"I was a little worried that I was going to look like an overgrown fetus... Maybe that's true. But it's liberating. It's very liberating."
(Karen Gillian)
GUARDIANI DELLA GALASSIA
di Sergio Novelli
Nel gennaio del 1969, nel diciottesimo volume di Marvel Super Heroes,
debuttava un nuovo team di supereroi Marvel: i Guardiani della
Galassia. Si trattava di un team formatosi nel trentunesimo secolo
dell’universo Terra-691, composto da Vance Astro, Martinex T’Naga,
il capitano Charlie-27 e Yondu Udonta. Dopo svariate sporadiche
comparse e la creazione di un fumetto dedicato, il gruppo sparì
quasi completamente dalle pubblicazioni Marvel dopo la prima metà
degli anni ’90.
Il gruppo rinacque nel 2008, nel sesto
volume di Annihilation: Conquest, e con componenti completamente
nuovi: i membri erano stavolta Star-Lord, Adam Warlock, Gamora, Drax
il Distruttore, Rocket Raccoon, Groot, Phyla-Vell e Mantis. Tuttavia,
nonostante questa rinascita, i personaggi non videro un significativo
aumento di popolarità.
La creazione di una pellicola
basata sui Guardiani della Galassia sarebbe forse sembrata
impossibile in passato; nonostante il Marvel Cinematic Universe fosse
riuscito a riportare in auge personaggi che precedentemente sarebbero
stati classificati come “B-listers”, tale operazione sarebbe
risultata molto più difficile con i Guardiani, che erano alla
stregua di “Z-listers”. Occorreva una visione originale e
innovativa, uno stile unico che sarebbe riuscito ad attrarre il
grande pubblico, e, soprattutto, qualcuno al volante che fosse in
grado di realizzare tutto ciò.
L’intenzione di
realizzare un film sui Guardiani della Galassia per il Marvel
Cinematic Universe era stata espressa dallo stesso Kevin Feige nel
2010 al San Diego Comic-Con International,
ma la produzione fu ufficialmente confermata due anni dopo durante il
medesimo evento.
Lo script fu inizialmente affidato a
Nicole Perlman, che negli anni successivi si sarebbe occupata delle
sceneggiature di Captain Marvel e Detective Pikachu; tuttavia, le sue
prime bozze furono pesantemente modificate quando, nel 2012, James
Gunn accettò il ruolo di regista e co-sceneggiatore.
Tra le modifiche più importanti figurano l’introduzione del
walkman e l’utilizzo di Ronan come antagonista principale al posto
dello stesso Thanos.
Il casting ebbe luogo nella prima
metà del 2013 e le riprese iniziarono a Londra nel giugno dello
stesso anno, terminando quattro mesi dopo. Gli effetti speciali
furono curati da svariate compagnie, tra cui la Framestone e la
Moving Picture Company; cionondimeno, Gunn stesso si impegnò ad
utilizzare quanti più effetti pratici possibile. Il 7 luglio del
2014 il regista annunciò di aver completato la pellicola e il 21
dello stesso mese Guardiani della Galassia debuttò al Dolby
Theatre di Los Angeles.
Il film vede come protagonista Peter Quill (Chris
Pratt), o in arte “Star-Lord”, un umano rapito in giovane età da
un gruppo di mercenari alieni, i Ravagers, capeggiati dal temibile
Yondu Udonta (Michael Rooker); unico memento della sua vita sulla Terra sono un
walkman, contenente un mixtape realizzato dalla madre (Awesome Mix
Vol. 1), e un regalo fatto da quest’ultima al figlio prima di
morire di cancro. Anni dopo il protagonista, ormai adulto e
allontanatosi dai Ravagers che l’avevano cresciuto, entra in
possesso di un misterioso artefatto, denominato “Orb”, da vendere
al miglior offerente. Tuttavia, venuto a sapere che anche il temibile
Ronan (Lee Pace), sottoposto di Thanos, è in cerca dell’Orb, l’acquirente
rifiuta di acquistare l’oggetto e Peter viene immediatamente
attaccato da Gamora (Zoe Saldana), figlia adottiva di Thanos e
subalterna di Ronan, e da Rocket Raccoon e Groot (in originale
doppiati rispettivamente da Bradley Cooper e Vin Diesel), due
cacciatori di taglie in cerca dello stesso Quill. La colluttazione
porta all’arresto dei quattro, ma un’improbabile alleanza, dovuta
alla possibilità di vendere l’Orb e dividere i guadagni, li porta
a trovare un modo di fuggire dalla prigione di Kyln, anche grazie
all’aiuto di Drax il Distruttore (Dave Bautista). Tuttavia, sebbene
Gamora abbia tradito suo padre e Ronin, quest’ultimo è ancora
determinato a recuperare l’Orb.
Punto forte della
pellicola sono i personaggi: gestire un film di origini è già di
per sé un’impresa complessa, e lo è tanto di più nel caso in cui
il soggetto non sia singolare, ma un gruppo di cinque persone;
risulterebbe fin troppo facile trascurare alcuni personaggi in favore
di altri o tentare di approfondirli tutti, finendo però per non
avere il tempo necessario da dedicare a ciascuno. Persino nel fumetto
originali i membri dei Guardiani avevano avuto ciascuno un lungo
sviluppo individuale prima della formazione del gruppo; il lavoro di
Gunn si prospettava quindi estremamente arduo, eppure ci è riuscito.
Modifiche importanti sono state applicate al background di ciascun
personaggio, che, eccezion fatta per quello di Quill, sono puramente
accennati durante il film: Drax non è più un umano con un nuovo
corpo, ma un alieno, tuttavia il legame con Thanos e il suo desiderio
di vendetta rimangono; Gamora risulta pressoché invariata se non per
il rapporto con Nebula (Karen Gillan), che assume il ruolo di rivale e sorella
adottiva, creando una dinamica più interessante tra le due; Rocket,
non è più il guardiano del quadrante Keystone, ma un cacciatore di
taglie affiancato da Groot; quest’ultimo, sebbene possa sembrare il
meno approfondito tra i cinque protagonisti, fungendo da mascotte e
fonte di ilarità, è anche il protagonista di una delle scene più
emotivamente cariche della pellicola, compensando per le mancanze del
suo personaggio.
Anche il retroscena di Peter Quill
risulta diverso: la causa della morte della madre non è più un
omicidio, ma il cancro e l’evento tormenta il protagonista fino
alla fine del film; Peter infatti si rifiuta di aprire il pacchetto
regalo donatogli dalla madre, per paura di dover confrontare il
terrificante ricordo della sua dipartita, inconsapevole del fatto
che, al suo interno vi è il volume due dell’Awesome Mix, di cui
ascolta da anni il volume 1, donatogli anch’esso dalla madre: per
quanto cerchi di fuggire dal suo passato, questo è sempre con
lui.
Il tema della famiglia è stato espressamente voluto
da Gunn stesso, che ha scelto di incentrare i due film di Guardiani
della Galassia rispettivamente sulla figura della madre e del padre
di Peter. Tuttavia, tale tema può essere esteso anche agli altri
Guardiani sia presi singolarmente che nel loro insieme: tutti quanti
hanno eventi traumatici nel loro passato che riguardano la propria
famiglia e alla fine del film riescono a trovarne una nuova, i
Guardiani della Galassia. In questo contesto la nascita del nuovo
Groot può essere vista come la nascita del figlio della suddetta
famiglia.
Impeccabile risulta anche la gestione degli
antagonisti: la sopracitata Nebula è l’antitesi di Gamora, dato
che sebbene i due personaggi abbiano essenzialmente le stesse
motivazioni, la prima sceglie di ottenere la propria vendetta nei
confronti di Thanos schierandosi con Ronin, mentre la seconda decide,
alla fine, di schierarsi dalla parte della giustizia. Ronan,
l’antagonista principale, riesce ad essere un avversario temibile,
il che è ulteriormente enfatizzato quando, una volta ottenuta la
gemma del potere contenuta nell’Orb, viene considerato, almeno
dagli altri personaggi, in grado di sconfiggere Thanos
stesso.
Arduo
era anche un altro dei compiti affidati a Gunn: l’introduzione
delle Gemme dell’Infinito e di Thanos (quest’ultimo era già
presente nella post-credit del primo Avengers, ma la sua apparizione
on-screen risulta essere piuttosto breve e priva di dialoghi da parte
sua). Questi elementi, fondamentali per tutti i successivi film
dell’MCU e in particolare per il finale della fase tre e della
Infinity Saga stessa, sono perfettamente integrati nella trama della
pellicola e non danno la sensazione di essere un semplice aggancio
per i film successivi, come molto facilmente sarebbe potuto
sembrare.
Ulteriore nota di merito sono le ambientazioni,
in particolare Xandar (la capitale dell’impero Nova), la prigione
di Kyln e Ovunque (Knowhere), le quali brillano non solo per la qualità dei set
e degli effetti speciali utilizzati, ma anche per l’immenso lavoro
di world building fatto: solo guardando i personaggi nello sfondo è
possibile non solo osservare decine di specie aliene diverse, ma
anche scorgere intere situazioni socioculturali differenti che si
inseriscono in maniera perfetta nel contesto dell’ambientazione in
questione.
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GUARDIANS OF THE GALAXY (1/3) - Illustrazione originale di Elettra Eletto |
Risulta inoltre impossibile non parlare della
incredibile colonna sonora composta da Tyler Bates; l’incorporazione
delle tracce nel film risulta eccezionale proprio grazie alla scelta
del regista di girare alcune scene basandosi sulle tracce e non far
comporre queste ultime basandosi sulle scene:
l’introduzione di Peter Quill adulto con Come and Get Your Love in
sottofondo è la prova lampante di ciò. Sempre merito di Gunn è la
scelta delle tracce degli anni ’60 e ’70, scelte da un pool di
centinaia di canzoni scaricate dal regista, utilizzate nel film per
simbolizzare il collegamento di Quill con il suo pianeta natale e
integrate diegeticamente nella trama stessa grazie al
walkman.
Guardiani
della Galassia risulta quindi essere una boccata d’aria fresca
nell’MCU: con un’impostazione decisamente più autoriale delle
altre pellicole dell’universo narrativo, costituisce un ingresso
trionfale nell’ambiente Marvel di James Gunn, non sorprende quindi
il suo ritorno per dirigere il secondo capitolo.
GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 2
di Lorenzo Spagnoli
Già nell’estate del 2014 i piani alti della Disney, intuendo il potenziale del primo Guardiani, consideravano l’idea di un eventuale seguito. Il lavoro di James Gunn aveva convinto i vertici dell’azienda e stava riscuotendo successo anche nelle proiezioni di prova presso un pubblico selezionato. Il timore che perdurava nei Marvel Studios, dato l’azzardo che rappresentava una simile produzione, sarebbe sfumato nel fine settimana di apertura, che si concluse con un incasso globale di 106.7 milioni di dollari. La cavalcata al botteghino si sarebbe infine accaparrata il record di terzo maggiore incasso del Marvel Cinematic Universe fino a quel momento, nonché quello di film supereroistico più redditizio dell’annata. Contemporaneamente tanto il pubblico quanto la critica stavano elogiando la nuova proposta cinematografica della Casa delle Idee. Il regista ex-Troma era riuscito a realizzare un film su commissione, da inserire nel più ampio panorama MCU, prendendo dei personaggi spesso ignorati persino dai lettori, per farlo diventare una delle proprietà intellettuali più intriganti e profittevoli della compagnia. Dunque non ci si dovrebbe stupire del fatto che Gunn iniziò a scrivere il soggetto del sequel un mese dopo l’uscita del primo, infatti al San Diego Comic-Con di quell’estate sarebbe stato annunciato anzitempo prevedendone la distribuzione per Luglio 2017. Il risultato di tre anni di attesa sarà Guardiani della Galassia Vol. 2, una delle pellicole Marvel ad oggi più discusse.
La narrazione inizia in medias res, pochi mesi dopo la sconfitta di Ronan, con i Guardiani intenti a difendere la galassia a modo loro. Se non fosse che, durante una missione per conto del popolo tecnologicamente avanzato dei Sovereign, Rocket ruba delle preziose batterie mandando su tutte le furie Ayesha (Elizabeth Debicki), l'Alta Sacerdotessa che li aveva arruolati. Quindi la Milano viene braccata nello spazio profondo da una flotta di droni sovereign che la stanno per abbattere, per poi venire misteriosamente spazzati via da un momento all’altro. La nave, ormai distrutta, effettua un atterraggio d’emergenza su un pianeta disabitato e il suo equipaggio ha un alterco circa le responsabilità dell’incidente, specialmente Peter e Rocket. È qui che però incontrano l’uomo che ha eliminato da solo l’intera armata Sovereign, Ego (Kurt Russell), il padre che Peter non aveva mai conosciuto. Il bizzarro figuro, accompagnato dalla serva Mantis (Pom Klementieff), invita Peter e gli amici a seguirlo sul suo pianeta. Alla luce di ciò i guardiani, con i nervi a fior di pelle, si dividono in due gruppi: uno composto da Star-Lord, Gamora e Drax che segue Ego e Mantis; l’altro formato da Rocket e dal piccolo Groot (con l’aggiunta di Nebula, fatta prigioniera per essere consegnata alla giustizia di Xandar) che rimane a guardia del relitto. Raggiunto il pianeta, l’affabile Ego rivela a Peter di essere un celestiale, cioè una divinità cosmica nata all’alba dello stesso universo, costretto però a tornare regolarmente nella sua terra natale perché altrimenti l’avatar corporeo che ha creato su misura per visitare lo spazio si deteriorerebbe; indi per cui era stato costretto ad allontanarsi da Meredith Quill ammalata e, appresa la notizia della sua morte, aveva ingaggiato Yondu per prelevare Peter dalla Terra, ma il pirata, per qualche motivo, non glielo avrebbe mai consegnato. Facendo la conoscenza di Ego, il ragazzo si fa ammaliare dal padre e dai poteri che avrebbe ereditato, si meraviglia dalla bellezza del pianeta che il genitore ha costruito (che, oltretutto, è la vera essenza dell’entità). Nel frattempo Yondu e i Ravagers vengono assoldati dai Sovereign per vendicarsi dei guardiani, ma una fazione estrema dei contrabbandieri spaziali accusa il capitano di essere troppo morbido con Peter anche dopo averli traditi, quindi si scatena un ammutinamento che si conclude con Yondu, Rocket e Groot imprigionati, Nebula liberata e tutti i Ravagers fedeli al capitano destituito uccisi. Sul pianeta Ego Peter è sempre più convinto del padre ritrovato, mentre Gamora comincia a dubitare delle reali intenzioni del celestiale, insospettita dal timore di Mantis che nel mentre si è molto affezionata a Drax. I guardiani si sono accorti troppo tardi di una nuova minaccia di proporzioni stellari, solo una corsa contro il tempo potrebbe farli riunire per tentare di debellarla.
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GUARDIANS OF THE GALAXY (2/3) - Illustrazione originale di Elettra Eletto |
L’approccio di Gunn in fase di stesura del copione non è stato quello di proporre un more of the same al grande pubblico, a cui solitamente si rivolge questo filone, bensì esplorare i personaggi ancora più a fondo, illuminare quelle zone d’ombra che erano state lasciate volutamente nascoste nella prospettiva di una possibile saga, consolidare ulteriormente il gruppo e i legami che lo tengono unito nelle situazioni più estreme. Il tutto mantenendo quello stile molto riconoscibile che aveva portato alla gloria il primo film e offerto quella che per il genere è una vera e propria oasi nel deserto, concedendosi però di osare maggiormente così come di ampliare la mitologia cosmica Marvel, di cui Gunn allora era il demiurgo. Si scava, così, nel doloroso passato di Gamora e Nebula, conferendo a quest’ultima una tridimensionalità che mai ci si sarebbe aspettati dall’antagonista secondario che era precedentemente, andando a ribaltare i ruoli e il rapporto che intercorre tra le due; si dà molto spazio a Yondu Udonta che, similmente a Nebula, diventa una figura di peso e si collega fortemente a Star-Lord; come in ogni famiglia che si rispetti iniziano a delinearsi dei motivi di discordia, che potrebbero sfociare in conflitti irreparabili e mettere a repentaglio la stabilità del nucleo; se non bastasse, si introduce un nuovo elemento a cambiare le carte in tavola e sconvolgere questo precario status quo: Ego, per l'appunto.
A livello tecnico ci
troviamo dinanzi a uno dei picchi di tutta la produzione Marvel
Studios, se non il punto più alto in assoluto. Un James Gunn in
forma smagliante ci porta in una galassia vibrante come non mai,
confezionata con una cura per l’aspetto visivo-estetico più unica
che rara, alla cui base c’è anche un approfondito studio cromatico
di diversi abbinamenti di colori che vengono rinforzati da un’ottima
fotografia di Henry Braham e il montaggio serrato, a tratti
schizofrenico, ad opera di Fred Raskin e Craig Wood che mantiene il
ritmo sempre vivo e incalzante. Stavolta più che mai ci troviamo
catapultati in una vera e propria space opera ispirata a Flash
Gordon, ai classici albi di Amazing Stories e in qualche modo al
post-modernismo di Pulp Fiction (1994). Anche sotto il profilo della
scrittura il cineasta ha dato il massimo: se la struttura narrativa
può essere considerata meno elaborata rispetto al predecessore, qui
a farla da padrone sono i tanti momenti distensivi e dialogici che ne
sanciscono la natura fortemente guidata dai personaggi, dalle
improbabili accoppiate che si vanno a creare qua e là e le loro
diverse motivazioni chiare, umane e comprensibili. Sono stati fatti
passi da gigante in avanti anche per quanto riguarda la direzione
degli attori (non che fosse di basso livello nell’altro film).
Nonostante quella che è una credenza comune di improvvisazione ce
n’è ben poca, Gunn è riuscito a sollecitare il cast sul set con
una tale maniacalità da portarlo a dare il cento per centro; si
pensi banalmente a un Kurt Russell monumentale che, pur essendo uno
dei tanti cattivi usa e getta MCU, porta su schermo tutto il suo
carisma ed esperienza regalandoci un nemico memorabile nella sua
piacevole semplicità. La componente musicale [che era un tratto
distintivo talmente formidabile nel primo film tanto da determinare
una tendenza nelle produzioni epigone che, ancora oggi, cercano di
andargli dietro e replicarlo con risultati altalenanti] qui raggiunge
forse il suo massimo compimento, stavolta la musica non funge solo da
accompagnamento ma è un vero e proprio strumento narrativo, non a
caso le canzoni che Gunn ha estrapolato da una lista di cinquecento
brani che, secondo lui, sarebbero potuti piacere a Meredith Quill
erano già scritte nere su bianco nella sceneggiatura.
È impossibile
non fare riferimento al montaggio musicale iniziale che risulta perfetto dal punto di vista tecnico-stilistico e si è
dimostrato estremamente complesso da realizzare, terminato
appena una settimana prima dell’uscita in Europa [pensare che gli
storyboard per questa sequenza vennero disegnati da Gunn nel Novembre
del 2014!]. È importante sottolineare la maestosità, anche questa volta, della colonna
sonora originale di Tyler Bates. Come sappiamo, Gunn non
condivide lo standard produttivo hollywoodiano per cui la musica
viene composta solo a riprese terminate, infatti ha commissionato il
lavoro a Bates quando stava ancora scrivendo la sceneggiatura di modo
che sul set operatori e interpreti potessero seguire il ritmo dei
pezzi tramite auricolari. In merito alla musica Gunn ha detto:
«Spesso la gente sottovaluta la musica e il sonoro nei film, che
invece sono un aspetto fondamentale. Le canzoni sono un modo semplice
per legare con le persone, è così che leghiamo con la storia di
Quill e di sua madre in Vol.1 e 2 (...) Il film non esiste senza le
canzoni, credo sia la natura organica della colonna sonora a renderla
accattivante (...) I brani sono leggermente più maturi, per un
bambino cresciuto rispetto al primo film (...) “Brandy” è la
storia di qualcuno che ha rinnegato l’amore per seguire la propria
vocazione, ed è qualcosa che Ego sfrutta per giustificare al figlio
la distruzione dell’universo. “Mr. Blue Sky” è una canzone
fantastica, ELO è uno dei miei gruppi preferiti, se i guardiani
avessero una band sarebbero loro, hanno un sound perfetto per un pop
rock spaziale anni ‘70 (...) “Lake Shore Drive” è una canzone
famosa negli anni ‘70 solo in alcune regioni come la zona di
St.Louis o Chicago, praticamente nel Midwest, è una delle mie
preferite di sempre (...) “Come a Little Bit Closer” è una
canzone fantastica che spacca (...) quel momento con Yondu che uccide
tutti i Ravager a bordo dell’Eclector è una delle prime scene a
cui ho pensato quando stavo organizzando il film, quella è stata tra
le prime canzoni che ho scelto (...) In “The Chain” si parla di
legami d’amore che potrebbero rompersi o meno, la prima volta che
la sentiamo sembra che una catena si stia per spezzare, ma quando la
riascoltiamo è una delle parti più intense del film, che dimostra
come non si romperà (...) “Father and Son” parla dell’amore di
un padre che dà parole di saggezza al figlio, parla di Yondu e
Quill. Le cassette di Meredith erano il suo modo di comunicare col
figlio, la musica sullo Zune è il modo di Yondu di fare la stessa
cosa (...) Credo che questa colonna sonora sia migliore della prima,
è tutta musica che amo e i miei film sono un museo per queste
canzoni, per non farle sparire (...) Credo che le musiche originali
siano bellissime. A volte scriviamo le musiche prima, Tyler inserisce
i brani nel copione e io li uso sul set, li metto durante le riprese;
a volte permette a un attore di andare oltre. Questo ha reso
l’esperienza sul set coinvolgente, perché c’era tanta emozione
in quella musica».
Incredibilmente curati e studiati nel minimo dettaglio sono anche gli
effetti visivi. Gli esterni del pianeta di Ego sono debitori ai
dipinti di Maxfield Parrish, mentre gli interni all’arte frattale
di Hal Tenny di cui Gunn era un estimatore e che ha assunto per la
direzione artistica. Gran parte del cuore del pianeta di Ego è stato
realizzato dalla leggendaria Weta Digital. Questa ambientazione consiste di più di un trilione di poligoni, il che l’ha resa uno dei set digitali più grandi della storia del cinema. In fase di pre-produzione, nei concept art, era previsto che la forma primordiale di Ego ricordasse uno spermatozoo; questa idea è stata poi scartata perché Gunn riteneva che un gigantesco cervello pulsante fosse più vicino all’immaginario sci-fi/pulp che aveva in mente. In merito agli effetti Gunn ha affermato: "Nel primo film ho dovuto fare attenzione a non confondere troppo. Dato che ora abbiamo dei personaggi radicati che conosciamo e amiamo, possiamo permetterci di esplorare posti più bizzarri (...) Stavolta ho avuto molto più tempo per scrivere la sceneggiatura (...) Per me era importante fare un film più elegante, più bello, dove potessimo goderci davvero questi paesaggi (...) Sceglievo dei colori per ogni scena e li mettevo insieme su una parete, per raccontare una storia attraverso di loro (...) Volevo assicurarmi che ogni sezione del pianeta di Ego funzionasse come un set a parte. I colori sulla superficie sono diversi (rispetto a quelli degli interni), quando si apre il soffitto cambiano di nuovo e succede anche quando Gamora e Nebula cadono nelle profondità, o quando Groot è nel nucleo che è ancora una location diversa (...) per cercare di non annoiare il pubblico".
Come
dichiarato dall’autore a più riprese i primi due Guardiani sono dedicati rispettivamente alla madre e al padre. Se il
primo volume era una parabola sull’elaborazione della perdita della
madre da parte di Peter, qui invece dovrà fare i conti con la sua
figura paterna (biologica) e poi con colui che lo ha effettivamente
cresciuto, Yondu, la cui morte eroica è una delle sequenze più
drammaticamente avvincenti di cui si possa avere memoria in un blockbuster degli ultimi anni, complici un Michael Rooker e un Chris
Pratt in parte come non mai.
Al netto della sua
magnificenza questa continuazione è tutto fuorché perfetta.
Dall’ironia e il linguaggio più affilato, così come
alcuni contenuti, possiamo dedurre che Gunn avesse un margine
d’azione più ampio, forte del precedente successo, il che potrebbe
rivelarsi una lama a doppio taglio per alcuni spettatori. Talvolta emerge lo spirito cinico e spregiudicato che ha caratterizzato i suoi
primi passi nel mondo del cinema ma lo fa in modo poco organico con
la narrazione, tant’è che (per sua stessa ammissione) ci sono
diverse gag che sono state discusse fino agli ultimi stadi della
lavorazione, per le quali si è battuto al fine di mantenerle nel
montaggio finale; siparietti che, alle volte, possono rompere
momentaneamente il climax e il ritmo del racconto. In generale è
ravvisabile, rispetto al primo film, uno sbilanciamento tra la
componente fantascientifica-supereroistica e il marchio di fabbrica
buffonesco alla James Gunn, che propende troppo per l’ultima. Anche
i decantati effetti visivi alle volte mostrano il fianco,
specialmente nella sequenza d’azione finale che vede coinvolti
Peter ed Ego, nella quale il digitale tende a divorare la
messinscena. Tale difetto è da attribuire al sistema produttivo
adottato da analoghe produzioni gargantuesche, per il quale diverse
compagnie di effetti visivi lavorano su diverse sequenze e
personaggi in momenti del tutto distinti nel tempo [tendenzialmente
le sequenze action principali nel film Marvel Studios medio vengono
realizzate con anni di anticipo, prima degli stessi script, ad esempio la battaglia finale di Avengers: Endgame. Non è
questo il caso delle opere di James Gunn].
A prescindere da questi difetti che potranno risultare più o meno
incisivi a seconda della percezione e del tipo di spettatore, che
potrebbe giudicarlo più o meno positivamente in confronto al
capitolo precedente, Guardiani della Galassia Vol. 2 è già entrato
nella storia del cinema d’intrattenimento come uno dei seguiti più
memorabili per un franchise così particolare, che rischiava di
cadere da subito nel ridondante e invece ha dimostrato ancora una
volta quanto Gunn sappia districarsi nel genere e rinnovarlo ogni
qual volta vi metta mano.
GUARDIANI DELLA GALASSIA - HOLIDAY SPECIAL
di Robb P. Lestinci
Nel pieno della
mania di "Star Wars", il 17 novembre 1978, la CBS manda in
onda uno speciale destinato a passare alla storia come un cult del
pattume televisivo, un prodotto di bassa fattura, ma dal grande
fascino proprio per la sua improbabilità: "Star Wars Holiday
Special". Esattamente 38 anni dopo, nel mezzo della produzione
di "Guardiani della Galassia vol. 2", questo piccolo
gioiello del trash torna alla mente di James Gunn e, assieme ad altri
speciali natalizi di qualità più o meno diverse, lo ispira per il
suo prossimo progetto, posto cronologicamente (e uscito) tra il
secondo e il terzo capitolo della sua trilogia sui Guardiani della
Galassia. Inizialmente previsto per andare in onda su ABC,
il progetto viene ufficialmente annunciato da Kevin Feige il 20
dicembre, rivelandosi essere il primo di molti (troppi) prodotti MCU
destinati alla piattaforma streaming Disney+, con uscita prevista per dicembre 2022.
Il suo titolo? Semplice, Guardiani della Galassia Holiday
Special.
Incentrato sui personaggi di Drax e Mantis in
un'avventura alla ricerca di un peculiare regale natalizio (festività
di cui hanno capito ben poco, nonostante i loro migliori sforzi) che
li porterà sulla Terra, in particolare a Hollywood dove, tra vari
siparietti e situazioni improbabili, riusciranno a trovare ciò che
stavano cercando: il "leggendario eroe" Kevin Bacon, il
regalo ideale per il loro amico Star Lord.
Volutamente e
decisamente più leggero e comico delle uscite cinematografiche della
saga, Gunn ne approfitta per creare un progetto che aggiunga sì
alcuni tasselli alla storia più grande, ma che non risulti
strettamente necessario, puntando più sul puro intrattenimento, a
tratti forse troppo incessantemente, ma riuscendo sempre a proporre
dinamiche funzionali, senza mai tradire i propri personaggi in favore
di una risata. Per quanto assurdo possa essere, infatti, tra
inseguimenti saltellanti per le strade di Hollywood, il pestaggio di
un artista di strada vestito da Gobot (rivelando che la specie
effettivamente esiste nel cosmo MCU), ubriacature e furti di
decorazioni natalizie (in particolare di un omino buffo), il
mediometraggio di appena 44 minuti riesce a bilanciarsi con alcuni
momenti d'impatto e sentimentali, che non potranno non portare lo
spettatore a sorridere o addirittura a commuoversi, restituendo una
genuina e sentita cartolina d'auguri natalizi firmata Guardiani della
Galassia.
La pellicola ci catapulta all'attuale status
quo dei Guardiani post-Endgame, ora situati in Knowhere (un tempo del
Collezionista), intenti a creare una città-rifugio per tutti i
reietti intergalattici, un posto da poter chiamare casa. Ovviamente
le cose, però, sono cambiate rispetto all'ultima avventura
stand-alone del gruppo, e ne vediamo i frutti: il secondo Groot è
ora cresciuto e fisicamente più adulto, Peter è distrutto per la
perdita di Gamora e Kraglin (Sean Gunn) è entrato a far parte del gruppo (come già visto in "Thor: Love & Thunder" di Taika Waititi), così
come un personaggio prima di questo momento visto solo nello sfondo,
Cosmo (Maria Bakalova), un cane sovietico dotato di potenti poteri
telecinetici, basando quest'interpretazione del personaggio dei
fumetti su Laika, il cane mandato in orbita dall'Unione Sovietica nel
1957 e tragicamente morto nello spazio. Il tema familiare è portato
avanti dai primi due film viene ulteriormente esplorato qui, sia con
la rivelazione che Mantis è la sorella di Peter dal lato paterno,
sia con delle sequenze flashback che servono da ottimo epilogo
all'arco di Yondu, sottolineando nuovamente e con grande impatto il
suo rapporto paterno con Peter.
Il prodotto è arricchito
da un notevole comparto musicale, come solito di Gunn, e in
particolare da due tracce: "I Don't Know What Christmas Is (But
Christmastime Is Here)", scritta dallo stesso Gunn ed eseguita
da Rhett Miller e la sua band Old 97's, una ballata rock che contorce
lo spirito natalizio in base alle varie interpretazioni personali e
le convinzioni erronee dei vari Guardiani e alieni che ne hanno
ispirato la scrittura nel film, essendo effettivamente suonata da una
band in esso, e ripresa per il secondo brano meritevole di essere
citato, "Here It Is Christmastime", arrangiato sempre dagli
Old 97's, ma cantato da Kevin Bacon. Il primo pezzo è riuscito anche
a debuttare quarto nella Billboard natalizia digitale,
catturando da subito i cuori di critica e pubblico.
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GUARDIANS OF THE GALAXY (3/3) - Illustrazione originale di Elettra Eletto |
Interessante
anche l'uso di uno stile animato oramai quasi abbandonato e
dimenticato, il rotoscopio, notoriamente usato dal regista Ralph
Bakshi ("Il signore degli anelli" del '78, "Fire and Ice", "Wizards", "American Pop") ispirazione diretta proprio per l'uso di tale pratica nello
speciale di Gunn. La tecnica consiste nel ricalcare scene girate dal
vero per dare maggiore realismo ai personaggi, donando all'animazione
uno stile unico e inusuale, che si sposa perfettamente con
l'atmosfera generale dell'Holiday Special e ne richiama l'uso in
molti altri prodotti simili passati. Le scene animate, forse il vero
e proprio cuore emotivo della pellicola (seppur la scena dei regali
ci si avvicini), mostra, come già menzionato, un flashback di Peter
(il giovanissimo Luke Klein) e Yondu (interpretato nuovamente da
Michael Rooker) nel primo Natale del ragazzo nello spazio profondo.
La realizzazione delle due sequenze ha necessitato di 4 mesi e 10/12
persone al lavoro costante su di esse.
Il
mediometraggio potrà non essere all'altezza di alcuni fan della
trilogia cinematografica, ma inteso per quel che è e che vuole essere, riesce
perfettamente nel suo intento, ponendosi come uno dei migliori
prodotti nati dal connubio MCU/Disney+ (se non il migliore) e come un divertente e
coinvolgente antipasto per il film successivo, puntando sul mostrarci
momenti spensierati e dolci con i nostri beniamini prima delle loro
ore più buie nella conclusione della trilogia. Ma prima di
ciò, in realtà anche prima dell'uscita dell'Holiday Special, Gunn è
tornato in sala con un'altra pellicola, omaggiata con il fugace cameo
di due dei suoi protagonisti (John Cena e Margot Robbie) anche in
questo speciale, il primo film del regista con lo studio di cui sarà
destinato a divenirne CEO, un film corale come Guardiani, ma molto
più violento, sanguinolento, scorretto e volgare: "The Suicide Squad".
“Reunion
Tour: The Music of Guardians of the Galaxy Vol. 2”, Contenuti
speciali Blu-Ray “Guardiani della Galassia Vol. 2”
“Living
Planets and Talking Trees: The Visual Effects of Vol. 2” ,
Contenuti speciali Blu-Ray “Guardiani della Galassia Vol. 2”
"'Guardians Of The Galaxy Holiday Special': James
Gunn On How Disney+ Show Bridges Franchise To Upcoming 'Vol. 3'", di Anthony D'Alessandro, 25 novembre 2022, Deadline
"James Gunn Returns to Write and Direct 'The Guardians of
the Galaxy Holiday Special' Ahead of 'Guardians of the Galaxy 3'",
Marvel.com, di Christine Dinh, 11 dicembre 2020
"Holiday
Digital Song Sales: Week of December 3, 2022", 9 dicembre 2022,
Billboard
"The Animators Behind The Guardians Of The Galaxy Holiday
Special Knew They Were Making Magic [Exclusive Interview]",
/Film, 9 dicembre 2022, di Danielle Ryan
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