Being with you and not being with you is the only way I have to measure time.
― Jorge Luis Borges
Ricominciare da capo è un po’ come tornare indietro nel tempo. Tornare indietro nel tempo ci permetterebbe di ripetere un’esperienza per cercare di modificarla anche in accordo al nostro gusto personale. Investire un secondo tempo, per raggiungere un secondo obiettivo, potrebbe sembrare una pratica noiosa e deleteria, monotona, tediosa e controproducente. Ricominciare da capo è un po’ soporifero, a volte spiacevole e per taluni insopportabile. Ricominciare da capo è anche indispensabile: dalle prove d’orchestra, alle prove di regia, fino al seminfinito ripetersi della narrazione: musicale come nei leitmotif e nelle arie da capo, o scenica, quando il disegno della trama ripercorre le geometrie temporali del cerchio.
In questo contesto multiuniversale letterario e fantascientifico, l’orizzonte degli eventi diviene un banalissimo vettore complesso dello spazio di Hilbert ed è piuttosto facile controllarlo e manipolarlo a proprio piacere, distruggerlo se volete. Facendo riferimento ai paradossi di autoreferenzialità o ai Teoremi di Incompletezza di Gödel, è possibile ipotizzare, per esempio, che, nel sistema di riferimento solidale all’orizzonte degli eventi stesso, esistano uno o più vettori di Ψn associati all’osservazione di tale orizzonte in grado di ridescrivere il continuum, come se più orizzonti fossero in realtà sovrapposti in modo tale da lasciare alla prospettiva il compito della risoluzione della trama la quale assume così le caratteristiche geometriche dell’interuniverso di Mochizuki.
Affrontare il principio inesorabile dell’orizzonte degli eventi vuol dire sia iniziare a fare i conti col determinismo cinico e sadico del Primo Atto, sia terminare i conti con il suo epilogo ne l’Ultimo? Atto, in cui ho cercato di evidenziare i confini fisici e i contorni razionali di tale orizzonte fisico/letterario... d’altra parte, manipolare tale principio, plagiarlo alla prosa, è adesso anche un’arte fantamilitare, che dal 2020, grazie a Christopher Nolan e il suo TENET, ha un nome: manovra a tenaglia temporale, degno aggiornamento sul trattato de l’Arte della Guerra di Sun Tsu.
In contrasto, la scuola tedesca di Baran bo Odar e Jantje Friese ha deciso, invece, di distruggere questo orizzonte con il finale della serie Dark (2017-2020), in cui due dimensioni parallele, associate ed evolute a partire dalla creazione della macchina del tempo, si coalizzano con successo per fermare la realizzazione della singolarità tecnologica stessa mentre due diverse società segrete di viaggiatori del tempo, ognuna nella propria dimensione, perseguendo ognuna i propri ideali, darà origine al più complicato albero genealogico mai apparso sullo schermo televisivo quale eco della genesi biblica.
• Nella prima categoria è possibile associare tutte le storie che seguono la canonica traiettoria temporale lineare ed euclidea, con un inizio ed una fine ben distinti, o tendenti linearmente ad infinito. In queste storie lo sviluppo della trama può essere una linea, una retta o una semiretta.
I punti di vista dei personaggi possono essere rappresentati da segmenti, più o meno lunghi. Queste timeline giaciono sullo stesso piano.
Le storie su piani privi di curvatura sarebbe caratterizzato da un DT K-rad < 0. Ogni dimensione nella storia può essere rappresentata da un n-simo piano immaginario. Un eventuale retta di intersezione tra due o più piani rappresenterebbe un’orizzonte degli eventi immutabile. Tanto maggiore è il numero di piani, tanto più negativo risulta il DT K-rad associato a questa storia (DT K-rad = -∑n).
In questa categoria narrativa, il viaggio nel tempo potrebbe essere rappresentato dalla retta di intersezione tra due piani, ma la singolarità ad essa associata risulta immutabile nel tempo. In accordo al teorema delle intersezione dimensionali non troveremo paradossi formali per intersezioni singole, e di conseguenza nessun timeloop. (DT K-rad < 0).
• Nella terza categoria, appartengono le storie in timeloop, storie in cui l’inizio coincide con la fine. Questa curvatura risulterebbe essere generata da una o n-sime singolarità che permetterebbero una serie infinita e ciclica di eventi sempre identici o quasi identici, in cicli che si ripetono ad infinitum (DT K-rad = ∑n). Ne sono esempi: 12 Monkeys di Terry Gillian (1995), Lost Highway di David Lynch (1997), Donnie Darko di Richard Kelly (2001), Timecrimes di Nacho Vigalondo (2007), Looper di Rian Johnson (2012), The Endless di Justin Benson (2017), etc...
• La quarta e ultima categoria, presuppone e ipotizza un numero potenzialmente infinito di singolarità, in grado di alterare l’interpretazione del finale della storia ad ogni nuova visione prospettica associata all’orizzonte degli eventi. In Tenet, per esempio, l’invenzione scenica dell’entropia invertita ha permesso: sia il viaggio a ritroso nel tempo, sia la possibilità pratica, per l’autore e per lo spettatore, di riscrivere il finale della storia a proprio piacere. In questo contesto la sovrapposizione delle singolarità coincide con l’intersezione di piani infiniti, generando uno spazio tridimensionale sferico (DT K-rad = ∞).
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