Conosciutisi tramite la moglie di Brice, appena laureatosi al CalArts, i due cineasti divennero presto amici. Discutendo del loro amore per la commedia grottesca "My Dinner with Andre" (1982, regia di Louis Malle) e accomunati da una passione per i lati più bizzarri della natura umana, decisero di sviluppare un film su "una richiesta di Craigslist andata male". I due scrissero il trattamento del film in 5 giorni e, vista l'amicizia di Duplass con Jason Blum, riuscirono facilmente ad avere un produttore per la loro pellicola. "Era ancora in uno stato abbozzato, cosa che ho adorato e ho pensato che fosse fantastico, quindi ho lanciato il mio cappello sul ring" spiega Blum in un'intervista, "Mi arrivano tutti i found footage, fanno tutti schifo, questo no". La pellicola venne girata nel giro di 18 mesi tra continui cambiamenti ed evoluzioni del progetto con una piccola crew, risultando in un processo caotico sul quale ha elaborato Duplass nel 2017 in un'intervista a Daily Dead: "A volte entriamo in una scena, e la scena accade magicamente, e abbiamo finito in sette minuti. E poi, a volte lo giriamo cinque volte, ed è terribile. Poi ce ne stiamo seduti per tre ore depressi, cercando di capire come riscrivere la scena, cosa fare per farla funzionare, e poi la capiamo, e non appena la capiamo, la giriamo proprio lì. È quell'energia che entra direttamente nella scena."
Patrick Brice e Mark Duplass al Sundance Film Festival 2015 |
La premessa narrativa è piuttosto semplice: il protagonista, Aaron, trova un'offerta lavorativa pubblicata su internet da un certo Josef, a cui hanno diagnosticato un cancro terminale, e che desidererebbe farsi filmare nella propria quotidianità per mostrare al figlio nascituro, che non conoscerà mai, quale tipo di persona fosse suo padre. Questo incipit, unito alla consapevolezza della piega raccapricciante che prenderà la vicenda, fa pensare alla classica storia dove il malcapitato di turno si ritroverà alla mercé di un pazzo squinternato (oramai quasi un cliché) dal quale dovrà stare bene attento. La trama, però, sfrutta il materiale a disposizione in maniera incredibile, riuscendo a non cadere nel banale e a far immergere lo spettatore nella realtà depravata di Josef, nonostante per buona metà del racconto sarà imperante un'ambientazione che potremmo quasi definire generica, tanto da portarci a chiedere da quale momento scatteranno la follia e la violenza.
''Creep'' decide di differenziarsi dai suoi simili utilizzando i personaggi, più che la semplice trama, per farci addentrare in questo clima singolarmente conturbante. Personaggi che, seppur distinguibili in “protagonista” e “antagonista”, rappresentano rispettivamente la cieca fiducia nel prossimo e l’imprevedibilità del tradimento potenzialmente presenti in qualsiasi rapporto sociale, conditi con una spolverata di ambiguità e sociopatia che non guastano e di cui, quasi tutti i dialoghi, cuore della pellicola, risultano in gran parte improvvisati, prassi dei prodotti di Duplass. Un film basato, dunque, sulle suggestioni, sull'implicito e sul ribaltamento delle aspettative, piuttosto che su ciò che ci viene effettivamente mostrato, in un esperimento delicato e brutale al tempo stesso. "Penso che con il primo film abbiamo cercato di concentrarci su entrambi i personaggi e sulla situazione in senso immediato. Stavamo davvero lavorando momento per momento e scena per scena. Piuttosto che dire che lo stavamo intenzionalmente 'lasciando sul vago', direi che volevamo darci spazio per esplorare alcuni di questi elementi nei film successivi", spiega lo stesso Brice in una recente intervista per Horror Obsessive.
Passiamo ora al prendere in esame Josef, il quale ci viene presentato come un uomo pittoresco, gentile e malinconico, che si metterà spesso a nudo (anche letteralmente) condividendo aneddoti e riflessioni riguardo alla propria condizione esistenziale, portando Aaron a provare sincera compassione nei suoi confronti e dando l’impressione di essere semplicemente una persona sola, alla disperata ricerca di compagnia. Questo quadretto toccante sarà però avvolto da un alone di diffidenza e di bizzarrie che si susseguiranno in un crescendo grottesco ma graduale che, in prima battuta, non farà veramente percepire al malcapitato l'incombere di una minaccia reale. Una sequela frammentata e confusa di immagini, di premonizioni che renderanno complicato poter distinguere tra verità e finzione, portandoci a dubitare del nostro stesso giudizio di spettatori e a un climax in continua ascesa, insieme ad altri dettagli apparentemente superficiali, ma disturbanti, che faranno affiorare poco alla volta la vera natura di Josef.
Potremmo invece definire Aaron atipico: sembrerebbe un protagonista insipido privo di particolare caratterizzazione o peculiarità che ci lascia talmente indifferenti, da non fare il tifo per lui né godere del suo destino infelice. Il giovane videomaker si comporterà in maniera discutibile, e non sarà facile empatizzare a pieno con lui. Tutto questo però è voluto e non incidentale, Aaron più che un personaggio in senso stretto sembra essere una specie di finestra sul pubblico, complice anche il POV in prima persona dato dalla videocamera. Noi spettatori adesso ci troviamo al suo posto e possiamo assaporare lo smarrimento che prova, il timore di quel che potrebbe fare Josef, di cosa sia capace un qualsiasi sconosciuto squilibrato che potremmo incontrare per strada a cui abbiamo ingenuamente dato attenzione.
Illustrazione originale di Emanuela Mae Agrini |
Entrambi i personaggi, seppur in misura e in modo diversi, rappresentano il tema centrale della pellicola: quello dell'incapacità di articolarsi nei rapporti sociali, dell'imbarazzo e del sentimento d'inadeguatezza. La volontà di trasporre la bizzarria, che a volte rasenta l'assurdità, dei rapporti umani è dunque riuscita e lascia il segno, regalandoci momenti di alta tensione anche quando normalmente non ci sarebbero stati. La scena del bagnetto, a metà strada tra il patetico, il dolce e il perturbante, così come la maschera da lupo indossata da Josef (dal ridicolo nome di Peachfuzz), sono così imbarazzanti e fuori luogo che, se normalmente ci strapperebbero un sorriso, ci turbano, grazie alla costruzione dell'atmosfera e alla stellare performance di Duplass.
È in questo che risiede la freschezza di un film come ''Creep'', non cerca di spaventarci con i tradizionali espedienti del genere ma ci sottopone alla cruda realtà dei fatti, cioè che a volte i veri mostri si nascondono dietro a un sorriso cortese, a una richiesta di aiuto o un’amicizia appena nata e, per una volta, ci saremmo potuti salvare appellandoci alla cinica diffidenza. "Sono cresciuto guardando film dell'orrore andando al centro commerciale come un piccolo pattinatore-punk", spiega l'attore e sceneggiatore Mark Duplass a Entertainment Weekly, "Ma come regista, ne sono rimasto alla larga. Se guardi ai progetti 'horror' a cui mi sono avvicinato, la maggior parte di essi si basa su dinamiche interpersonali. Creep è un po' come un film arthouse straniero sui sentimenti che prende una svolta più oscura".
Dal punto di vista tecnico regia e fotografia risultano ottime nonostante la scelta del mockumentary, che determina delle soluzioni visive semplici ma incredibilmente efficaci, in particolare per alcuni giochi di luci e ombre. In generale il film presenta un'estetica verosimile, con una patina inquietante presente costantemente anche nelle scene in pieno giorno. Nonostante i pregi, il film perfetto non esiste e anche in questo caso si riscontra qualche problematica, sebbene non pesi particolarmente sul prodotto. Nell'analizzare questi elementi si deve necessariamente andare nello specifico, dunque da qui in avanti non si eviteranno gli SPOILER. Ciò che nella pellicola fa storcere il naso sono alcune soluzioni narrative riguardo alla logica dei personaggi, in particolare alcune scelte che compie Aaron, riportiamo qualche esempio:
La sequenza della telefonata nel bagno è il punto di svolta della vicenda in cui si scoprirà, grazie alla conversazione telefonica tra Aaron e la Sorella di Josef, che l'uomo è un malato di mente. Un momento piuttosto ansiogeno in cui Aaron ottiene finalmente conferma dei propri sospetti, e cosa fa? Corre a più non posso verso la porta d'uscita? Si arma fino ai denti per cercare di difendersi durante la fuga? No, continua a chiacchierare al telefono cercando di capire cosa stia succedendo (che potrebbe anche avere senso come reazione, non fosse per il fatto che lui stesso abbia deciso di sedare Josef con dei sonniferi per prendere tempo perché intimorito, nutrendo il sospetto che gli abbia rubato le chiavi della macchina per costringerlo a fermarsi la notte).
Le varie sequenze in cui Aaron, nonostante sia riuscito a tornare a casa propria, è ancora osservato da Josef, si sveglia nel cuore della notte in preda agli incubi e decide di filmarsi per raccontarli anche risultano in parte forzate: mentre lo fa, infatti, si sente un rumore sospetto provenire dall'esterno della sua abitazione, che però deciderà di ignorare. Al primo rumore seguirà uno decisamente più forte e preoccupante eppure Aaron, già messo sufficientemente in guardia dall'esperienza recentemente vissuta, uscirà di casa per indagare nei vicoli bui circostanti con coltello e videocamera alla mano, in stile Scooby-Doo.
Simili storture, nonostante l'assurdità delle reazioni umane, trovano una spiegazione nel finale, oltre che nelle intenzioni dei filmmakers già esplorate: Aaron non compie azioni scellerate, è molto imprudente proprio a causa dell'estrema fiducia che riserva nei confronti del prossimo; nonostante quello che gli ha fatto Josef, alla proposta di un incontro per delle scuse, egli accetta e si presenta all'appuntamento, posizionando la videocamera all’interno della sua auto per filmare delle eventuali prove, in caso qualcosa andasse storto. Tentare di immedesimarsi in Aaron risulterà frustrante proprio a causa del suo limitato istinto di sopravvivenza, sopraffatto da una cieca fiducia che viene prevedibilmente tradita, in una delle sequenze più semplici e terrificanti che si siano mai viste: Josef si avvicina spalle della povera vittima con un passo quasi cartoonesco, che spinge gli spettatori a chiedersi se si tratti in realtà di un altro degli scherzi improbabili che ha teso ad Aaron per buona parte del film. Dopo un istante di esitazione Josef uccide Aaron con un colpo di accetta alla testa, in pieno giorno, sulla riva del laghetto di un parco. Non c'è pathos, non c'è splatter, nessuna reazione particolare da parte dell'assassino, solo il silenzio più assoluto.
A seguito del successo del film, nel 2017, Brice, Duplass e Blum riunirono nuovamente le forze per il sequel "Creep 2", con Duplass di nuovo nel ruolo di protagonista, affiancato stavolta da Desiree Akhavan. Nel 2019, il regista confermò che stavano iniziando a lavorare su un terzo capitolo, originariamente previsto per fine 2022, ma rimandata a data da definire, descritto da Duplass come il suo "L'armata delle Tenebre". Quali altre bizzarre e inquietanti situazioni ci attendono per il futuro del provocatorio franchise di "Creep" sono ancora tutte da vedere, ma potete trovare i primi due in streaming su Netflix.
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