“Un patto! Non ci resta altro! […] Degno o indegno, io voglio vivere! Disprezzami pure, ma io non morirò. Rispondi! Un patto… o la morte?”
È
forse possibile per un medium trasmettere a pieno il proprio messaggio e
raggiungere, senza dubbio alcuno, il proprio obiettivo ed essere comunque
giudicato qualitativamente pessimo? Naturalmente il messaggio di fondo può
risultare intrinsecamente negativo, ma se il modo in cui è utilizzato,
rappresentato e trasmesso a coloro che usufruiscono del prodotto, quest’ultimo
non può certo essere considerato scadente; non sarebbe forse una
contraddizione?
Eppure,
questo è proprio il caso di Drakengard, videogioco per PlayStation 2
sviluppato dalla Cavia e pubblicato in Giappone l’11 settembre 2003 (e in
occidente nel 2004) dalla allora appena formatasi SQUARE ENIX. Il titolo segna
il debutto nel ruolo di director di Taro Yoko, meglio noto per la serie di NieR,
nata appunto come seguito di Drakengard; le sue parole sono essenziali
per comprendere la natura del gioco:
“Era
circa dieci anni fa, quando stavamo lavorando al primo Drakengard, che
mi sono trovato a riflettere sul significato dell’atto di ‘uccidere’. A quei
tempi, stavo guardando svariati giochi e vedevo dei messaggi che dicevano ‘Hai
sconfitto 100 nemici!’ o ‘Hai eliminato 100 soldati nemici!’ in maniera quasi
compiaciuta, ma quando ci ho ripensato a mente fredda, ho realizzato quanto sia
strano compiacersi di aver ucciso cento persone. Voglio dire, se tu uccidessi
cento persone saresti un serial killer; tutto ciò mi sembrava una follia. Per
questo ho deciso di rendere il gruppo del protagonista di Drakengard dei
folli: volevo creare una compagnia perversa in cui tutti sono deviati e
ingiusti. Volevo creare una storia su questa gente malata.”
Risulta
quindi evidente che Drakengard sia stato concepito fin dall’inizio come
un’esperienza spiacevole, frustrante e tediosa e ogni aspetto del gioco
riflette tale idea.
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Durante le sue apparizioni pubbliche Taro Yoko, director di Drakengard, indossa sempre una maschera modellata sulle fattezze di Emil, un personaggio della serie di NieR.
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Il
titolo, ambientato nell’apparentemente fittizia terra di Midgard, segue le
gesta di Caim, principe del regno caduto di Caerleon, unitosi ai Confederati,
un’alleanza di stati e provincie che tenta un disperato contrattacco contro l’inarrestabile
Impero: questo sembra essere in qualche modo connesso al misterioso Culto dei
Messaggeri e intenzionato a catturare Furiae, la sorella di Caim, che riveste
il ruolo di Dea del Sigillo. In battaglia, Caim è mortalmente ferito dai
soldati dell’Impero e imbattutosi in un drago nelle sue stesse condizioni,
decide, seppur memore della morte dei suoi genitori a causa di un drago nero,
di stringere un patto con la creatura; tale magia cura le loro ferite e lega le
loro anime, ma ha un prezzo: la voce di Caim. |
Caim, in fin di vita, si avvicina al drago.
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Come
già affermato, il protagonista e gli alleati che incontrerà durante la storia
sono tutte persone profondamente disturbate e spesso il prezzo dei patti
stretti con le rispettive creature magiche ha un risvolto ironico e crudele. Caim,
consumato dal suo desiderio di vendetta contro l’Impero, si rivela essere uno
spietato assassino, pronto ad uccidere uomini, donne e bambini se questo
significa raggiungere i suoi scopi; qualsiasi richiesta di mostrare pietà,
venga essa dai nemici del principe o dai suoi stessi alleati, rimane
inascoltata. Il suo mutismo, risultato del patto con il drago, che in qualsiasi
altro titolo sarebbe stato usato per rendere l’esperienza ancora più immersiva,
qui è uno strumento per celare i pensieri di Caim: per quanto possa essere
disturbante conoscere cosa gira per la sua mente, esserne quasi totalmente allo
scuro lo è ancora di più. Leonard è il primo dei personaggi che si uniranno a
Caim nella sua avventura, dopo la morte dei suoi fratelli per mano dell’Impero;
è ben presto rivelato che l’uomo è un pedofilo, isolatosi dalla società per non
soccombere alle sue tendenze deviate; il prezzo del suo patto, stipulato con
una fata che lo tormenta costantemente, è la vista, così che mai più possa
posare gli occhi sull’oggetto del suo piacere. Ben presto al gruppo si unirà
anche Arioch, una donna di razza elfica impazzita dopo la morte di suo marito e
dei suoi figli e datasi al cannibalismo; il prezzo del suo patto con gli
spiriti del fuoco e dell’acqua, Salamander e Undine, è il suo utero, così che
non possa mai più avere figli. Ultimo personaggio ad unirsi a questa compagnia
è Seere, un bambino di 6 anni in cerca della sorella gemella, Manah, dopo la
morte della madre; tale personaggio rappresenta, almeno parzialmente un’eccezione
alla perversione che accomuna gli altri membri del gruppo di Caim, ma la sua
innocenza e positività di fronte allo squallido e desolato mondo di Drakengard
è già di per se straniante; ossessionato dalle storie che la madre gli
raccontava, il prezzo del patto che stringe con un golem di pietra è il suo
tempo, così che non possa mai invecchiare, mantenendo le illusioni
dell’infanzia.
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Arioch durante il suo primo incontro con Salamander e Undine.
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Il
gioco è diviso in capitoli a loro volta suddivisi in versi, che rappresentano i
livelli giocabili. Il gameplay di Drakengard è diviso in due fasi
principali: il combattimento a terra e in aria. Il primo adotta uno stile musou
e consiste principalmente nell’uso di armi corpo a corpo e magie per
sconfiggere ondate di nemici che il gioco invierà contro il giocare; oltre a
Caim sarà possibile utilizzare Leonard, Arioch e Seere, ciascuno con le proprie
magie peculiari, per un tempo limitato; inoltre, laddove consentito, Caim potrà
chiamare il drago e cavalcarlo per liberarsi più velocemente dei mostri e dei
soldati affrontati, ma arcieri e maghi saranno in grado di far cadere il
principe, rendendo tale opzione inutile. Questa parte del gameplay risulta
incredibilmente frustrante a causa di un numero esorbitante di nemici da
affrontare, capaci anche di interrompere gli attacchi speciali del giocatore a
metà animazione, di una telecamera pessima, che non permette di essere riposizionata
manualmente, e da controlli di attacco che reagiscono il leggero ritardo, rendendo
il giocatore vulnerabile ad attacchi nemici. Il combattimento in aria, che
utilizza Caim a cavallo del drago, vede il protagonista affrontare oggetti e
creature volanti: il drago potrà lanciare ai nemici potenti sfere di fuoco
singole, o molteplici colpi più deboli, che però sono in grado di seguire i
bersagli agganciati. Sebbene tale fase del combattimento sia molto più
tollerabile, presenta anch’essa svariati problemi, come i già precedentemente
citati ritardi di input, la difficoltà nel riposizionare il drago durante le
battaglie o il numero elevato di punti vita di alcuni nemici. Sostanzialmente
il gameplay di Drakengard lo rende un’esperienza sconfortante e intollerabile. |
Caim a cavallo del drago.
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È
importante citare anche il sistema con cui sono ottenuti i cinque finali del
gioco: sebbene in molti altri titoli un sistema di finali multipli preveda
l’esecuzione di specifiche azioni, in Drakengard i finali vanno ottenuti
in maniera consecutiva; ad esempio, l’ottenimento del finale A è uno dei
fattori necessari per accedere ai finali B e C, insieme ad alcune azioni come
lo sconfiggere determinati boss in un tempo limite o mantenendo un certo numero
di punti vita. Tutto ciò culmina nei requisiti per il finale E, che richiede di
aver ottenuto tutte le armi presenti nel gioco: questo vuol dire che un
giocatore che non era a conoscenza di tale fatto, si ritroverà a dover
rigiocare molti livelli, per quanto tediosi possano essere. Altra differenza con
i classici finali multipli di altri giochi è che in Drakengard i più
difficili da ottenere sono anche i peggiori, in cui la storia prende pieghe
sempre più inaspettate, inquietanti e angoscianti, sfociando nell’horror
cosmico, fino poi a perdere totalmente il senso della logica. |
La bandiera dell’Impero.
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Le
ambientazioni sembrerebbero, almeno inizialmente, generici paesaggi di stampo
simil-medievale; tuttavia, i colori spenti e le atmosfere desolate che le
condiscono trasmettono un senso di oppressione ed ansia. Tali aree diventano
più creative ed originali man mano che si prosegue nel gioco e particolarmente
degna di nota è la Capitale Imperiale, in cui spiccano due alte torri simili a
grattacieli moderni: considerata la data di uscita di Drakengard, è
facile ipotizzare che tale scelta è volta a richiamare, consciamente o inconsciamente,
gli eventi dell’attentato terroristico al World Trade Center dell’11 settembre
2001. Se ciò può apparire agli occhi di alcuni come una semplice coincidenza,
basti pensare che lo stesso Taro Yoko ha affermato di considerare l’attentato
come l’evento principale che ha ispirato i temi di NieR Replicant e NieR
Gestalt, seguiti di Drakengard. |
La Capitale Imperiale.
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La
soundtrack del gioco è una cacofonia di suoni dissonanti, disgiunti e
ripetitivi, creata campionando spezzoni di pezzi di musica classica, quali
Quadri di un’esposizione di Mussorgskij, Il lago dei cigni di Tchaikovsky, Le
nozze di Figaro di Mozart e molti altri. L’unione di queste tracce produce una
musica caotica e confusionaria, che riflette perfettamente la caoticità del
campo di battaglia e della mente del protagonista, a scapito del giocatore, che
si ritroverà ad essere bombardato da un loop infinito di suoni irritanti. |
Caim fa strage dei soldati dell’Impero.
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Altro
elemento che contribuisce all’inquietudine trasmessa da Drakengard è la
sensazione che il gioco stesso osservi e giudichi le azioni del giocatore, in
quanto vero artefice delle stragi perpetrate da Caim. Tale sensazione è
principalmente percepita durante il gioco al livello implicito come somma di
tutti gli elementi sopracitati, ma talvolta, in alcune sezioni, tale intenzione
diventa più esplicita; i due esempi da citare sono una missione in cui gli
stessi menù di gioco cominciano a lanciare illazioni verso i soldati
dell’Impero e il finale E, in cui il gioco si rivela in pieno.
A
fronte di tutto ciò, è possibile affermare che Drakengard è
un’esperienza disturbante e inquietante al suo meglio e un’epopea tediosa,
frustrante e sgradevole al suo peggio, sia questo intenzionale o meno, che
presenta però una narrativa originale e stravagante; sebbene ciò voglia dire
che Taro Yoko sia riuscito a trasmettere il proprio messaggio, è anche vero che
questo si traduce in un gioco pessimo. Pertanto, nonostante i suoi pregi, non
mi sento di consigliare Drakengard a coloro che non hanno un’indole
particolarmente masochistica.
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