“Il ventitreesimo giorno del mese di settembre, in uno dei primi anni di un decennio non troppo lontano dal nostro, improvvisamente la razza umana si imbatté in una minaccia mortale per la sua stessa esistenza. E questo terrificante nemico comparve, come spesso accade con nemici del genere, in un luogo che sembrava tra i più innocenti e insospettabili…”
Horror
e commedia sono senza ombra di dubbio due generi difficili da accoppiare in una
singola pellicola, in particolar modo se quest’ultima è anche un musical.
Tuttavia, per quanto tale miscela possa apparire estremamente eterogenea, un
film nello specifico rappresenta un eccellente esempio di come sposare
perfettamente queste etichette: La piccola bottega degli orrori.
Il
primo film a portare questo titolo è una pellicola in bianco e nero (con due
versioni colorizzate distribuite in seguito) del 1960 diretta da Roger Corman e
presumibilmente ispirata dal racconto L’orchidea recalcitrante (conosciuto
come I prossimi inquilini nelle traduzioni più recenti),
scritto da Arthur Charles Clarke e pubblicato per la prima volta nel 1956, in cui figura
un’orchidea carnivora, sfruttata dal suo proprietario per tentare di
assassinare la propria zia. Tale opera prende a sua volta
ispirazione dal racconto del 1905 Fioritura di una strana orchidea di
Herbert George Wells, il quale narra di un coltivatore di orchidee che,
attaccato da un esemplare carnivoro, viene salvato dalla sua domestica.
|
Poster della pellicola del 1960.
|
La
piccola bottega degli orrori di
Corman è innegabilmente una pellicola di serie B, con un budget di poche decine
di migliaia di dollari e la cui produzione ha previsto solo tre giorni di prove
e due di riprese. Il set e la colonna sonora utilizzati sono
stati i medesimi di Un secchio di sangue, un altro film di Roger Corman
pubblicato l’anno precedente; inoltre, Corman assunse attori di
riserva e più personaggi furono interpretati da Charles B. Griffith, lo
sceneggiatore del film. Non è quindi un’esagerazione dire che la produzione era
deputata al risparmio.
|
Roger Corman.
|
Il
protagonista della storia è Seymour Krelboyne (Jonathan Haze), un commesso del
negozio di botanica di Gravis Mushnik (Mel Welles) nella Skid Row di Los
Angeles. Il ragazzo acquista una pianta da un mercante cinese e la nomina
“Audrey Jr.” in onore dell’omonima collega (Jackie Joseph); ben presto, però,
verrà rivelato che la pianta, che ha portato immenso successo al negozio di
Mushnik, oltre ad essere senziente e capace di parlare (con la voce di
Griffith), si nutre di sangue umano e assillerà Seymour chiedendo di nutrirla.
Sebbene il protagonista riesca inizialmente a saziare Audrey Jr. con qualche
goccia del proprio sangue, la crescita di quest’ultima rende impossibile
continuare a nutrire la pianta in tal modo: Seymour si macchierà quindi di una
serie di omicidi, perlopiù accidentali, e darà i corpi delle vittime in pasto
alla creatura; tuttavia, il peso delle sue azioni non tarderà a farsi sentire.
È inoltre necessario citare il cameo di un giovanissimo Jack Nicholson nei
panni di Wilbur Force, un masochista che nella ricerca del dolore si reca dal sadico
dentista Phoebus Farb (John Herman Shaner).
|
Audrey Jr., Seymour e Mushnik.
|
Nonostante tutte le limitazioni, la
pellicola risulta essere perfettamente godibile e, sebbene le atmosfere e gli
eventi presentati tendano molto più alla commedia che all’horror, le risate che
regala compensano in maniera più che sufficiente alla mancanza di atmosfere più
serie e inquietanti.
|
La pianta una volta cresciuta.
|
Più di vent’anni dopo, il film
ricevette un adattamento sottoforma di musical (con una lieve modifica del
titolo in lingua originale, da The Little Shop of Horrors a Little
Shop of Horrors), con musiche di Alan Menken e testi, regia e sceneggiatura
di Howard Ashman. La premiere off-off-Broadway avvenne il 6
maggio del 1982 al Works
Progress Administration Theatre di New York, seguita poi dal debutto off-Broadway
all’Orpheum Theatre di Manhattan nel luglio dello stesso anno; tuttavia, la
prima rappresentazione in un teatro di Broadway vi fu solo nel 2003, al
Virginia Theatre.
|
Poster della rappresentazione all’Orpheum Theatre.
|
In
Italia il musical fu prodotto per la prima volta nel 1988 dalla Compagnia della
Rancia, con Saverio Marconi come regista e adattatore, Gerolamo Alchieri come
traduttore e Michele Renzullo come adattatore delle canzoni. Il successo dello
spettacolo è testimoniato dalla vittoria del Biglietto d’Oro nel 1989 e le tre tournée
susseguitesi negli anni.
La
trama ricalca a grandi linee quella del film originale, e vede ancora una volta
come protagonista un giovane impiegato della bottega del signor Mushnik (interpretato
nei primi spettacoli da Hy Anzell), Seymour Krelborn (Lee Wilkof), il quale
porta al negozio una strana pianta, apparsa misteriosamente in un negozio
cinese durante un’eclissi solare. Segretamente innamorato della collega Audrey
(Ellen Greene), decide di chiamare la pianta Audrey II (Ron Taylor).
|
Audrey e Audrey II.
|
Il
musical presenta svariate differenze rispetto all’opera originale, come la
relazione tra Audrey e il dentista sadico Orin Scrivello (Franc Luz) e
l’assenza dei detective che nella pellicola del ’60 indagano gli omicidi di
Seymour, ma una delle aggiunte più importanti è senza dubbio la maggiore
rilevanza del tema di rivalsa sociale: l’ambientazione della Skid Row di New
York è presentata come una prigione di povertà e disagio da cui Seymour e Audrey
sperano di scappare; la pianta, che incuriosisce i passanti spingendoli ad
acquistare fiori e altre piante alla bottega, sembra quindi essere il mezzo
perfetto per realizzare questo sogno. Altro elemento rilevante è la presenza di
Crystal (Jennifer Leigh Warren), Ronnette (Sheila Kay Davis) e Chiffon (Marlene
Danielle) (un chiaro riferimento alle Crystals, le Ronnettes e le Chiffons, tre
gruppi musicali degli anni ’60, i cui membri erano appunto, come nel caso dei
personaggi sopracitati, donne di colore), tre ragazze che ricoprono il ruolo di
narratrici fuori campo e coro di supporto: rappresentano essenzialmente una
reinterpretazione del coro greco.
|
Il cast della rappresentazione off-off-Broadway.
|
Il
personaggio di Audrey II riveste un ruolo ancor più rilevante e attivo, in
quanto è svelato che l’improvviso successo del negozio di Mushnik è dovuto ai
poteri psichici e/o di controllo delle realtà della pianta stessa, presenti
anche nella pellicola di Corman, ma utilizzati in maniera molto più banale. La
creatura sfrutterà quindi la promessa di successo per convincere Seymour a
nutrirla con carne umana.
|
Seymour nutre la pianta.
|
Punto
di forza dello spettacolo sono senza ombra di dubbio le canzoni. Le venti
tracce composte da Menken, con i rispettivi testi di Ashman, possono vantare
una incredibile varietà pur mantenendo uno stile definito e coerente:
dall’energetico tema introduttivo Little Shop of Horrors (Piccola
Bottega nella traduzione della Compagnia della Rancia), all’esilarante Dentist!
(Dentista) fino ai vari duetti quali come Mushnik and Son (In
Società) e Now (Dai, Ora Dai). Risulta inoltre necessario
citare l’iconicità di Skid Row (A Skid Row) e Feed Me (Cibo),
con il loro ritmo coinvolgente e parti finali incalzanti, e, soprattutto, di Suddenly
Seymour (Ed Ora Seymour), che meriterebbe di essere citato ogni qual
volta che si parla di duetti romantici.
|
Howard Ashman (sinistra) e Alan Menken (destra).
|
Non
sorprende quindi la vittoria nel 1983 di svariati premi, tra cui quelli per il
Miglior Musical e per i Migliori Testi (conferito ad Ashman) ai Drama Desk
Awards o quelli per la Migliore Colonna Sonora (conferito a Menken) e per il
Miglior Musical Off-Broadway agli Outer Critics Circle Awards.
Negli
anni successivi venne avviato lo sviluppo di un adattamento cinematografico del
musical. Sebbene inizialmente Steven Spielberg avrebbe dovuto ricoprire il
ruolo di produttore esecutivo e Martin Scorsese quello di regista, una causa
intentata da Griffith, lo sceneggiatore della pellicola del 1960, ritardò la
produzione; in seguito, la regia fu assegnata a Frank Oz, collaboratore
dell’altrettanto leggendario Jim Henson, creatore, animatore e doppiatore di
molti dei Muppet (tra cui Miss Piggy e Fozzie) nonché burattinaio e voce del
pupazzo del Maestro Yoda in Star Wars.
|
Frank Oz sul set del film.
|
Il
19 dicembre del 1986 fu quindi rilasciata una nuova pellicola dal nome La
piccola bottega degli orrori, estremamente fedele al musical, meno qualche
taglio e il finale, il quale verrà approfondito in seguito. Seymour è questa
volta interpretato da Rick Moranis, il signor Mushnik da Vincent Gardenia e il
dottor Orin Scrivello (Tony Scrivello nella versione italiana del film) da Steve Martin; Levi Stubbs, membro del quartetto dei Four
Tops, presta la voce a Audrey II, mentre il ruolo dell’omonima ragazza è
nuovamente ricoperto da Ellen Greene: questa è la prima volta nella storia del
cinema che un’attrice di un musical interpreta il medesimo ruolo in un
adattamento cinematografico; l’attrice tornerà ad interpretare il personaggio
anche nel revival del musical del 2015, all’età di 64 anni.
Ancora una volta, la scena del paziente masochista che si presta alle cure del
dentista sadico offre un esilarante cameo: in questo caso, infatti il
paziente è Bill Murray.
|
Orin Scrivello.
|
La
colonna sonora, che fece vincere a Menken il premio per la Migliore Colonna Sonora
ai Saturn Awards del 1986, presenta svariate differenze rispetto a quella del
musical: risultano infatti assenti le tracce Closed for Renovation, Mushnik
and Son, Sudden Changes, Now e, almeno nella theatrical
cut, Don’t Feed the Plants e la ripresa di Somewhere That’s Green;
inoltre, la durata della canzone The Meek Shall Inherit risulta
notevolmente ridotta e il testo di Ya Never Know ha subito molte
modifiche, venendo rinominata in Some Fun Now. Infine, Ashman e Menken
hanno anche scritto due nuove tracce per il film: Mean Green Mother From
Outer Space, in seguito candidata all’Oscar per la Miglior Canzone, e Crystal,
Ronnette e Chiffon, originariamente concepita come tema per i tioli di
coda, ma mai utilizzata .
|
Seymour e Audrey cantano Suddenly Seymour.
|
Il
film riesce a bilanciare perfettamente la sua natura di commedia e di horror,
come perfettamente esemplificato dalla scena della morte di Orin, soffocato dal
gas esilarante da cui è dipendente: nonostante la situazione nefasta, infatti,
il dentista non può fare a meno di ridere a causa della sostanza inalata. La
pellicola fa anche uso intelligente del mezzo cinematografico: durante la
canzone Skid Row, in cui i protagonisti e vari personaggi di sfondo
lamentano il degrado di Skid Row, il suono dei passi dei personaggi su schermo
risulta sincronizzato con la traccia, metafora volta ad evidenziare quanto gli
abitanti di Skid Row siano prigionieri del suo ritmo malsano. Solo
Seymour e Audrey, proprio mentre cantano dei loro sogni di fuga, riescono a
rompere tale ritmo; realizzare tale coreografia e rendere opportunamente udibile
il suono dei passi sarebbe risultato molto più difficile in una
rappresentazione teatrale.
|
Audrey II.
|
Elemento
più impressionante della pellicola sono senza ombra di dubbio i pupazzi di
Audrey II, che rappresentano uno dei migliori effetti pratici
nella storia del cinema. I movimenti dei pupazzi risultano estremamente
realistici e la scelta di dare alla pianta delle labbra per consentire il lip-sync con le parole di Stubbs risulta a dir poco geniale e tecnicamente sorprendente.
Tale realismo è ottenuto registrando le scene ad un frame rate più basso
per poi in seguito velocizzare il filmato; tale espediente ha consentito agli
operatori (il cui numero raggiunge la sessantina per la versione più grande
della pianta) di curare in maniera più minuziosa i movimenti della pianta;
tuttavia, ciò ha comportato anche che gli attori che condividevano lo schermo
con Audrey II, in particolare Moranis, dovessero muoversi e, soprattutto,
muovere opportunamente le labbra, ad una velocità pari a circa la metà del
normale.
Una
delle questioni più interessanti riguardanti il film è quella del finale, che
nella theatrical cut differisce notevolmente da quello del musical; in
verità una sequenza essenzialmente identica a quella del finale del musical era
stata effettivamente girata e proposta alle test audience, ma fu
aspramente criticata, spingendo Oz a girare un nuovo finale. Nel musical e
nella sequenza originale, infatti, Audrey e Seymour vengono divorati dalla
pianta e quest’ultima, insieme alla sua prole venduta nei negozi di tutti gli
Stati Uniti, procede a devastare l’intero pianeta; mentre nel finale girato per
il film Seymour uccide la pianta, abbandona il negozio e la fama e sposa
Audrey. Perché quindi il finale più cupo e cinico ha funzionato nel musical ma
non nel film? Nel 2012 Frank Oz ha esposto una sua teoria in merito in
un’intervista con Entertainment Weekly:
“[…]
Ma sai, è una lezione imparata, perché dopo che la pianta uccide Seymour e
Audrey sul palco, gli attori ritornano per fare un inchino. La differenza è che
ciò non accade nei film. Non ci sono più e quindi il pubblico ha perso i
personaggi che amava, a differenza degli spettatori di teatro che sapevano che
i due attori che interpretavano Seymour e Audrey erano ancora vivi.”.
Se
ciò fosse vero, non dovrebbero esistere film graditi dal pubblico che terminano
con un’apocalisse o in cui figura la morte dei protagonisti, pertanto i motivi
dell’insoddisfazione delle test audience nei confronti del finale
originale è da ricercarsi altrove. Confrontando la theatrical cut e la director’s
cut pubblicata nel 2012 nell’edizione Blu-ray del film, che include appunto il finale originale, risulta
evidente un conflitto di temi e presentazione.
Il
musical de La piccola bottega degli orrori è essenzialmente una
reinterpretazione del mito di Faust, la cui versione più nota è la tragedia La
tragica storia del Dottor Faust scritta da Christopher Marlowe nel 1592 o
nell’anno successivo. L’opera teatrale vede come protagonista il dottor
Faustus, un uomo di umili origini, riuscito però a laurearsi in teologia
all’università di Wittenberg e divenuto esperto della maggior parte delle
branche del sapere; nella sua ricerca di conoscenza decide di dedicarsi alla
necromanzia e alla magia nera fin quando il diavolo Mefistofele non si presenta
al suo cospetto per conto di Lucifero. Il principe dei demoni propone a Faustus
un patto, da sottoscrivere con il sangue: vivrà ventiquattro anni tra i mortali
con Mefistofele al suo servizio, al termine dei quali consegnerà la sua anima
all’inferno. Altra versione molto simile del mito è il dramma in
versi Faust scritto da Johann Wolfgang von Goethe e pubblicato nel 1831,
che rientra a pieno nel movimento culturale dello Sturm und Drang;
aspetto molto interessante è che nella traccia introduttiva della piccola bottega
degli orrori, chiamata appunto Little Shop of Horrors, figura il
verso “feel the sturm and drang in the air”.
|
Una scena del finale originale.
|
Appaiono
dunque evidenti le similitudini tra il mito di Faust e il musical de La
piccola bottega degli orrori: così come Faustus firma il patto con Lucifero
con il proprio sangue, così anche Seymour nutre Audrey II con il suo. La pianta
assume quindi il ruolo di Mefistofele e/o Lucifero, tentando continuamente il
ragazzo con promesse di rivalsa sociale e notorietà in cambio di cibo;
accontentare tale richiesta costerà a Seymour la sua innocenza, Audrey e,
infine, la sua vita. Tale chiave di lettura è ulteriormente rinforzata dal
testo dalla canzone The Meek Shall Inherit (il cui titolo è una palese
citazione a Matteo 5:5, che recita “Beati i miti, perché avranno in eredità la
terra.” o, in inglese, “Blessed are the meek, for they shall inherit
the earth.”) durante la quale Seymour affronta un conflitto
morale quando una serie di imprenditori e giornalisti gli propongono interviste
e investimenti: accettare tali proposte vorrebbe dire accrescere la propria
fama e capitale, ma allo stesso tempo implicherebbe altri omicidi per nutrire
la pianta; tuttavia, temendo che Audrey, adesso finalmente tra le sue braccia
dopo la morte di Orin, possa lasciarlo una volta tornato povero, decide di
firmare i contratti che gli sono stati presentati (ancora una volta una
metafora per un “patto con il diavolo”). Così facendo, però sigilla il suo
destino e quello di Audrey, come ironicamente sottolineato dal testo della
canzone (“You know the meek are gonna get what's coming to them”, in italiano
“Sai che i miti avranno ciò che gli spetta”). A tali temi si affianca anche
un’aspra critica alla tipica mentalità statunitense: ciò a cui Seymour aspira è
essenzialmente il sogno americano (soldi, fama, donne etc…) e nel tentare di
realizzare tale desiderio perderà tutto; allo stesso modo i cittadini
statunitensi, vittime della trappola consumista del capitalismo, comprano i
germogli ottenuti da Audrey II, condannando il mondo intero.
Tuttavia,
il Seymour dell’adattamento cinematografico non attraversa il processo di
degenerazione morale subito dalla sua controparte del musical che giustifica il
suo finale; particolarmente rilevanti in questo senso sono le morti di Orin
Scrivello e del signor Mushnik. Nel musical, infatti, la morte del dentista,
avvenuta per soffocamento a causa del danneggiamento della maschera a gas che
quest’ultimo usava per drogarsi con gas esilarante, ha luogo al termine di un
numero musicale (Now) in cui Seymour, mentre Orin lo implora di
aiutarlo, dibatte tra sé e sé quale possa essere la scelta corretta, decidendo
infine di lasciarlo morire; nel film, però, la canzone è assente e la morte di
Scrivello avviene molto rapidamente, senza che Seymour abbia il tempo di
contemplare il dilemma morale di fronte al quale si trova. Dal suo canto la
scena della morte del signor Mushnik vede quest’ultimo, che ha trovato alcune
prove della morte del dentista, chiedere a Seymour di seguirlo alla stazione di
polizia per dichiarare la sua innocenza, ma quest’ultimo, temendo di perdere
tutto ciò che è riuscito ad ottenere grazie alla pianta, inganna Mushnik
convincendolo ad entrare nella bocca della pianta, che prontamente lo divora;
tale scena è profondamente diversa nel film: Mushnik ha visto Seymour fare a
pezzi il cadavere di Orin per darlo in pasto alla pianta e, puntandogli contro
una pistola, gli intima di seguirlo verso la stazione della polizia, per poi
cercare di convincerlo a lasciargli la pianta (e conseguentemente la fama e i
guadagni che porta). In tal modo le sopracitate paure di Seymour diventano più
fondate, dato che Mushnik è diretto testimone del suo crimine; inoltre, il
bottegaio appare più ostile e avido, parzialmente giustificando la sua
successiva morte; infine, sebbene Seymour faccia in modo che l’uomo si avvicini
ad Audrey II, è la curiosità di quest’ultimo che lo spinge a sporgersi
all’interno delle sue fauci venendo quindi divorato, nonostante un timido
tentativo del commesso di avvertirlo all’ultimo momento.
|
Audrey II divora Mushnik.
|
Tali
scene dipingono senza dubbio Seymour in una luce molto più positiva nella versione
cinematografica, tuttavia è opportuno osservare che esiste una versione diversa
di queste scene nella copia di lavorazione della pellicola: la scena della
morte di Orin risulta più lunga e il numero di richieste di aiuto fatte da
quest’ultimo aumenta; allo stesso modo, nella seconda scena
presa in esame Seymour impiega più tempo e manipolazione per far indietreggiare
Mushnik verso la pianta e il suo avvertimento prima che l’uomo venga divorato è
assente. Questa versione degli eventi sembra, ameno in parte, rendere Seymour
più attivo nei crimini commessi e, inoltre, non è dato sapere se queste scene
fossero presenti nella pellicola mostrata alle test audience. Nondimeno,
le sequenze considerate risultano identiche nella director’s cut e nella
theatrical cut (queste infatti divergono solo da quando Audrey II tenta
di divorare la sua omonima), inoltre vi sono elementi sicuramente presenti nella
cut mostrata alle test audience: l’avversione di Seymour per la
fama ottenuta, l’assenza della sua indiretta colpevolezza della morte di Audrey
(nel musical infatti è lo strano comportamento del protagonista che spinge la
donna a cercarlo nella bottega e, conseguentemente, ad essere attaccata dalla
pianta), e, soprattutto, la riduzione della canzone The Meek Shall Inherit:
risulta infatti assente sia la decisione di Seymour di non uccidere la pianta
per non rischiare di perdere l’amore di Audrey che la firma dei contratti, che,
come accennato precedentemente, rappresenta il punto di non ritorno nel viaggio
faustiano del protagonista.
Alla
luce di quanto detto, Seymour risulta non più, come nel musical, partecipe
attivo degli eventi della trama, ma succube di questi ultimi: la fama e i soldi
sono cose che gli accadono e non un desiderio che insegue di sua spontanea volontà;
analogamente, se consideriamo le versioni delle scene presenti nelle cut
rese disponibili al pubblico (e, anche se in misura minore, anche quelle della
copia di lavorazione), gli omicidi di cui si macchia non richiedono un suo
sostanziale intervento diretto. La somma di tutte queste piccole differenze
rispetto al musical fa sì che il finale originale non sia più la conseguenza
naturale e tematicamente coerente degli eventi che lo precedono; non stupisce
quindi che le reazioni delle test audience siano state prevalentemente
negative. Forse il finale della theatrical cut potrebbe veramente essere
la conclusione migliore per la pellicola.
|
Seymour e Audrey nel finale della theatrical cut.
|
In
ogni caso, l’influenza culturale de La piccola bottega degli orrori è
indiscutibile, sia anche solo per il suo contributo alla popolarizzazione del cliché
della pianta mangia-uomini. Inoltre, testimonianza dell’abilità musicale di
Menken e Ashman, è il loro successivo impiego presso la Disney e il loro lavoro
per film come La Sirenetta, La Bella e la Bestia e Aladdin;
sapendo ciò, è facile comprendere la strabiliante somiglianza tra la canzone Somewhere
That’s Green de La piccola bottega degli orrori e Part of Your
World de La Sirenetta.
Negli
anni successivi all’uscita del film del 1986 sono nati altri progetti correlati
all’opera, quali un fumetto pubblicato dalla DC Comics nel 1987 che segue gli
eventi della theatrical cut, la serie animata Little Shop, andata
in onda in Francia e negli Stati uniti tra il 1991 e l’anno successivo con
scarso successo, e un remake, cancellato nel 2022, che avrebbe visto Taron
Egerton, Scarlett Johansson, Chris Evans e Billy Porter rispettivamente nei
panni di Seymour, Audrey, Orin Scrivello e Audrey II . Per
adesso, quindi, il musical e il suo adattamento cinematografico rimangono
ancora insuperati.
In
conclusione, La piccola bottega degli orrori, è quindi un’opera da cui,
nelle sue varie forme e versioni, si possono trarre i messaggi, stati d’animo o
forme di intrattenimento più disparati. Per coloro che cercano semplice
divertimento, che vogliono ascoltare ottime canzoni, o che desiderano vedere una
tragedia faustiana moderna, visionare (e ascoltare) La piccola bottega degli
orrori è un must, tenendo però sempre a mente di non dar da mangiare
alle piante.
⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯
BIBLIOGRAFIA
McDougal,
D. (2008). Five Easy Decades: How Jack Nicholson Became the Biggest Movie
Star in Modern Times. John Wiley & Sons, 39.
Clarke,
A. C. (1956). The Reluctant Orchid. Satellite Science Fiction (Vol. 1,
N. 2). Renown Publications, 114-122.
Ray, F. O. (1991). The New Poverty Row: Independent Filmmakers as Distributors. McFarland & Company, 28-30.
Pavis,
P. (1998). Chorus. Dictionary of Theatre: Terms Concepts and Analysis (C.,
Shantz, Trad.). University of Toronto Press, 53-55.
Fischer,
D. (1983). Little Shop of Horrors: Corman’s
now-classic B-film ends up on stage - and in court. Cinefantastique (Vol.
14, N. 2).
Abraham, A. (2022). Attack of the Monster Musical: A Cultural History of
Little Shop of Horrors. Bloomsbury Publishing, 127.
Oz, F.
(2000). Frank Oz DVD commentary. Little Shop of Horrors.
Goethe, J. W. (2023). Faust (G., D’Orrico, Ed.). Beneinst.it.
ARTICOLO DI
ILLUSTRAZIONE DI
COPERTINA DI REVISIONE DI
Nessun commento:
Posta un commento