Le leggi del mercato, per quanto spietate, non potranno mai essere ignorate. Nel mondo dei videogiochi l’ombra del fallimento segue e spaventa chiunque, senza alcun tipo di distinzione e difficilmente lascia scampo. Per SNK quest’ombra nel 2000 divenne sempre più grande ed opprimente, tra fallimenti sia a livello hardware che software la casa sviluppatrice attraversò gli anni più bui della sua storia. Fu allora che la nota produttrice di pachinko Aruze, notando le difficoltà finanziarie di SNK, decise di cogliere l’opportunità e di effettuare l’acquisto dell’amata casa videoludica. Nel gennaio del 2000, SNK assieme a tutte le sue proprietà intellettuali divenne parte di Aruze, con il conseguente abbandono di alcune delle personalità più influenti della ormai defunta casa produttrice. Nell’acquisto era ovviamente presente anche Sacnoth che durante la produzione del seguito di Shadow Hearts venne rinominata Nautilus, mantenendo però fortunatamente quasi tutto lo staff precedente all’acquisto.
Shadow Hearts II, che in occidente venne rinominato Shadow Hearts Covenant, uscì sugli scaffali nel 2004 ricevendo un’accoglienza ben diversa rispetto al capitolo precedente.
Il gioco viene ancora oggi considerato come il miglior capitolo della saga e generalmente come uno dei punti di arrivo più alti del genere per quanto riguarda la sesta generazione videoludica. Matsuzo Machida prende nuovamente le vesti di director e scrittore, portando il protagonista Yuri negli anni della Prima Guerra Mondiale ed espandendo ancor di più la sua visione bizzarra e mostruosa del mondo di Shadow Hearts. La veste grafica fa ben più di un salto in avanti, aumentando esponenzialmente la conta poligonale e dotando i personaggi di animazioni facciali quasi del tutto assenti nel primo capitolo. Il sistema di combattimento, pur rimanendo ancorato ai dogmi del genere, rende il Judgment Ring l’assoluto protagonista del gameplay sotto tutti i punti di vista. Rispetto al primo capitolo il Ring è ora personalizzabile sotto ogni aspetto: dal renderlo più semplice, per permettere una maggiore percentuale di riuscita delle proprie azioni, al renderlo più difficile per aumentare l’output del danno, ad aumentare il quantitativo di colpi disponibili durante gli attacchi, al poter cambiare la posizione delle aree da colpire ed a questo si aggiunge anche un sistema di combo che permette, attraverso la pianificazione dei propri turni, di poter sconfiggere i nemici più ostici anche in pochi secondi.
D’altro canto però, Shadow Hearts II abbandona in parte le atmosfere cupe e marce del capitolo precedente, lasciando molto più spazio a segmenti comici e demenziali, che seppur caratterizzanti anche del primo capitolo, occupano in modo soffocante le ore di gioco. Questa decisione creativa è stata in parte presa a seguito dei feedback negativi dei giocatori giapponesi che poco hanno apprezzato gli elementi cupi e psicotici del primo Shadow Hearts ed in parte dal piano esecutivo di Aruze, che volendo inseguire un pubblico quanto più mainstream, ‘obbligarono’ Machida ed il suo team a rispettare le probabili esigenze della loro fetta di mercato. Anche la durata del titolo è stata estesa, si passa dalle 20 ore del capitolo precedente alle 40 ore circa, portando inevitabilmente ad un gonfiore delle fasi intermedie del gioco e ad una sensazione di allungamento assente nel capitolo precedente. Paradossalmente inoltre la veste grafica rinnovata va a sfavore del design dei nemici che, imbevuti di una indiretta estetica ‘low poly’ nel capitolo precedente, ora perdono di efficacia e rende l’ispirazione lovecraftiana meno pungente. Nonostante questo, Shadow Hearts II riesce comunque, anche da un punto di vista puramente meccanico, a dimostrare le potenzialità del gioco di ruolo giapponese, genere che tutt’oggi rimane ottusamente schiavo di dogmi e strutture create da più di trent’anni, complice anche un pubblico che difficilmente premia dal punto di vista economico la sperimentazione e l’uscita dai canoni.
Destino scontato
La produzione di un seguito è spesso un’operazione azzardata, specie se si tratta del seguito di un’opera per lo più sconosciuta e in parte controversa. Le 204.000 copie vendute di Shadow Hearts II, per quanto siano state dichiarate ‘soddisfacenti’ dal piano esecutivo di Aruze, non sono comunque bastate a rilanciare il nome di una saga già da tempo particolarmente sfortunata. Diventa ancora più bizzarra dunque la decisione di produrre un ulteriore capitolo, decisione che si rivelerà fatale per la suddetta saga. Poco dopo l’uscita del secondo capitolo, Shadow Hearts: From the New World venne dichiarato in fase di produzione, con la sua conseguente uscita in Giappone nel 2005. Ambientato in America durante l’era del proibizionismo, From the New World abbandona definitivamente gli elementi horror che hanno contraddistinto la saga sino a quel momento e narrativamente si allontana del tutto dai capitoli precedenti, puntando probabilmente alla ricerca di un nuovo pubblico.
Nuovo pubblico che non arrivò, in quanto i dati di vendita si attestarono più o meno sugli stessi numeri a cui Aruze era ormai abituata, segnando definitivamente lo stallo della saga e la sua inevitabile fine. Dopo diversi anni di assordante silenzio, Nautilus cessò di esistere nel 2009 in seguito a varie ristrutturazioni aziendali di Aruze, che portarono alla chiusura definitiva della sezione dedicata ai videogiochi. Come se non bastasse poi, l’IP di Shadow Hearts si trova tuttora in un nodo burocratico che probabilmente non verrà mai sciolto. Di fatto il marchio registrato ‘Shadow Hearts’ è nelle mani di Aruze che dal 2009 ha cambiato nome in Universal Entertainment (che nulla ha a che vedere con Universal Pictures), la cui struttura interna è radicalmente diversa rispetto agli anni precedenti.
Le ceneri di Nautilus nel corso degli anni non si sono mai disperse fortunatamente del tutto. Molti sviluppatori della ormai defunta casa videoludica trovarono una nuova dimora in Feelplus, software house messa in piedi da Microsoft con l’obiettivo di aiutare lo sviluppo del nuovo progetto di Mistwalker (casa sviluppatrice fondata da Hironobu Sakaguchi, il creatore di Final Fantasy) Lost Odyssey, uscito ufficialmente nel 2008. Ironicamente il videogioco in questione fu vittima di un destino commerciale molto simile a quello di Shadow Hearts.
Matsuzo Machida dal suo canto, ha rivelato in una recente registrazione radio di come nel corso degli anni diverse case di sviluppo lo abbiano contattato per rianimare la saga di Shadow Hearts, tentativi che purtroppo non si sono mai compiuti concretamente. Il riscatto effettivo di Machida è arrivato nel 2022, anno in cui annuncia la campagna Kickstarter del suo nuovo progetto: Penny Blood, un vero e proprio seguito spirituale sia estetico che meccanico della sua vecchia saga. L’inaspettato calore e lo stupore generale all’annuncio del progetto mostra in definitiva quanto il mercato e i giocatori necessitino produzioni di questo tipo, e sono il testamento di come la sfortuna finanziaria non debba necessariamente essere la carnefice della creatività.
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FONTI
- Interview with Hiroki Kikuta, Rocketbaby, via Web Archive, 6/6/2001
- Interview with Hiroki Kikuta, Spelmusik.net, via WaybackMachine, 15/8/2007
- Where Angels Fear to Tread: A Conversation with Hiroki Kikuta, Jeriaska, traduzione dal giapponese di Taka Yamamoto, su SqareHaven.com, 9/6/2007
- Hiroli Kikuta: Lost Files Regained, Jeriaska, interpretazione di Masaki Koshida e traduzione dal giapponese di Taka Yamamoto, su SquareHaven.com, 16/6/2007
- Interview with Creator of Shadow Hearts, Matsuzo Machida, sul canale Youtube di Erik Landon RPG, 25/9/2022
- Shadow Hearts - Interview with Matsuzo Machida and Miyako Kato, Zaru_thustra
- Penny Blood Creators Radio 01, Yukikaze, su Penny Blood, via WaybackMachine, 6/9/2022
- Lost RPG Franchises: Where Are They Now?, Kimberly Wallace, su Game Informer, 15/11/2012
- Armed Fantasia and Penny Blood - Double Kickstarter campaign interview with Akifumi Kaneko and Matsuzo Machida, Sal Romano, su Gematsu, 26/8/2022
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