mercoledì 1 marzo 2023

Non parlare dei Messaggeri (Recensione "Drakengard")

“Un patto! Non ci resta altro! […] Degno o indegno, io voglio vivere! Disprezzami pure, ma io non morirò. Rispondi! Un patto… o la morte?”
 
È forse possibile per un medium trasmettere a pieno il proprio messaggio e raggiungere, senza dubbio alcuno, il proprio obiettivo ed essere comunque giudicato qualitativamente pessimo? Naturalmente il messaggio di fondo può risultare intrinsecamente negativo, ma se il modo in cui è utilizzato, rappresentato e trasmesso a coloro che usufruiscono del prodotto, quest’ultimo non può certo essere considerato scadente; non sarebbe forse una contraddizione?
Eppure, questo è proprio il caso di Drakengard, videogioco per PlayStation 2 sviluppato dalla Cavia e pubblicato in Giappone l’11 settembre 2003 (e in occidente nel 2004) dalla allora appena formatasi SQUARE ENIX. Il titolo segna il debutto nel ruolo di director di Taro Yoko, meglio noto per la serie di NieR, nata appunto come seguito di Drakengard; le sue parole sono essenziali per comprendere la natura del gioco:
 
“Era circa dieci anni fa, quando stavamo lavorando al primo Drakengard, che mi sono trovato a riflettere sul significato dell’atto di ‘uccidere’. A quei tempi, stavo guardando svariati giochi e vedevo dei messaggi che dicevano ‘Hai sconfitto 100 nemici!’ o ‘Hai eliminato 100 soldati nemici!’ in maniera quasi compiaciuta, ma quando ci ho ripensato a mente fredda, ho realizzato quanto sia strano compiacersi di aver ucciso cento persone. Voglio dire, se tu uccidessi cento persone saresti un serial killer; tutto ciò mi sembrava una follia. Per questo ho deciso di rendere il gruppo del protagonista di Drakengard dei folli: volevo creare una compagnia perversa in cui tutti sono deviati e ingiusti. Volevo creare una storia su questa gente malata.”
 
Risulta quindi evidente che Drakengard sia stato concepito fin dall’inizio come un’esperienza spiacevole, frustrante e tediosa e ogni aspetto del gioco riflette tale idea.
Durante le sue apparizioni pubbliche Taro Yoko, director di Drakengard, indossa sempre una maschera modellata sulle fattezze di Emil, un personaggio della serie di NieR.
Il titolo, ambientato nell’apparentemente fittizia terra di Midgard, segue le gesta di Caim, principe del regno caduto di Caerleon, unitosi ai Confederati, un’alleanza di stati e provincie che tenta un disperato contrattacco contro l’inarrestabile Impero: questo sembra essere in qualche modo connesso al misterioso Culto dei Messaggeri e intenzionato a catturare Furiae, la sorella di Caim, che riveste il ruolo di Dea del Sigillo. In battaglia, Caim è mortalmente ferito dai soldati dell’Impero e imbattutosi in un drago nelle sue stesse condizioni, decide, seppur memore della morte dei suoi genitori a causa di un drago nero, di stringere un patto con la creatura; tale magia cura le loro ferite e lega le loro anime, ma ha un prezzo: la voce di Caim.
Caim, in fin di vita, si avvicina al drago.
Come già affermato, il protagonista e gli alleati che incontrerà durante la storia sono tutte persone profondamente disturbate e spesso il prezzo dei patti stretti con le rispettive creature magiche ha un risvolto ironico e crudele. Caim, consumato dal suo desiderio di vendetta contro l’Impero, si rivela essere uno spietato assassino, pronto ad uccidere uomini, donne e bambini se questo significa raggiungere i suoi scopi; qualsiasi richiesta di mostrare pietà, venga essa dai nemici del principe o dai suoi stessi alleati, rimane inascoltata. Il suo mutismo, risultato del patto con il drago, che in qualsiasi altro titolo sarebbe stato usato per rendere l’esperienza ancora più immersiva, qui è uno strumento per celare i pensieri di Caim: per quanto possa essere disturbante conoscere cosa gira per la sua mente, esserne quasi totalmente allo scuro lo è ancora di più. Leonard è il primo dei personaggi che si uniranno a Caim nella sua avventura, dopo la morte dei suoi fratelli per mano dell’Impero; è ben presto rivelato che l’uomo è un pedofilo, isolatosi dalla società per non soccombere alle sue tendenze deviate; il prezzo del suo patto, stipulato con una fata che lo tormenta costantemente, è la vista, così che mai più possa posare gli occhi sull’oggetto del suo piacere. Ben presto al gruppo si unirà anche Arioch, una donna di razza elfica impazzita dopo la morte di suo marito e dei suoi figli e datasi al cannibalismo; il prezzo del suo patto con gli spiriti del fuoco e dell’acqua, Salamander e Undine, è il suo utero, così che non possa mai più avere figli. Ultimo personaggio ad unirsi a questa compagnia è Seere, un bambino di 6 anni in cerca della sorella gemella, Manah, dopo la morte della madre; tale personaggio rappresenta, almeno parzialmente un’eccezione alla perversione che accomuna gli altri membri del gruppo di Caim, ma la sua innocenza e positività di fronte allo squallido e desolato mondo di Drakengard è già di per se straniante; ossessionato dalle storie che la madre gli raccontava, il prezzo del patto che stringe con un golem di pietra è il suo tempo, così che non possa mai invecchiare, mantenendo le illusioni dell’infanzia.
Arioch durante il suo primo incontro con Salamander e Undine.
Il gioco è diviso in capitoli a loro volta suddivisi in versi, che rappresentano i livelli giocabili. Il gameplay di Drakengard è diviso in due fasi principali: il combattimento a terra e in aria. Il primo adotta uno stile musou e consiste principalmente nell’uso di armi corpo a corpo e magie per sconfiggere ondate di nemici che il gioco invierà contro il giocare; oltre a Caim sarà possibile utilizzare Leonard, Arioch e Seere, ciascuno con le proprie magie peculiari, per un tempo limitato; inoltre, laddove consentito, Caim potrà chiamare il drago e cavalcarlo per liberarsi più velocemente dei mostri e dei soldati affrontati, ma arcieri e maghi saranno in grado di far cadere il principe, rendendo tale opzione inutile. Questa parte del gameplay risulta incredibilmente frustrante a causa di un numero esorbitante di nemici da affrontare, capaci anche di interrompere gli attacchi speciali del giocatore a metà animazione, di una telecamera pessima, che non permette di essere riposizionata manualmente, e da controlli di attacco che reagiscono il leggero ritardo, rendendo il giocatore vulnerabile ad attacchi nemici. Il combattimento in aria, che utilizza Caim a cavallo del drago, vede il protagonista affrontare oggetti e creature volanti: il drago potrà lanciare ai nemici potenti sfere di fuoco singole, o molteplici colpi più deboli, che però sono in grado di seguire i bersagli agganciati. Sebbene tale fase del combattimento sia molto più tollerabile, presenta anch’essa svariati problemi, come i già precedentemente citati ritardi di input, la difficoltà nel riposizionare il drago durante le battaglie o il numero elevato di punti vita di alcuni nemici. Sostanzialmente il gameplay di Drakengard lo rende un’esperienza sconfortante e intollerabile.
Caim a cavallo del drago.
È importante citare anche il sistema con cui sono ottenuti i cinque finali del gioco: sebbene in molti altri titoli un sistema di finali multipli preveda l’esecuzione di specifiche azioni, in Drakengard i finali vanno ottenuti in maniera consecutiva; ad esempio, l’ottenimento del finale A è uno dei fattori necessari per accedere ai finali B e C, insieme ad alcune azioni come lo sconfiggere determinati boss in un tempo limite o mantenendo un certo numero di punti vita. Tutto ciò culmina nei requisiti per il finale E, che richiede di aver ottenuto tutte le armi presenti nel gioco: questo vuol dire che un giocatore che non era a conoscenza di tale fatto, si ritroverà a dover rigiocare molti livelli, per quanto tediosi possano essere. Altra differenza con i classici finali multipli di altri giochi è che in Drakengard i più difficili da ottenere sono anche i peggiori, in cui la storia prende pieghe sempre più inaspettate, inquietanti e angoscianti, sfociando nell’horror cosmico, fino poi a perdere totalmente il senso della logica.
La bandiera dell’Impero.
Le ambientazioni sembrerebbero, almeno inizialmente, generici paesaggi di stampo simil-medievale; tuttavia, i colori spenti e le atmosfere desolate che le condiscono trasmettono un senso di oppressione ed ansia. Tali aree diventano più creative ed originali man mano che si prosegue nel gioco e particolarmente degna di nota è la Capitale Imperiale, in cui spiccano due alte torri simili a grattacieli moderni: considerata la data di uscita di Drakengard, è facile ipotizzare che tale scelta è volta a richiamare, consciamente o inconsciamente, gli eventi dell’attentato terroristico al World Trade Center dell’11 settembre 2001. Se ciò può apparire agli occhi di alcuni come una semplice coincidenza, basti pensare che lo stesso Taro Yoko ha affermato di considerare l’attentato come l’evento principale che ha ispirato i temi di NieR Replicant e NieR Gestalt, seguiti di Drakengard.
La Capitale Imperiale.
La soundtrack del gioco è una cacofonia di suoni dissonanti, disgiunti e ripetitivi, creata campionando spezzoni di pezzi di musica classica, quali Quadri di un’esposizione di Mussorgskij, Il lago dei cigni di Tchaikovsky, Le nozze di Figaro di Mozart e molti altri. L’unione di queste tracce produce una musica caotica e confusionaria, che riflette perfettamente la caoticità del campo di battaglia e della mente del protagonista, a scapito del giocatore, che si ritroverà ad essere bombardato da un loop infinito di suoni irritanti.
Caim fa strage dei soldati dell’Impero.
Altro elemento che contribuisce all’inquietudine trasmessa da Drakengard è la sensazione che il gioco stesso osservi e giudichi le azioni del giocatore, in quanto vero artefice delle stragi perpetrate da Caim. Tale sensazione è principalmente percepita durante il gioco al livello implicito come somma di tutti gli elementi sopracitati, ma talvolta, in alcune sezioni, tale intenzione diventa più esplicita; i due esempi da citare sono una missione in cui gli stessi menù di gioco cominciano a lanciare illazioni verso i soldati dell’Impero e il finale E, in cui il gioco si rivela in pieno.
A fronte di tutto ciò, è possibile affermare che Drakengard è un’esperienza disturbante e inquietante al suo meglio e un’epopea tediosa, frustrante e sgradevole al suo peggio, sia questo intenzionale o meno, che presenta però una narrativa originale e stravagante; sebbene ciò voglia dire che Taro Yoko sia riuscito a trasmettere il proprio messaggio, è anche vero che questo si traduce in un gioco pessimo. Pertanto, nonostante i suoi pregi, non mi sento di consigliare Drakengard a coloro che non hanno un’indole particolarmente masochistica.
 
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