Nel mondo dell’horror il nascondere un segreto agli occhi estranei è una tematica che è stata affrontata in varie salse: basti pensare a tutte le storie dove una setta religiosa o la Chiesa stessa custodisca dei segreti esoterici o le storie dove il protagonista indaga sullo strano comportamento del vicino di casa. Anche il regista Ari Aster si è cimentato in questo topos narrativo con il suo primo lungometraggio "Hereditary", dove un’intera famiglia è costretta ad affrontare degli scheletri nell’armadio tenuti nascosti per molto tempo. Questo tema però era stato già trattato in parte dal regista all’interno di un cortometraggio di trenta minuti che lo vedeva debuttare alla regia, "The Strange Thing About the Johnsons" del 2011.
Presentato come lavoro di laurea all’AFI Conservatory, un’ala specializzata dell’American Film Institute, il film verrà poi proiettato nello stesso anno allo Slamdance Film Festival, un evento annuale dedicato alle produzioni indipendenti nonché palcoscenico per i nuovi talenti. Il corto in seguito verrà trapelato online ricevendo un successo immediato e dividendo subito il popolo del web a causa delle tematiche trattate.
L’idea alla base del corto era già stata discussa da Aster durante il suo primo anno all’AFI assieme ad alcuni suoi amici e compagni di corso, che in seguito lo aiuteranno nella realizzazione del film. Tra questi ricordiamo Paweł Pogorzelski, direttore della fotografia che aiuterà Aster anche in "Hereditary" e "Midsommar" e Brandon Greenhouse, che interpreta uno dei personaggi principali.
Protagonisti del corto sono i Johnson, una classica famiglia afroamericana medio-borghese che nasconde un terribile segreto: il capofamiglia, il poeta e scrittore Sidney Johnson (interpretato da Billy Mayo), è coinvolto in rapporto incestuoso con suo figlio Isaiah (interpretato da Brandon Greenhouse).
Fin da subito notiamo come la sceneggiatura e in particolare i personaggi siano scritti in modo da rendere incredibilmente reale una situazione ai limiti del grottesco. Isaiah si comporta come il tipico aguzzino, sempre pronto a mortificare e colpevolizzare il padre degli abusi che gli perpetra, in modo da trovare sia una giustificazione per le sue azioni, sia per tenerlo sempre vicino in modo che non possa sfuggire al loro rapporto malato.
Sidney, complice anche l’ottima performance di Billy Mayo, si trasforma dal padre amoroso e comprensivo dei primi minuti del film, in un uomo distrutto nell’animo e nella psiche, che si chiede che cosa possa aver sbagliato per finire in una situazione del genere e che è ormai talmente intimorito dal figlio da non riuscire neanche a confessare le violenze subite, se non mettendole su scritto nel suo romanzo autobiografico Cocoon Man. La sua depressione si aggraverà sempre più nel corso della pellicola fino a portarlo, dopo aver subito l’ennesima violenza dal figlio, a una fuga disperata alla fine della quale lo attenderà solo la morte.
Anche la madre Joan (interpretata da Angela Bullock) merita una menzione importante. Nonostante sappia del rapporto incestuoso infatti, la donna decide di mantenere il silenzio e tenere la faccenda all’oscuro, in parte per proteggere la reputazione della famiglia agli occhi del vicinato, in parte per mantenere un’apparente normalità nella casa. Ciò lo si nota in una scena del corto dove decide di alzare il volume della televisione per coprire le urla del marito mentre viene violentato dal figlio. Questa ricerca morbosa della normalità non porterà altro che a un’esplosione di violenza nel finale, dove la madre ucciderà il figlio per poi bruciare l’unica copia scritta di Cocoon Man, seppellendo così il terribile segreto una volta per tutte.
Da un punto di vista registico notiamo fin da subito l’abilità di Aster nel costruire la tensione e questo lo si nota soprattutto nella scena dove Isaiah cerca di entrare nel bagno poco prima di violentare il padre per l’ultima volta. Non c’è alcun accompagnamento musicale, fatta esclusione per l’audiolibro che Sidney sta ascoltando in cuffia. La telecamera all’inizio inquadra Isaiah che bussa con calma la porta, come se volesse solo parlargli, per poi limitarsi a inquadrare il pomello della porta che comincia a esser forzata da Isaiah, il cui tono di voce, prima calmo e rilassato, comincia ad alzarsi e diventare sempre più rabbioso mentre cerca di chiamare il padre. Solo a quel punto Sidney si toglierà le cuffie, accorgendosi troppo tardi di quello che sta per succedere di lì a pochi attimi. La scena si conclude quindi con Isaiah che sfonda la porta e con la telecamera che si avvicina sempre più al volto urlante di Sidney, totalmente indifeso e ormai nelle grinfie del suo aguzzino.
"The Strange Thing About the Johnsons" è insomma un ottimo cortometraggio che consiglio per chi ha intenzione di approfondire la cinematografia di Ari Aster dopo aver visto "Hereditary" e "Midsommar".
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