Edgar Allan Poe è l’autore horror più importante assieme a Howard Philips Lovecraft in campo letterario. La sua vasta produzione di racconti e il romanzo “Le avventure di Gordon Pym”, oltre ad influenzare gli autori successivi, hanno portato alla nascita di veri e propri generi letterari, come il poliziesco o il thriller psicologico.
Uno dei suoi racconti più conosciuti è “Il cuore rivelatore” (titolo originale “The Tell-Tale Heart”), pubblicato per la prima volta nel 1843 sulla rivista “The Pioneer: A Literary and Critical Magazine”. Il racconto era anticipato da un’epigrafe, poi tolta nelle edizioni successive, che citava una poesia di Henry Wodsworth Longfellow, “A Psalm of Life”.
Il racconto, narrato in prima persona, incomincia in medias res con una confessione del protagonista, che è anche narratore della vicenda. Non si sa nulla di lui, se non che è abbastanza giovane e che si è macchiato di un terribile crimine: l’uccisione di un vecchio. Già da questo incipit notiamo i due punti di forza nonché colonne portanti del racconto: il mistero e l’inaffidabilità dell’autore.
Illustrazione di Harry Clarke del 1919 |
La storia raccontata infatti manca di alcuni elementi che costringono il lettore a ricorrere alla propria immaginazione o a trarre le proprie conclusioni. Non sappiamo chi sia l’interlocutore a cui si rivolge il narratore, a parte una semplice descrizione della casa del vecchio, non abbiamo alcuna indicazione geografica, il protagonista potrebbe non soffrire di ipersensibilità nervosa, poiché non ci sono abbastanza dettagli a riguardo, e i suoni che afferma di sentire potrebbero essere frutto della sua immaginazione.
Lo stile di scrittura, caratterizzato da tante frasi brevi a volte spezzate da degli incisivi e con varie ripetizioni, ci fa comunque capire che il protagonista è teso e sta cercando di convincere il suo interlocutore di non essere pazzo e di aver compiuto l’omicidio in completa lucidità. Per dimostrare ciò, descrive nei minimi dettagli tutta la dinamica dell’omicidio, compreso l’occultamento del cadavere, ma la razionalità costruita dalla cura dei particolari crolla nel finale, quando, preso forse dal senso di colpa che gli farà sentire il battito del cuore del vecchio, confesserà il delitto e davanti all’irrazionalità del movente.
Una scena del corto del 1928 |
La causa scatenante dell’omicidio infatti non è altro che l’occhio ceruleo del vecchio, il cui sguardo cattivo causa timore nel protagonista. Poiché non sappiamo nulla sul legame che c’era tra il protagonista e il vecchio, il lettore è costretto a trarre le sue conclusioni: se il protagonista fosse un semplice servo che si prendeva cura del vecchio, l’occhio potrebbe rappresentare lo sguardo di un padrone troppo severo che il servo uccide per esasperazione, se invece fosse il figlio, l’occhio rappresenterebbe l’imposizione paterna su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (e infatti, “l’occhio di avvoltoio” è un archetipo paterno) e quindi, uccidendo il vecchio, il protagonista uccide anche la sua coscienza.
Secondo il poeta Richard Wilbur, l’interpretazione più veritiera è da ricercare nel “Sonetto alla scienza” scritto dallo stesso Poe. Nella poesia la personificazione della scienza viene descritta con un occhio penetrante che trasmuta ogni cosa e come un avvoltoio che dilania il cuore del poeta. Se si seguisse il poema quindi, il vecchio rappresenterebbe la mente razionale e scientifica mentre il protagonista la mente immaginativa.
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