Uno dei dilemmi più antichi e
rilevanti della filosofia occidentale e orientale, in particolare quella di
stampo religioso, riguarda l’origine del male. Sebbene tale quesito abbia
radici antiche, che presumibilmente precedono qualsiasi forma di documentazione
e spaziano dall’ambito della religione egizia[1] fino alla hindu[2], assume particolare importanza nell’ambito delle religioni abramitiche[3],
le quali prevedono l’esistenza di un Dio onnipotente e onnisciente, che incarna
in tutto e per tutto il bene: la coesistenza di tale divinità e del male stesso
sembra quindi rappresentare una contraddizione intrinseca alla natura stessa
dell’esistenza. Il “problema del male”, così come è spesso denominato, ha
trovato varie risposte nel corso dei secoli, con altrettante obiezioni; senza
dubbio, però, una delle giustificazioni più popolari riguarda il libero
arbitrio: il male è il risultato delle azioni dell’uomo e Dio, che non desidera
restringere la sua libertà, è disposto a concederne l’esistenza, pur essendo ad
esso ontologicamente opposto[4].
Un’interpretazione più “laica” del
problema del male, inteso in questo caso come il rapporto spesso avverso tra
uomo e natura, può essere fornita dal poeta e filosofo romano Tito Lucrezio
Caro e da Giacomo Leopardi: il libro V del De rerum natura di Lucrezio
e, ancora di più, tutte le opere collocate nel periodo del “pessimismo cosmico”
leopardiano, iniziato con la pubblicazione delle Operette morali,
propongono l’idea di una natura ostile nei confronti dell’uomo non per malizia,
ma per fredda e meccanicistica indifferenza[5] [6]. Risulta evidente
che tale filosofia può essere estremizzata, giungendo così all’idea di una
natura attivamente crudele e spietata nei confronti dell’uomo: questo è il
mondo di Drakengard, videogioco sviluppato dalla Cavia e pubblicato
dalla SQUARE ENIX nel 2003 in Giappone e nell’anno successivo in occidente.
La natura ostile, brutale e
perversa dell’ambientazione di Drakengard potrebbe non apparire evidente
durante le prime ore di gioco, ma si manifesta gradualmente in maniera sempre
più esplicita progredendo nella storia e in tale rivelazione rivestono un ruolo
importante gli antagonisti del gioco: le loro azioni e motivazioni sono
intrinsecamente legate alla natura stessa di tale mondo. Lo scopo che il
presente articolo si prefigge è, quindi, quello di proporre un’analisi
approfondita di tali personaggi, esplorando allo stesso tempo i filoni tematici
che li accomunano e come questi si ricollegano all’universo infesto del gioco.
L’amore degli dei
Manah, l’Impero e il Culto dei Messaggeri
“Anche
i Messaggeri ridono?”
-Manah
La principale forza antagonistica
di Drakengard è senza dubbio l’Impero, impegnato in una sanguinosa
guerra con la Confederazione, un’alleanza di regni tra le cui fila figura il
protagonista, Caim. L’armata imperiale è composta non solo da soldati umani, i
cui occhi brillano di un rosso cremisi, ma anche da creature fantastiche, quali
goblin, golem o draghi; inoltre, l’Impero ha a sua disposizione armi e mezzi
tecnologicamente più avanzati rispetto a quelli della Confederazione, come
mongolfiere, navi volanti e macchinari animati da magia.
L’intento dell’Impero è quello di
rompere i quattro Sigilli che stabilizzano il Grande Tempo, un concetto che
racchiude in sé il tempo, lo spazio e il piano dimensionale[7]; ad
aggravare ulteriormente la situazione è la natura degli stessi Sigilli, dal
momento che, sebbene tre di questi siano impressi su luoghi fisici, il quarto è
posto su una donna, la Dea del Sigillo: Furiae, la sorella di Caim. Secondo una
profezia, infatti, la distruzione dei quattro sigilli causerà la comparsa dei
Bozzoli della Resurrezione: questi sono il vero obiettivo dell’Impero.
Durante il gioco sarà rivelato che
l’Impero è strettamente legato ad una setta religiosa, il Culto dei Messaggeri,
la cui sacerdotessa funge da leader dell’Impero stesso; l’identità di tale
figura è quella di una bambina di sei anni, Manah, sorella gemella di Seere,
uno degli alleati di Caim. Ma perché l’Impero ubbidisce agli ordini di una
bambina? La verità è che i soldati dell’Impero sono affetti dalla Red Eye
Disease, un morbo che compromette il loro raziocinio, gli conferisce
abilità fisiche superiori e li assoggetta agli ordini di individui dotati di
immenso potere magico[8] [9]; allo stesso modo, Manah, la cui bocca
produce spesso una profonda voce maschile, mostra tutti i segni di una
possessione.
Durante il gioco, la bambina
dimostra potenti abilità magiche, quali capacità di creare campi di forza,
controllo mentale e telepatia; tuttavia, i suoi interventi diretti nella storia
sono limitati, poiché, date le sue incredibili doti di manipolazione, il più
delle volte sono i suoi servitori a fare il lavoro sporco: la sua guida porterà
l’Impero a sterminare interi regni e lei stessa, con il solo ausilio delle sue
parole, sarà in grado di mettere vecchi amici l’uno contro l’altro e portare la
Dea del Sigillo al suicidio. Un’importante eccezione a tale comportamento sono
gli avvenimenti del finale A, intitolato L’Angoscia
di un tetro messaggero (the Anguish of an
unsmiling watcher in inglese e a fallen Angel
never smiles in giapponese), in cui Manah, ingigantita grazie ai suoi
poteri, ricopre il ruolo di boss finale.
La causa della sua psiche turbata è
da ricercarsi nel suo rapporto con la madre che, intravista la natura deviata
della figlia, l’ha sottoposta ad innumerevoli maltrattamenti, culminando infine
nell’abbandono; tali esperienze hanno provocato in Manah un disperato desiderio
d’amore, portandola a ricercare infine l’affetto degli dei e consentendo ad
un’entità maligna di penetrare nella sua mente[10]: in altre parole,
la malvagità che sua madre vedeva nella figlia, si è rivelata essere una
profezia auto-adempiente.
Il nome della bambina deriva probabilmente
da Aka Manah, che in lingua avestica è traducibile come intenzioni
malvagie o pensiero malvagio; il collegamento tematico con Manah
risulta quindi tanto evidente quanto banale; inoltre il termine aka è
per pura coincidenza uguale ad un vocabolo giapponese traducibile come rosso,
il colore del vestito della bambina. Aka Manah è un termine che ricorre
nell’Avestā, l’insieme dei libri sacri dello zoroastrismo: in
particolare nello Yasna il termine ha una pura valenza concettuale,
mentre nello Yasht Aka Manah è descritto come una vera e propria
entità demoniaca, il figlio di Angra Mainyu e secondo in comando della
legione dei demoni[11] [12]. Aka Manah è spesso contrapposto
a Vohu Manah (buone intenzioni o buon pensiero), uno degli
Ameša Spenta (immortali benefici), creati da Ahura Mazdā,
la divinità principale dello zoroastrismo[11] [13]. La dualità che
caratterizza Aka Manah e Vohu Manah si ritrova nel rapporto tra
Manah e il fratello gemello Seere, che in Drakengard rappresenta uno dei
pochi personaggi (pressoché) positivi. Inoltre, a quanto detto dal director
del gioco, Taro Yoko, i due gemelli sono basati su Matilda, la coprotagonista
di Léon, film di Luc Besson: la dodicenne è interpretata da una giovane
Natalie Portman che, nel suo ruolo, esibisce un taglio di capelli molto simile
a quello di Manah e Seere[14].
Matilda (Natalie Portman) in Léon. |
È importante osservare che, sebbene
la bambina sia chiaramente posseduta, non risulta ben chiaro se le sue azioni
siano solo risultato di tale possessione o se sia presente almeno una
componente volontaria: prova di ciò è lo stesso finale A in cui, dopo essere
stata sconfitta da Caim e liberata dall’influenza maligna dell’entità,
implorerà Caim di toglierle la vita; sembrerebbe quindi che Manah cominci a
risentire del peso delle sue azioni, tuttavia il fatto che mantenga un tono
giocoso e continui a parlare dell’amore provato dagli dei nei suoi confronti,
lascia intendere che parte della malizia precedentemente mostrata fosse innata.
Sebbene la sua richiesta di morte
venga ignorata nel finale A, per condannarla a vedere con i propri occhi le
sofferenze causate, Manah perirà in tutti gli altri finali: per mano delle
creature fuoriuscite dai Bozzoli della Resurrezione nel finale B (non
esplicitamente mostrato o affermato, ma molto probabile), divorata da un drago
nel finale C, intitolato L’addio di un Compagno perduto (a Companion’s eternal farewell in inglese e an eternal farewell with your Companion in giapponese), e schiacciata dal golem di Seere nei finali D ed E.
Un amore impossibile
Inuart e Furiae
“Benvenuti
in un mondo senza canzoni.”
-Inuart
Fin dall’infanzia, Caim ha sempre
avuto al suo fianco sua sorella Furiae e il suo amico e compagno di duelli
Inuart, le cui incredibili abilità canore e musicali con l’arpa fecero breccia
nel cuore della sorella del principe; cresciuti insieme, i tre condividevano un
forte legame, che tuttavia iniziò ad inasprirsi a seguito del fidanzamento
ufficiale di Inuart e Furiae[15]. Inoltre, dopo la morte dei
genitori di Caim per mano di un drago nero dell’Impero e la conseguente fuga
dal regno in caduta di Caerleon, i tre giovani hanno dovuto subire l’ennesima
sventura: la comparsa sul corpo di Furiae del segno della Dea del Sigillo e la
scelta della ragazza, ai tempi ancora quattordicenne, di adempiere al suo
compito[16]; tuttavia tale ruolo comporta una vita di totale
isolamento nel Castello della Dea, l’unico contatto esterno contemplato è il
gransacerdote Verdelet[17]. Tale condizione ha determinato la
cessazione di qualsiasi contatto con Caim e Inuart e, ovviamente, la fine del
fidanzamento.
Ciononostante, sei anni dopo,
durante gli eventi di Drakengard, Inuart e Caim rivedranno Furiae faccia
a faccia, quando, una volta sventato un attacco dell’Impero al Castello della
Dea, si prefiggeranno la missione di proteggere la ragazza. Tuttavia, Inuart è
ben presto catturato dall’Impero e le sue insicurezze sono portate alla luce da
Manah: invidioso di Caim, che si è sempre rivelato lo spadaccino migliore nei
loro duelli, geloso delle attenzioni che Furiae sembra dedicare al fratello e
desideroso di proteggere la sua amata, soccombe al controllo mentale della
sacerdotessa del Culto dei Messaggeri, subendo l’infezione della Red Eye
Disease. Ritornerà quindi dai due fratelli, accompagnato da un nuovo
alleato: un drago nero, lo stesso che sei anni prima aveva ucciso i genitori di
Caim e Furiae; il prezzo del patto stretto con la creatura sono le sue abilità
canore, tanto amate dalla sua promessa sposa, e il marchio di tale patto cinge
ormai la gola di Inuart, simboleggiando non solo ciò che ha dovuto sacrificare
ma, data la somiglianza con un collare, anche il gioco mentale sotto cui è
stato posto. Nonostante tutto, Inuart sembra non realizzare quanto le sue
azioni, volte nella sua psiche ormai deviata a proteggere Furiae, abbiano
allargato la distanza tra lui e la sua amata; si scontra quindi con Caim e,
dopo averlo sconfitto per la prima volta, rapisce la fanciulla e la consegna a
Manah.
Il nome stesso di Inuart è simbolo
del suo tradimento: Iuvart è un demone del peccato e dei vizi;
originariamente un principe degli angeli, diviene un principe degli angeli
caduti[18].
Negli eventi che precedono i finali
A, B e C, Inuart riuscirà tuttavia a liberarsi dal controllo mentale di Manah
dopo aver visto il corpo esanime di Furiae; disperato e a causa del suo stato
mentale instabile fuggirà con il cadavere della ragazza in cerca di un modo per
ridarle la vita, non mancando di scontrarsi nuovamente con Caim. In ognuno dei
finali, eccezion fatta per il finale A in cui il suo fato rimane ambiguo,
morirà al fianco della sua amata, sia questo a causa di fattori esterni, Caim o
Furiae stessa.
La Dea del Sigillo risulta essere
un personaggio fondamentale non solo per la caratterizzazione di Inuart, ma per
Drakengard nella sua interezza: ancora prima di Caim, Furiae è il primo
personaggio ad essere mostrato su schermo e la storia del gioco è sempre
incentrata, in un modo o nell’altro, su di lei; infatti, lo scopo della missione
del protagonista sarà appunto quello di proteggere la fanciulla, di salvarla
una volta catturata da Inuart e, infine, di fronteggiare le conseguenze della
sua inevitabile morte, dato che questa è una costante di ognuno dei cinque
finali di Drakengard; tale inevitabilità è una reazione di Taro Yoko al
tipico lieto fine, in cui l’eroe della storia, dopo aver commesso stragi in
nome di un ideale di giustizia, salva la damigella in pericolo e i due “vivono
per sempre felici e contenti”[19]: in tale ottica la morte di Furiae
si configura come una punizione karmica per le azioni di Caim, che nel gioco è
presentato come un vero e proprio maniaco omicida.
Rimanendo in tema, anche la Dea del
Sigillo, come tutti i personaggi del gioco, cela un segreto, al quale alludono
più volte Verdelet e la compagna di patto di Caim, un drago rosso. Sebbene
negli eventi che precedono i finali A, B e C il protagonista arriverà troppo
tardi per salvare la sorella, ormai morta con un pugnale trafitto nel petto,
completando specifiche missioni e tramite determinate azioni nel gioco è
possibile raggiungere Furiae prima della sua morte: qui la sacerdotessa Manah,
grazie alle sue capacità telepatiche, rivelerà a Caim ciò che la ragazza cela
nel suo animo, ovvero i sentimenti incestuosi che prova per il fratello[16].
Di fronte alla vergogna e il disonore provati e a causa del disgusto che
trapela dall’espressione di Caim, la ragazza non vedrà altra via di uscita se
non il suicidio, pugnalandosi al petto con un coltello. Tale evento può essere
interpretato come una parodia di un cliché spesso ricorrente in molte
opere di origine giapponese, in particolare fumetti e prodotti animati, e che
vede l’idealizzazione della figura della sorella minore agli occhi del
protagonista, alla stregua di un interesse romantico; lo stesso director
ha affermato che la ragazza è basata sulle sorelle del protagonista della serie
animata giapponese Sister Princess, che fa ampio uso dei cliché
precedentemente menzionati, e che rappresenta l’antitesi dell’archetipo
dell’eroina femminile[14]. Altra ispirazione per tale personaggio,
che risulta particolarmente evidente se si esamina il tono pacato e calmo che
spesso utilizza, è Rei Ayanami, personaggio della serie animata Neon Genesis
Evangelion e dei relativi film[14] [20].
Ancora una volta, risulta opportuna
un’analisi del nome del personaggio: Furiae è un sostantivo in
nominativo plurale traducibile dal latino con il termine Erinni (oppure Furie,
secondo la tradizione romana), divinità della vendetta; tali creature,
tradizionalmente raffigurate come donne alate, con serpenti per capelli e
armate di torce, emettevano grida stridenti e punivano coloro che commettevano
crimini contro l’ordine naturale, in particolare nei confronti dei propri
consanguinei[21] [22]: appare dunque evidente un primo ironico
collegamento con il personaggio della Dea del Sigillo. Tuttavia, riferimenti ben più evidenti si riscontrano nel finale B di Drakengard, intitolato Fiori su una Breccia aperta nel cuore (flowers for the Broken spirit in inglese e in giapponese, una probabile citazione al racconto, e in seguito anche romanzo, di fantascienza Fiori per Algernon di Daniel Keyes): qui Inuart, in fuga da Caim, inserisce il cadavere di Furiae all’interno di uno dei Bozzoli della Resurrezione nella speranza di ridarle la vita; tuttavia, sebbene inizialmente sembrerebbe che il piano abbia funzionato, la creatura portata in vita dal Bozzolo non è Furiae, bensì una chimera con le sue fattezze, con ali di uccello, coda di scolopendra, nuovi arti a forma di serpente e una voce incapace di produrre altro che urla assordanti, in altre parole una mostruosità molto simile alle rappresentazioni delle Erinni. Un evento del genere era già stato preannunciato, quando il drago di Caim aveva rivelato il vero nome dei Bozzoli della Resurrezione, ora identificati come “Bozzoli della Distruzione”.
Illustrazione originale di Elettra Eletto. |
La creatura mostruosa funge quindi da boss finale per il finale B di Drakengard; tuttavia, anche una volta sconfitta, il mondo non è salvo: centinaia di cloni di Furiae emergono dagli altri Bozzoli, pronti a devastare il pianeta e fare strage dei suoi abitanti. Come affermato dallo stesso director, la scena è, ancora una volta, una parodia della serie animata Sister Princess, che vede dodici sorelle competere per le attenzioni del fratello maggiore[14] [23] [24].
Un amore stritolante
La Bestia Madre e i Messaggeri
“Non
parlare dei Messaggeri. Non disegnare i Messaggeri. Non scrivere dei
Messaggeri. Non scolpire i Messaggeri. Non celebrare i Messaggeri. Non invocare
i Messaggeri.”
-I
comandamenti del Culto dei Messaggeri.
Il
Culto dei Messaggeri è una forza onnipresente in Drakengard, fin dalla
sua introduzione nel gioco i personaggi e lo stesso giocatore sono portati a
porsi numerose domande sulla natura di tale setta; tuttavia, il quesito più
frequente e più importante è sempre lo stesso: cosa sono i Messaggeri? Al fine
di rispondere a tale domanda è necessario fare un preambolo sulla terminologia
utilizzata: in lingua originale il Culto dei Messaggeri è denominato 天使の教会
(Tenshi no Kyōkai), traducibile con il termine Chiesa degli Angeli;
le allusioni alle religioni abramitiche risultano ovvie, e pertanto sono state
mitigate negli adattamenti occidentali. Ciononostante, l’adattamento italiano
preserva, sebbene in maniera meno esplicita, l’intento originale: il termine angelo
deriva infatti dal greco antico ἄγγελος, sostantivo traducibile con il
termine messaggero. In inglese, invece, il termine usato è Cult of
the Watchers, l’utilizzo dei termini cult, traducibile ovviamente
come culto, e Watchers è probabilmente volto a mitigare
l’evidente parallelismo con il Cristianesimo, pur mantenendo in parte il
significato originale: la parola Vigilante, o appunto Watcher in
lingua inglese, compare nel capitolo 4 del Libro di Daniele della Tanàkh
e dell’Antico Testamento. In tale capitolo, il re Nabucodònosor
convoca i saggi di Babilonia, compreso lo stesso Daniele, in cerca di un
interpretazione per un sogno in cui un Vigilante discende dal cielo per
ordinargli di abbattere un enorme albero che protegge il mondo e le creature
che lo abitano; il sogno si rivela essere una profezia: il re babilonese,
qualora si rifiutasse di scontare i suoi peccati e riconoscere l’autorità di
Dio, si ritroverà spogliato dei propri poteri e averi e sarà costretto a vivere
allo stato brado per sette anni. Questa previsione si rivela ben presto
veritiera e, al termine dei sette anni, Nabucodònosor loda e glorifica Dio,
sottomettendosi a quest’ultimo[25] [26]. In altre parole, l’albero
rappresenta lo stesso re babilonese, che nonostante la sua immensa autorità e
le sue immense ricchezze, è fondamentalmente impotente di fronte al Creatore.
Quanto alla natura del Vigilante, alcuni studiosi identificano tale figura con
lo stesso Dio o altre parti della Trinità[27], tuttavia
l’interpretazione più accreditata vuole che il Vigilante sia un angelo[28];
conseguentemente, l’utilizzo del termine Cult of the Watchers ha
essenzialmente la stessa accezione di 天使の教会
(Tenshi no Kyōkai).
I
Vigilanti rivestono un ruolo fondamentale nel Libro di Enoch, uno dei
più noti testi giudaici apocrifi: nella sezione denominata Libro dei
Vigilanti, questi ultimi sono descritti come una divisione di duecento
angeli che, capeggiati da Semeyaza, discesero dai cieli per accoppiarsi con le
donne mortali[29]; da tale unione nacquero quindi i giganti, che non
tardarono a portare devastazione, cibandosi di tutti gli alimenti a
disposizione e, una volta esauriti questi ultimi, degli uomini stessi[30].
Tali eventi sembrano essere citati anche nella letteratura canonica giudaica,
in particolare nella Genesi, che fa riferimento all’unione tra “i figli
di Dio” e “le figlie degli uomini” e alla presenza dei giganti sulla Terra in tempi
antecedenti al diluvio universale[31]. Sembrerebbe quindi che i
Messaggeri di Drakengard nascano dalla combinazione di tratti dei
giganti e dei Vigilanti: nei finali D ed E, infatti, a seguito della morte di
Manah per mano del golem di Seere e della immediatamente successiva dipartita
di Furiae, causa della rottura del Sigillo, i Messaggeri discendono da varchi
aperti nel cielo, devastando la Capitale Imperiale; si manifestano nella forma
di giganteschi neonati dalla pelle grigia, simili a statue, e dalla loro
schiena fuoriescono fulmini che assumono la forma di ali; le mostruose
creature, in un risvolto tanto ironico quanto karmico, divorano la maggior
parte dei protagonisti, ovvero Arioch, la cannibale con una spiccata preferenza
per la carne di bambini, Leonard, segretamente pedofilo, e lo stesso Caim, che
durante il gioco non ha avuto problemi a sterminare i più giovani tra i
coscritti dell’esercito dell’Impero.
È
interessante notare che il Libro di Enoch contestualizza le azioni dei
Vigilanti e dei giganti come motivo del diluvio universale[32] e
anche la Genesi vede la prima menzione dell’intenzione di Dio di
scatenare tale evento collocata immediatamente dopo il riferimento ai giganti e
all’unione tra angeli e donne umane[33]. Sembrerebbe quindi che tali
testi pongano Dio e i Vigilanti su fronti opposti; tuttavia, come verrà esposto
in seguito, ciò non accade nel mondo di Drakengard.
A
capo dei Messaggeri figura la Bestia Madre, creatura dall’aspetto di una donna
adulta calva apparentemente priva delle ali che presentano i suoi sottoposti,
con cui però condivide la colorazione della pelle. Tale essere è in grado di
controllare il Grande Tempo e nei finali D ed E, in cui inspiegabilmente appare
incinta, minaccia di “divorare” il mondo intero. In particolare, nel finale D,
intitolato La sconfinata Delusione di un
bambino ingannato (the wild dreams of a Deluded
child in inglese e the Daffy child’s
wildest dreams in giapponese), dopo la morte di tutti gli altri
protagonisti sarà Seere a fermare la Bestia Madre, congelando il tempo in tutta
la Capitale Imperiale e dintorni. Prima di attuare tale piano, però, il bambino
si adagia sulla pancia della creatura chiedendo perdono alla sorella ormai
morta: non risulta chiaro, tuttavia, se ciò voglia insinuare che la Bestia
Madre sia una manifestazione di Manah stessa o se tale gesto non sia altro che
un metaforico “ritorno all’utero della madre” che un tempo i due gemelli
condividevano.
Ancora
più singolari (nonché iconici) sono gli eventi del finale E, intitolato L’Epilogo della sfera dei dragoni (the End of the dragon sphere in inglese e in
giapponese, palese citazione al film Neon Genesis Evangelion: The End of
Evangelion e al nome del progetto di sviluppo di Drakengard,
chiamato appunto Project Dragonsphere): dopo aver rifiutato il piano di
Seere, Caim e il suo drago decidono di affrontare la Bestia Madre,
attraversando insieme a quest’ultima un portale che li trasporta nel quartiere
di Shinjuku della Tokyo del 2003; come se l’assurdità della situazione non
bastasse, la creatura inizia a cantare e il gioco si tramuta in un rhythm
game in cui il giocatore dovrà rispondere appropriatamente agli anelli
generati dal mostro, di cui rappresentano la canzone. Sebbene i protagonisti
riescano infine a sconfiggere la Bestia Madre, questi incontreranno presto la
loro morte, quando due jet delle Forze di autodifesa del Giappone abbatteranno
il drago, il cui corpo verrà trafitto dalla punta della Torre di Tokyo.
Sebbene
tale finale, apparentemente scherzoso, sia in realtà pregno di significati non
immediatamente evidenti a prima vista, risulta più utile ai fini del presente
articolo soffermarsi sulla figura della Bestia Madre. Stando alle parole dello
stesso Yoko, l’intento originale era quello di rendere il finale E una
battaglia canora contro una gigantesca Ayumi Hamasaki, una famosa cantautrice
giapponese; tuttavia, l’idea fu rifiutata quasi immediatamente e tale sezione
di gioco fu modificata e Hamasaki divenne quindi la Bestia Madre[34].
Tuttavia, risulta tuttora innegabile l’influenza di Neon Genesis Evangelion
sugli eventi del finale, anche per ammissione dello stesso director[35]:
è possibile quindi che la Bestia Madre sia basata, sia per aspetto che per la
scena della sua morte, su Lilith in Neon Genesis Evangelion: The End of
Evangelion; infatti, la creatura, che nel film è rivelata essere la
progenitrice dell’umanità, assume, una volta fusasi con Rei Ayanami, la forma
di una gigantesca donna dalla pelle bianca.
Rei/Lilith in Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion. |
È inoltre possibile che
l’ispirazione per lo scenario sopra descritto provenga dalle sacre scritture,
in particolare dall’Apocalisse di Giovanni, il cui capitolo 12 recita:
“Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli.”[36] [37].
Le similitudini appaiono evidenti:
la donna incinta è la Bestia Madre, mentre il drago, che nel testo originale
rappresenta Satana, è il drago di Caim che, a seguito della battaglia,
precipita sulla terra così come Satana dopo la battaglia con Michele e i suoi
angeli. Naturalmente i ruoli risultano invertiti, dato che in Drakengard
la Bestia Madre costituisce la forza maligna che il drago si trova a
fronteggiare. In questo contesto sorge però spontaneo un quesito: chi
rappresenta il bambino nato dalla donna? Se nell’Apocalisse tale
personaggio non è altro che Gesù Cristo, nel gioco, anche alla luce di quanto
esposto in precedenza, potrebbe essere Manah, la quale assume infatti il ruolo
di Messia delle forze del male. Tuttavia, un’altra domanda emerge in maniera
ancora più dirompente: chi è il Dio di Drakengard?
Un odio sconfinato
Dio
“Oh,
dei! È vostro volere che continuiamo a vivere?”
-Verdelet
I personaggi e le creature finora
citati sono accomunati da un unico filo conduttore: chi si cela dietro alla
possessione di Manah? Chi è il responsabile della Red Eye Disease che
affligge Inuart? Chi trae vantaggio dall’apparizione dei Bozzoli della
Distruzione? Chi comanda i Messaggeri e la Bestia Madre? La risposta è una
sola: Dio.
La versione occidentale di Drakengard
fa più volte riferimento agli dei venerati dal Culto dei Messaggeri, ma la
pluralità di tali entità è frutto dell’adattamento, forse in un ulteriore
tentativo di evitare riferimenti troppo espliciti alle religioni
abramitiche. Il termine utilizzato in lingua originale è 神 (kami), traducibile con il
sostantivo dio, e, sebbene i termini giapponesi non necessitino
solitamente dell’esplicitazione del plurale, il più delle volte 神々 (kami-gami) è utilizzato
per tradurre dei. È possibile quindi concludere che il Dio di Drakegard
sia unico e, senza considerare gli approfondimenti forniti dai titoli
successivi della serie, potrebbe trattarsi proprio del Dio delle religioni
abramitiche.
Non è infatti necessario un occhio
troppo attento per osservare che la mappa di Midgard, l’ambientazione del
gioco, non sia altro che una rappresentazione capovolta dell’Europa: il mondo
di Drakengard non è altro che la Terra, in una sorta di passato
alternativo o futuro molto remoto. Risultano inoltre presenti riferimenti
ancora più espliciti al cristianesimo rispetto a quanto citato in precedenza,
tra cui il libro che Furiae era impegnata a leggere all’inizio della storia, le
cui pagine appaiono anche nei menù del gioco e che sembra rappresentare alcune
scene del Nuovo Testamento incentrate sulla nascita e la vita di Gesù[38].
Risulta inoltre interessante l’utilizzo di temi provenienti dal mondo
dell’occulto di derivazione cristiana, come i nomi dei protagonisti derivati da
quelli di demoni descritti in vari testi di demonologia, ma anche l’utilizzo di
un alfabeto molto simile all’Alfabeto Celestiale, creato dall’alchimista
Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim vissuto tra la fine del XV secolo e
l’inizio del XVI: tale alfabeto, pubblicato per la prima volta nel De
Occulta Philosophia di Agrippa nel 1533[39], fa la sua comparsa
nei Sigilli e negli effetti particellari di varie magie di Drakengard ed
è stato utilizzato in svariate modalità differenti anche nei titoli successivi
della serie.
Gli elementi citati contribuiscono
a creare un’ambientazione cupa e infausta e dipingono la figura di una divinità
maligna e crudele. Nonostante il Dio delle religioni abramitiche, in
particolare nell’Antico Testamento, abbia commesso azioni al meglio
criticabili alla luce della morale attuale, il Dio di Drakengard risulta
infinitamente più maligno: tale entità è motivata da un odio sconfinato nei
confronti dell’umanità, che si rifiuta di piegarsi al suo volere, e ne desidera
l’estirpazione[40]. Laddove, quindi, nelle sacre scritture il libero
arbitrio è un dono fatto all’uomo da Dio, che (almeno in teoria) rispetta tale
libertà sebbene questa porti la sua creatura al peccato, il Dio di Drakengard
rifiuta il diritto dell’uomo di autodeterminarsi. Questa entità è quindi dietro
a tutte le forze antagonistiche di Drakengard, siano queste l’Impero,
Manah, Inuart, Furiae, i Messaggeri o la Bestia Madre.
Che tale divinità possa
rappresentare una critica al Dio del cristianesimo è probabile, ma è ancora più
importante sottolineare cosa la presenza di un Dio ostile significhi per il
mondo di Drakengard: il problema del male è manifesto e ha una risposta
ben precisa, ovvero l’esistenza di un Dio maligno. La natura nel mondo del
gioco risulta quindi inospitale, oppressiva e crudele e il male è una forza
attiva e diretta specificamente all’uomo che abita tale mondo, in quanto
creazione di una divinità sadica e perversa.
Il tutto culmina in una
realizzazione tanto inquietante quanto logica: in Drakengard la vittoria
di Dio è inevitabile. Nel finale A, sebbene i protagonisti sopravvivano (a
differenza di tutti gli altri finali) e i piani dell’Impero siano fermati, il
mondo rimane sotto il giogo di Dio, sotto forma del Sigillo, ora portato dal
drago di Caim, il cui nome è rivelato essere Angelus (in giapponese アンヘル, ovvero Angel): la divinità
è riuscita quindi a violare l’essere più puro tra i protagonisti, privo della
psicosi di Caim, delle perversioni di Leonard, della pazzia di Arioch,
dell’ipocrisia di Seere e della codardia di Verdelet. Nei finali B e C, invece,
l’umanità va incontro alla propria fine a causa dei cloni di Furiae nel primo e
dei draghi nel secondo e nel finale D, sebbene la tragedia sia evitata, ciò
avviene a costo della vita dei protagonisti e, in assenza di una nuova Dea del
Sigillo, il mondo resta senza protezione da eventuali nuovi attacchi da parte
del suo Dio.
È, tuttavia, ancora una volta il
finale E a destare maggiore interesse. Se, nel peggiore dei casi, i Messaggeri
continueranno nella loro distruzione nella linea temporale di Drakengard,
nel migliore, ovvero se la morte della Bestia Madre causerà anche quella dei
suoi sottoposti, tale mondo resterà ancora una volta senza la protezione del
Sigillo. Tuttavia, ciò che accade nell’altra linea temporale, ovvero la nostra,
è ancora più inquietante; ancora una volta è opportuno invocare una
similitudine con gli eventi narrati nell’Apocalisse, in particolare nel
capitolo 14:
“E vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia. E vidi un altro angelo che, volando nell’alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Egli diceva a gran voce: “Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque”.”[36] [41].
Il canto della Bestia Madre
potrebbe essere rappresentativo del canto proveniente dal cielo citato nel
testo, il quale è uno dei segni che preannunciano l’apocalisse. Nel finale E il
Dio di Drakengard ottiene una vittoria ancora più schiacciante,
riuscendo ad estendere la sua influenza ad un’altra linea temporale e portando
anche lì la sua apocalisse dal momento che, sebbene non inizialmente previsto
quando il gioco fu rilasciato, questi eventi rappresentano la premessa della
trama di NieR Replicant e NieR Gestalt.
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[41] Apocalisse 14:1-6. (2008). La Bibbia CEI. BibbiaEDU.
LETTURE CONSIGLIATE
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DECLASSIFICAZIONE DI
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