"Non esiste solitudine più grande di quella di un samurai"
Le Samourai, Jean-Pierre Melville (1967)
La giornata si è ormai conclusa e stai per andare a dormire, l’unica preoccupazione che occupa la tua mente in questo momento è impostare la sveglia per la giornata successiva. Ormai la tua vita è un libro già scritto di cui conosci a memoria ogni pagina, ti sei rassegnato all’idea che ciò che una volta chiamavi futuro non è nulla più di un itinerario da te già percorso centinaia di volte. Quando sei di fronte allo specchio e guardi il tuo riflesso cominci a chiederti per quanto tempo riuscirai a sopportare quest’agonia che sta logorando la tua esistenza, ti disperi al pensiero di un cambiamento che non potrà mai avvenire. Eppure allo stesso tempo ti senti compiaciuto, in fondo percorrere una strada che già conosci alla perfezione è rassicurante e il cambiamento che tanto desideravi ora ti spaventa. E mentre ti perdi nei tuoi pensieri, mentre nella tua casa si sta cospargendo una strana nebbia, i muri che ti circondano diventano specchi e i tuoi dintorni si distorcono in una confusa sinfonia di riflessi, la preoccupazione di fare tardi a lavoro ti riporta alla realtà e l’unico dialogo che ti sei concesso con te stesso viene sovrastato dalla vita da te amata e odiata alla stesso modo.
Questa è la condizione di Sun-Woo, protagonista del noir coreano A Bittersweet Life (2005) del noto regista Kim Jee-Woon (I Saw the Devil, A Tale of Two Sisters).
Sun-Woo è il più fidato degli sgherri del capo mafioso Mr. Kang, a cui, dopo una normale giornata cosparsa di violenza nell’Hotel di cui è manager, verrà affidata direttamente dal capo in persona una missione diversa dal solito. Dovrà pedinare una delle tante ragazze di Kang per scoprire la sua presunta infedeltà e ucciderla nel caso in cui le paranoie del capo risultino veritiere. Quello che all’apparenza sembra un semplice compito, scatenerà gli eventi che porteranno Sun-Woo allo scontro con il suo più grande nemico: se stesso.
Il protagonista di A Bittersweet Life porta con sé l’innegabile influenza del maestro del noir Jean-Pierre Melville. Sun-Woo infatti sembra la perfetta controfigura di Jef Costello, protagonista dell’ormai immortale ‘Le Samourai', assassino silenzioso di cui seguiamo le vicende nel capolavoro di Melville.
A sinistra Sun-Woo, a destra Jef Costello |
Jef è totalmente concentrato sul suo lavoro, parla poco e sceglie con cura i termini da usare nelle sue brevi conversazioni. Il suo sguardo di ghiaccio basta per raccontare tutta la sua vita e la Parigi che lo circonda viene infusa del suo silenzio. Sun-Woo allo stesso modo va sempre dritto al punto, cerca di evitare qualsiasi distrazione e il suo stile di vita minimalista viene perfettamente mostrato dal suo appartamento totalmente privo di qualsiasi oggetto che non sia indispensabile. Preferisce persino dormire su di un divano accanto a una lampada per rimanere all'erta in ogni momento. Mentre l’ambiente abitato da Jef sembra quasi influenzato dalla sua stessa presenza, quello abitato da Sun-Woo reagisce in maniera opposta. Ogni superficie trasparente è pronta a mostrare e catturare il finto viso di Sun-Woo, come se stesse cercando in ogni modo di togliergli la maschera che si è creato da solo e in cui si è ormai intrappolato. È totalmente convinto di essere diventato esattamente come gli altri lo percepiscono, convinzione che verrà distrutta dalla strada che sceglierà di percorrere, quella della vendetta.
Le azioni e le decisioni scellerate di Sun-Woo lo intrappolano in una spirale di violenza e pericolo che non ha mai affrontato e nonostante gli venga chiesto innumerevoli volte il motivo delle sue azioni, egli non saprà mai rispondere. Si arrenderà ogni volta al silenzio, incapace persino di inventarsi una scusa convincente. Non riesce nemmeno a spiegare a se stesso il perché delle sue decisioni. Preda dei suoi stessi riflessi, incapace di razionalizzare i sentimenti che lo tormentano, incolpa il mondo intero di averlo tradito, di non avergli dato fiducia, di essere vittima di un complotto che gli altri non riescono a vedere.
La catarsi finale porterà chiarezza nella mente di Sun-Woo, un singolo istante sarà capace di rivelargli la realtà che lo circonda. Mentre dovrà fare i conti con le conseguenze della sua vendetta vuota e priva di senso, il catalizzatore delle sue sofferenze, dei suoi piaceri, della sua voglia di vivere e della sua voglia di morire gli si parerà davanti. E mentre Sun-Woo racconta a se stesso la storia di un maestro il cui discepolo piange la fine di un sogno bellissimo ma irrealizzabile, fissa se stesso in una delle tante finestre del suo hotel cercando di combattere il suo riflesso, riflesso che verrà lentamente ed inesorabilmente inghiottito dall’oscurità della notte.
Finalmente sei tornato a casa, rivolgi un veloce sguardo al tuo letto e ti rassicuri nell’idea di poterti riposare, in fondo te lo meriti. Ritorni in quello stesso bagno, davanti a quello stesso specchio in cui il tuo volto sembra non essere più lo stesso. Rifletti su quello che ti è successo durante la giornata, nella tua mente viaggiano ancora quelle conversazioni, quelle parole e quelle azioni che hai compiuto e che ti dimostrano per l’ennesima volta la vanità della tua vita. Un tornado di emozioni, ricordi, rimorsi, momenti di gioia, di imbarazzo, di tristezza ti investono in un singolo istante. Alla fine però, ciò che rimane sul tuo volto è un inconfondibile sorriso, segno di una vita agrodolce che in fondo non vorresti mai abbandonare.
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