaco omicida.

Rimanendo in tema, anche la Dea del Sigillo, come tutti i personaggi del gioco, cela un segreto, al quale alludono più volte Verdelet e la compagna di patto di Caim, un drago rosso. Sebbene negli eventi che precedono i finali A, B e C il protagonista arriverà troppo tardi per salvare la sorella, ormai morta con un pugnale trafitto nel petto, completando specifiche missioni e tramite determinate azioni nel gioco è possibile raggiungere Furiae prima della sua morte: qui la sacerdotessa Manah, grazie alle sue capacità telepatiche, rivelerà a Caim ciò che la ragazza cela nel suo animo, ovvero i sentimenti incestuosi che prova per il fratello[16]. Di fronte alla vergogna e il disonore provati e a causa del disgusto che trapela dall’espressione di Caim, la ragazza non vedrà altra via di uscita se non il suicidio, pugnalandosi al petto con un coltello. Tale evento può essere interpretato come una parodia di un cliché spesso ricorrente in molte opere di origine giapponese, in particolare fumetti e prodotti animati, e che vede l’idealizzazione della figura della sorella minore agli occhi del protagonista, alla stregua di un interesse romantico; lo stesso director ha affermato che la ragazza è basata sulle sorelle del protagonista della serie animata giapponese Sister Princess, che fa ampio uso dei cliché precedentemente menzionati, e che rappresenta l’antitesi dell’archetipo dell’eroina femminile[14]. Altra ispirazione per tale personaggio, che risulta particolarmente evidente se si esamina il tono pacato e calmo che spesso utilizza, è Rei Ayanami, personaggio della serie animata Neon Genesis Evangelion e dei relativi film[14] [20].
 
Ancora una volta, risulta opportuna un’analisi del nome del personaggio: Furiae è un sostantivo in nominativo plurale traducibile dal latino con il termine Erinni (oppure Furie, secondo la tradizione romana), divinità della vendetta; tali creature, tradizionalmente raffigurate come donne alate, con serpenti per capelli e armate di torce, emettevano grida stridenti e punivano coloro che commettevano crimini contro l’ordine naturale, in particolare nei confronti dei propri consanguinei[21] [22]: appare dunque evidente un primo ironico collegamento con il personaggio della Dea del Sigillo. Tuttavia, riferimenti ben più evidenti si riscontrano nel finale B di Drakengard, intitolato Fiori su una Breccia aperta nel cuore (flowers for the Broken spirit in inglese e in giapponese, una probabile citazione al racconto, e in seguito anche romanzo, di fantascienza Fiori per Algernon di Daniel Keyes): qui Inuart, in fuga da Caim, inserisce il cadavere di Furiae all’interno di uno dei Bozzoli della Resurrezione nella speranza di ridarle la vita; tuttavia, sebbene inizialmente sembrerebbe che il piano abbia funzionato, la creatura portata in vita dal Bozzolo non è Furiae, bensì una chimera con le sue fattezze, con ali di uccello, coda di scolopendra, nuovi arti a forma di serpente e una voce incapace di produrre altro che urla assordanti, in altre parole una mostruosità molto simile alle rappresentazioni delle Erinni. Un evento del genere era già stato preannunciato, quando il drago di Caim aveva rivelato il vero nome dei Bozzoli della Resurrezione, ora identificati come “Bozzoli della Distruzione”.

Illustrazione originale di Elettra Eletto.

La creatura mostruosa funge quindi da boss finale per il finale B di Drakengard; tuttavia, anche una volta sconfitta, il mondo non è salvo: centinaia di cloni di Furiae emergono dagli altri Bozzoli, pronti a devastare il pianeta e fare strage dei suoi abitanti. Come affermato dallo stesso director, la scena è, ancora una volta, una parodia della serie animata Sister Princess, che vede dodici sorelle competere per le attenzioni del fratello maggiore[14] [23] [24].

Un amore stritolante
La Bestia Madre e i Messaggeri

“Non parlare dei Messaggeri. Non disegnare i Messaggeri. Non scrivere dei Messaggeri. Non scolpire i Messaggeri. Non celebrare i Messaggeri. Non invocare i Messaggeri.”
-I comandamenti del Culto dei Messaggeri.
 
Il Culto dei Messaggeri è una forza onnipresente in Drakengard, fin dalla sua introduzione nel gioco i personaggi e lo stesso giocatore sono portati a porsi numerose domande sulla natura di tale setta; tuttavia, il quesito più frequente e più importante è sempre lo stesso: cosa sono i Messaggeri? Al fine di rispondere a tale domanda è necessario fare un preambolo sulla terminologia utilizzata: in lingua originale il Culto dei Messaggeri è denominato 天使の教会 (Tenshi no Kyōkai), traducibile con il termine Chiesa degli Angeli; le allusioni alle religioni abramitiche risultano ovvie, e pertanto sono state mitigate negli adattamenti occidentali. Ciononostante, l’adattamento italiano preserva, sebbene in maniera meno esplicita, l’intento originale: il termine angelo deriva infatti dal greco antico ἄγγελος, sostantivo traducibile con il termine messaggero. In inglese, invece, il termine usato è Cult of the Watchers, l’utilizzo dei termini cult, traducibile ovviamente come culto, e Watchers è probabilmente volto a mitigare l’evidente parallelismo con il Cristianesimo, pur mantenendo in parte il significato originale: la parola Vigilante, o appunto Watcher in lingua inglese, compare nel capitolo 4 del Libro di Daniele della Tanàkh e dell’Antico Testamento. In tale capitolo, il re Nabucodònosor convoca i saggi di Babilonia, compreso lo stesso Daniele, in cerca di un interpretazione per un sogno in cui un Vigilante discende dal cielo per ordinargli di abbattere un enorme albero che protegge il mondo e le creature che lo abitano; il sogno si rivela essere una profezia: il re babilonese, qualora si rifiutasse di scontare i suoi peccati e riconoscere l’autorità di Dio, si ritroverà spogliato dei propri poteri e averi e sarà costretto a vivere allo stato brado per sette anni. Questa previsione si rivela ben presto veritiera e, al termine dei sette anni, Nabucodònosor loda e glorifica Dio, sottomettendosi a quest’ultimo[25] [26]. In altre parole, l’albero rappresenta lo stesso re babilonese, che nonostante la sua immensa autorità e le sue immense ricchezze, è fondamentalmente impotente di fronte al Creatore. Quanto alla natura del Vigilante, alcuni studiosi identificano tale figura con lo stesso Dio o altre parti della Trinità[27], tuttavia l’interpretazione più accreditata vuole che il Vigilante sia un angelo[28]; conseguentemente, l’utilizzo del termine Cult of the Watchers ha essenzialmente la stessa accezione di 天使の教会 (Tenshi no Kyōkai).
 
I Vigilanti rivestono un ruolo fondamentale nel Libro di Enoch, uno dei più noti testi giudaici apocrifi: nella sezione denominata Libro dei Vigilanti, questi ultimi sono descritti come una divisione di duecento angeli che, capeggiati da Semeyaza, discesero dai cieli per accoppiarsi con le donne mortali[29]; da tale unione nacquero quindi i giganti, che non tardarono a portare devastazione, cibandosi di tutti gli alimenti a disposizione e, una volta esauriti questi ultimi, degli uomini stessi[30]. Tali eventi sembrano essere citati anche nella letteratura canonica giudaica, in particolare nella Genesi, che fa riferimento all’unione tra “i figli di Dio” e “le figlie degli uomini” e alla presenza dei giganti sulla Terra in tempi antecedenti al diluvio universale[31]. Sembrerebbe quindi che i Messaggeri di Drakengard nascano dalla combinazione di tratti dei giganti e dei Vigilanti: nei finali D ed E, infatti, a seguito della morte di Manah per mano del golem di Seere e della immediatamente successiva dipartita di Furiae, causa della rottura del Sigillo, i Messaggeri discendono da varchi aperti nel cielo, devastando la Capitale Imperiale; si manifestano nella forma di giganteschi neonati dalla pelle grigia, simili a statue, e dalla loro schiena fuoriescono fulmini che assumono la forma di ali; le mostruose creature, in un risvolto tanto ironico quanto karmico, divorano la maggior parte dei protagonisti, ovvero Arioch, la cannibale con una spiccata preferenza per la carne di bambini, Leonard, segretamente pedofilo, e lo stesso Caim, che durante il gioco non ha avuto problemi a sterminare i più giovani tra i coscritti dell’esercito dell’Impero.

È interessante notare che il Libro di Enoch contestualizza le azioni dei Vigilanti e dei giganti come motivo del diluvio universale[32] e anche la Genesi vede la prima menzione dell’intenzione di Dio di scatenare tale evento collocata immediatamente dopo il riferimento ai giganti e all’unione tra angeli e donne umane[33]. Sembrerebbe quindi che tali testi pongano Dio e i Vigilanti su fronti opposti; tuttavia, come verrà esposto in seguito, ciò non accade nel mondo di Drakengard.
 
A capo dei Messaggeri figura la Bestia Madre, creatura dall’aspetto di una donna adulta calva apparentemente priva delle ali che presentano i suoi sottoposti, con cui però condivide la colorazione della pelle. Tale essere è in grado di controllare il Grande Tempo e nei finali D ed E, in cui inspiegabilmente appare incinta, minaccia di “divorare” il mondo intero. In particolare, nel finale D, intitolato La sconfinata Delusione di un bambino ingannato (the wild dreams of a Deluded child in inglese e the Daffy child’s wildest dreams in giapponese), dopo la morte di tutti gli altri protagonisti sarà Seere a fermare la Bestia Madre, congelando il tempo in tutta la Capitale Imperiale e dintorni. Prima di attuare tale piano, però, il bambino si adagia sulla pancia della creatura chiedendo perdono alla sorella ormai morta: non risulta chiaro, tuttavia, se ciò voglia insinuare che la Bestia Madre sia una manifestazione di Manah stessa o se tale gesto non sia altro che un metaforico “ritorno all’utero della madre” che un tempo i due gemelli condividevano.

Ancora più singolari (nonché iconici) sono gli eventi del finale E, intitolato L’Epilogo della sfera dei dragoni (the End of the dragon sphere in inglese e in giapponese, palese citazione al film Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion e al nome del progetto di sviluppo di Drakengard, chiamato appunto Project Dragonsphere): dopo aver rifiutato il piano di Seere, Caim e il suo drago decidono di affrontare la Bestia Madre, attraversando insieme a quest’ultima un portale che li trasporta nel quartiere di Shinjuku della Tokyo del 2003; come se l’assurdità della situazione non bastasse, la creatura inizia a cantare e il gioco si tramuta in un rhythm game in cui il giocatore dovrà rispondere appropriatamente agli anelli generati dal mostro, di cui rappresentano la canzone. Sebbene i protagonisti riescano infine a sconfiggere la Bestia Madre, questi incontreranno presto la loro morte, quando due jet delle Forze di autodifesa del Giappone abbatteranno il drago, il cui corpo verrà trafitto dalla punta della Torre di Tokyo.
 
Sebbene tale finale, apparentemente scherzoso, sia in realtà pregno di significati non immediatamente evidenti a prima vista, risulta più utile ai fini del presente articolo soffermarsi sulla figura della Bestia Madre. Stando alle parole dello stesso Yoko, l’intento originale era quello di rendere il finale E una battaglia canora contro una gigantesca Ayumi Hamasaki, una famosa cantautrice giapponese; tuttavia, l’idea fu rifiutata quasi immediatamente e tale sezione di gioco fu modificata e Hamasaki divenne quindi la Bestia Madre[34]. Tuttavia, risulta tuttora innegabile l’influenza di Neon Genesis Evangelion sugli eventi del finale, anche per ammissione dello stesso director[35]: è possibile quindi che la Bestia Madre sia basata, sia per aspetto che per la scena della sua morte, su Lilith in Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion; infatti, la creatura, che nel film è rivelata essere la progenitrice dell’umanità, assume, una volta fusasi con Rei Ayanami, la forma di una gigantesca donna dalla pelle bianca.

Rei/Lilith in Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion.

È inoltre possibile che l’ispirazione per lo scenario sopra descritto provenga dalle sacre scritture, in particolare dall’Apocalisse di Giovanni, il cui capitolo 12 recita:
“Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli.”[36] [37].
Le similitudini appaiono evidenti: la donna incinta è la Bestia Madre, mentre il drago, che nel testo originale rappresenta Satana, è il drago di Caim che, a seguito della battaglia, precipita sulla terra così come Satana dopo la battaglia con Michele e i suoi angeli. Naturalmente i ruoli risultano invertiti, dato che in Drakengard la Bestia Madre costituisce la forza maligna che il drago si trova a fronteggiare. In questo contesto sorge però spontaneo un quesito: chi rappresenta il bambino nato dalla donna? Se nell’Apocalisse tale personaggio non è altro che Gesù Cristo, nel gioco, anche alla luce di quanto esposto in precedenza, potrebbe essere Manah, la quale assume infatti il ruolo di Messia delle forze del male. Tuttavia, un’altra domanda emerge in maniera ancora più dirompente: chi è il Dio di Drakengard?

Un odio sconfinato
Dio

“Oh, dei! È vostro volere che continuiamo a vivere?”
-Verdelet
 
I personaggi e le creature finora citati sono accomunati da un unico filo conduttore: chi si cela dietro alla possessione di Manah? Chi è il responsabile della Red Eye Disease che affligge Inuart? Chi trae vantaggio dall’apparizione dei Bozzoli della Distruzione? Chi comanda i Messaggeri e la Bestia Madre? La risposta è una sola: Dio.
 
La versione occidentale di Drakengard fa più volte riferimento agli dei venerati dal Culto dei Messaggeri, ma la pluralità di tali entità è frutto dell’adattamento, forse in un ulteriore tentativo di evitare riferimenti troppo espliciti alle religioni abramitiche. Il termine utilizzato in lingua originale è (kami), traducibile con il sostantivo dio, e, sebbene i termini giapponesi non necessitino solitamente dell’esplicitazione del plurale, il più delle volte 神々 (kami-gami) è utilizzato per tradurre dei. È possibile quindi concludere che il Dio di Drakegard sia unico e, senza considerare gli approfondimenti forniti dai titoli successivi della serie, potrebbe trattarsi proprio del Dio delle religioni abramitiche.

Non è infatti necessario un occhio troppo attento per osservare che la mappa di Midgard, l’ambientazione del gioco, non sia altro che una rappresentazione capovolta dell’Europa: il mondo di Drakengard non è altro che la Terra, in una sorta di passato alternativo o futuro molto remoto. Risultano inoltre presenti riferimenti ancora più espliciti al cristianesimo rispetto a quanto citato in precedenza, tra cui il libro che Furiae era impegnata a leggere all’inizio della storia, le cui pagine appaiono anche nei menù del gioco e che sembra rappresentare alcune scene del Nuovo Testamento incentrate sulla nascita e la vita di Gesù[38]. Risulta inoltre interessante l’utilizzo di temi provenienti dal mondo dell’occulto di derivazione cristiana, come i nomi dei protagonisti derivati da quelli di demoni descritti in vari testi di demonologia, ma anche l’utilizzo di un alfabeto molto simile all’Alfabeto Celestiale, creato dall’alchimista Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim vissuto tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI: tale alfabeto, pubblicato per la prima volta nel De Occulta Philosophia di Agrippa nel 1533[39], fa la sua comparsa nei Sigilli e negli effetti particellari di varie magie di Drakengard ed è stato utilizzato in svariate modalità differenti anche nei titoli successivi della serie.
 
Gli elementi citati contribuiscono a creare un’ambientazione cupa e infausta e dipingono la figura di una divinità maligna e crudele. Nonostante il Dio delle religioni abramitiche, in particolare nell’Antico Testamento, abbia commesso azioni al meglio criticabili alla luce della morale attuale, il Dio di Drakengard risulta infinitamente più maligno: tale entità è motivata da un odio sconfinato nei confronti dell’umanità, che si rifiuta di piegarsi al suo volere, e ne desidera lestirpazione[40]. Laddove, quindi, nelle sacre scritture il libero arbitrio è un dono fatto alluomo da Dio, che (almeno in teoria) rispetta tale libertà sebbene questa porti la sua creatura al peccato, il Dio di Drakengard rifiuta il diritto dell’uomo di autodeterminarsi. Questa entità è quindi dietro a tutte le forze antagonistiche di Drakengard, siano queste l’Impero, Manah, Inuart, Furiae, i Messaggeri o la Bestia Madre.

Che tale divinità possa rappresentare una critica al Dio del cristianesimo è probabile, ma è ancora più importante sottolineare cosa la presenza di un Dio ostile significhi per il mondo di Drakengard: il problema del male è manifesto e ha una risposta ben precisa, ovvero lesistenza di un Dio maligno. La natura nel mondo del gioco risulta quindi inospitale, oppressiva e crudele e il male è una forza attiva e diretta specificamente all’uomo che abita tale mondo, in quanto creazione di una divinità sadica e perversa.
 
Il tutto culmina in una realizzazione tanto inquietante quanto logica: in Drakengard la vittoria di Dio è inevitabile. Nel finale A, sebbene i protagonisti sopravvivano (a differenza di tutti gli altri finali) e i piani dell’Impero siano fermati, il mondo rimane sotto il giogo di Dio, sotto forma del Sigillo, ora portato dal drago di Caim, il cui nome è rivelato essere Angelus (in giapponese アンヘル, ovvero Angel): la divinità è riuscita quindi a violare l’essere più puro tra i protagonisti, privo della psicosi di Caim, delle perversioni di Leonard, della pazzia di Arioch, dell’ipocrisia di Seere e della codardia di Verdelet. Nei finali B e C, invece, l’umanità va incontro alla propria fine a causa dei cloni di Furiae nel primo e dei draghi nel secondo e nel finale D, sebbene la tragedia sia evitata, ciò avviene a costo della vita dei protagonisti e, in assenza di una nuova Dea del Sigillo, il mondo resta senza protezione da eventuali nuovi attacchi da parte del suo Dio.

È, tuttavia, ancora una volta il finale E a destare maggiore interesse. Se, nel peggiore dei casi, i Messaggeri continueranno nella loro distruzione nella linea temporale di Drakengard, nel migliore, ovvero se la morte della Bestia Madre causerà anche quella dei suoi sottoposti, tale mondo resterà ancora una volta senza la protezione del Sigillo. Tuttavia, ciò che accade nell’altra linea temporale, ovvero la nostra, è ancora più inquietante; ancora una volta è opportuno invocare una similitudine con gli eventi narrati nell’Apocalisse, in particolare nel capitolo 14:
“E vidi: ecco lAgnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono lAgnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per lAgnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia. E vidi un altro angelo che, volando nell’alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Egli diceva a gran voce: “Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta lora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque”.”[36] [41].
Il canto della Bestia Madre potrebbe essere rappresentativo del canto proveniente dal cielo citato nel testo, il quale è uno dei segni che preannunciano lapocalisse. Nel finale E il Dio di Drakengard ottiene una vittoria ancora più schiacciante, riuscendo ad estendere la sua influenza ad un’altra linea temporale e portando anche lì la sua apocalisse dal momento che, sebbene non inizialmente previsto quando il gioco fu rilasciato, questi eventi rappresentano la premessa della trama di NieR Replicant e NieR Gestalt.



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[36] I AM CAIM [@ThreeEyedGemini]. (2023). I thought of more things to add to my DrakeNieR iceberg, so I added a new tier and rearranged things. [Immagine allegata] [Post]. X.
[37] Apocalisse 12:1-9. (2008). La Bibbia CEI. BibbiaEDU.
[38] I AM CAIM [@ThreeEyedGemini]. (2023). I’ve tried laying out the pages from Furiae’s scripture in chronological order. [Immagine allegata] [Post]. X.
[39] Agrippa von Nettesheim, H. C. (1533). De Occulta Philosophia. 273.
[40] Drag-On Dragoon Official Guide Book – Complete Edition. (2003). SQUARE ENIX, 16.
[41] Apocalisse 14:1-6. (2008). La Bibbia CEI. BibbiaEDU.
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