I serpenti. Creature affascinanti e sinistre, che fin dall’alba dei tempi suscitano un grande terrore nell’essere umano. Il film di cui parliamo oggi è, a tutti gli effetti, il più amato e rappresentativo tra quelli con protagonisti questi misteriosi e bellissimi rettili striscianti. Una piccola perla che, sicuramente, ogni appassionato del genere non si è fatto sfuggire: “Anaconda”, un film del 1997 diretto dal peruviano Luis Llosa. “Anaconda” è un vero e proprio cult, un film molto amato dagli appassionati ma conosciuto anche dal pubblico meno avvezzo al genere horror. Merito soprattutto del suo gustoso mix tra horror e avventura vecchio stampo e di un cast d’eccezione, comprendente alcune star ancora oggi lanciatissime. Fu un film che incassò molto bene al botteghino e che, nonostante le critiche non proprio entusiastiche, fu elogiato per la qualità degli effetti speciali e per il divertimento che offriva. Il successo di questo film permise una vera e propria rinascita per il genere beast-movie, anche per quanto riguarda la qualità (solo due anni dopo uscirono “Lake Placid” di Steve Miner e “Blu Profondo” di Renny Harlin, ed è innegabile che la produzione di queste due pellicole sia stata possibile anche grazie al serpentone amazzonico).
Col passare del tempo, però, Sarone rivelerà la sua natura aggressiva e dispotica, creando non pochi problemi all’interno della troupe. Non solo, la vera intenzione di Sarone è quella di trovare e catturare un mostruoso esemplare di anaconda lungo 12 metri e affamato di carne umana. L’uomo farà di tutto per raggiungere il suo obiettivo, mettendo in serio pericolo la vita dei membri della troupe. Quando i protagonisti si troveranno faccia a faccia con il mostruoso serpente inizierà una spietata lotta per la sopravvivenza.
“Anaconda” funziona e diverte ancora oggi sotto tantissimi punti di vista. Innanzitutto, come già detto, è un film che, più che all’horror puro, si rifà ai classici film avventurosi anni ’50, in cui il viaggio e l’esplorazione di luoghi esotici e misteriosi la facevano da padrona (la troupe cinematografica in mezzo alla giungla ricorda il “King Kong” del 1933). Miscelando il tutto con un gran ritmo, forti scene di tensione e palesi richiami al capolavoro da cui tutto ha avuto inizio, “Lo Squalo” di Steven Spielberg, Llosa confeziona un film scorrevole, avvincente e appassionante; ciò ha permesso alla pellicola di raggiungere un pubblico piuttosto vasto e di risultare godibile e non troppo estrema anche per i ragazzini, un po' come fece sette anni prima il più conosciuto e apprezzato “Tremors”. Di sangue e scene truculente nemmeno l’ombra, anche perché l’anaconda, a differenza di squali, coccodrilli o piranha, non lacera la carne facendo a pezzi il malcapitato di turno con denti affilati e morsi spaccaossa, ma ha un metodo di caccia (lo stritolamento e la conseguente digestione delle prede intere) che di per sé non dà molto spazio a sequenze particolarmente splatter. E parlando proprio del serpentone protagonista del film, che dire? Ci troviamo davanti ad una creatura maestosa, potente e inarrestabile. Un predatore strisciante lungo 12 metri, perfettamente fedele nell’estetica e nei colori ai meravigliosi anaconda verdi che popolano il Sud America. L’anaconda di questo film è spietata, veloce e potente (la vediamo addirittura attaccare una pantera nera).
Il serpente è realizzato divinamente grazie ad un bellissimo animatronic (spaventosamente realistico) e all’uso non esagerato di una computer grafica ancora oggi funzionale, adoperata solo nei momenti in cui è necessario rendere la creatura robotica più scattante e fluida. Da manuale e particolarmente inquietanti sono i versi emessi dall’anaconda, delle urla acute dietro le quali si nasconde il genio di Frank Welker, leggendario doppiatore specializzato nel dare la voce ai mostri e alle creature più svariate (per citarne un paio, alcuni Gremlins negli omonimi due film di Joe Dante e i cuccioli di Godzilla nel remake di Roland Emmerich).
Ma il vero mattatore del film è senza dubbio lui: lo spietato Paul Sarone, interpretato da un monumentale Jon Voight. Sarone è un personaggio ambiguo, folle e spietato, un bracconiere che farà di tutto per raggiungere il suo obiettivo e che rivelerà man mano la sua vera natura, mettendo a rischio la vita dei protagonisti. Un personaggio viscido e imprevedibile, ancora più pericoloso dell’anaconda stessa, una specie di Capitano Achab che cerca disperatamente di catturare la sua Moby Dick (c’è addirittura una scena di tentata cattura dell’anaconda che coinvolge un arpione). Voight è perfetto e dona carisma e ambiguità al personaggio, grazie alla sua espressività e ai suoi sguardi da pazzo che riescono a mettere subito in guardia lo spettatore. Un plauso va anche al doppiaggio del grande e compianto Cesare Barbetti, una voce meravigliosa che riesce a restituire tutta la perfidia del personaggio di Sarone.
Pur essendo un film di puro intrattenimento, “Anaconda” non risparmia qualche piccolo messaggio ecologista. Si parla del rispetto per la natura e gli ecosistemi, del patrimonio e dell’importanza incredibile dell’Amazzonia e viene criticata l’avidità dell’uomo che cerca di sfruttare la natura e gli animali per trarne profitto (tema incarnato dal personaggio di Sarone). Sono piccoli temi che rimangono timidamente in superficie ma che fanno capolino di tanto in tanto e che, oggi, sono più attuali che mai.
ARTICOLO DI
RICCARDO FARINA
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