Quando “King Kong” (1933), che abbiamo recensito qui, venne ri-distribuito nelle sale americane, lo scrittore americano Ray Bradbury scrisse il soggetto per un film poi diretto dal regista francese Eugène Lourié, ossia “Il Risveglio del Dinosauro” (1953). Il film è un precursore della fantascienza e dei film di mostri in città. Inoltre, ha avviato quella che in seguito diventerà la Trilogia dei Dinosauri, completamente diretta da Lourié. Il dinosauro protagonista venne costruito dalla leggenda degli effetti speciali in stop motion, Ray Harryhausen che realizzò persino gli effetti passo a uno per i dinosauri e lo scimmione Kong nel film del ’33, accanto alla supervisione di Willis O’Brien. Visto il successo di pubblico, fu di ampia influenza per il regista giapponese Ishirō Honda con il suo film più celebre e iconico “Gojira” (1954), già trattato sul sito, conosciuto anche come “Godzilla - Il Re dei Mostri” (1956), versione americana con protagonista Raymond Burr. Stavolta per gli effetti speciali fu un mimo a indossare il costume del mostro e in alcune altre dei modellini passo a uno a impersonare il mostro. Il film di Honda fu clamoroso per tutto il mondo e per il Giappone stesso poiché rappresentava i pericoli della temibile bomba atomica, anche se esagerati con l’aggiunta del mostro. Dopotutto, erano passati solo 9 anni dal bombardamento atomico sulle città di Hiroshima e Nagasaki, perciò una critica sul nucleare più che giustificata. Una menzione onorevole è la versione italiana colorizzata con la tecnica definita Spectorama 70 del film di Honda, curata dall’ammiratore dei film di mostri e regista italiano Luigi Cozzi. Quest’ultimo ha rimontato alcune scene, aggiungendone delle nuove e addirittura una colonna sonora di Frizzi-Bixio-Tempera. Il film venne sarcasticamente soprannominato dai fan “Cozzilla”, per onorare il nome del regista. Naturalmente, dopo l’enorme successo di “Godzilla”, molti registi portarono nelle sale numerosi seguiti ufficiali, dalle sceneggiature sempre più prevedibili, e imitazioni più o meno accettabili. La Trilogia dei Dinosauri non è legata canonicamente l’uno con l’altro ma hanno in comune un unico filo conduttore: dinosauri, che per una ragione o per un’altra, vengono destati dalla loro ibernazione e distruggono irrimediabilmente città. Il secondo capitolo della trilogia è “Il Drago degli Abissi” (1959), con la co-regia di Douglas Hickox. Meno iconico del precedente per via di ricchi rimandi al film di Honda e a “Il Mostro dei Mari” (1955), che presentava anch’esso degli spunti simili a “Godzilla”.
Passano 2 anni e Lourié conclude la Trilogia dei Dinosauri con, personalmente parlando, il migliore dei tre, ossia “Gorgo” (1961). Il regista, che ha scritto anche il soggetto, stavolta ci delizia con una pellicola in technicolor, rispetto alle altre due volte con i precedenti capitoli della serie. Un intenso e acceso technicolor. Come era prevedibile pensare, anche “Gorgo” è un altro clone di “Godzilla”, non a caso inizialmente doveva essere ambientato proprio in Giappone. Per non scadere nelle banalità, il regista ambienta il film nelle Isole Britanniche (Irlanda e Londra principalmente). Si può considerare la risposta britannica che però risulta decisamente più grandiosa del film giapponese, anche per i mezzi a disposizione che sono progrediti col passare del tempo.
La storia parla di due marinai, di cui uno dei due è interpretato da William Sylvester (che interpretò il ruolo del dottor Heywood Floyd nel capolavoro “2001: Odissea nello Spazio” (1968) di Stanley Kubrick), e un bambino del posto che scoprono un’antica e gigantesca creatura sulle coste dell’Irlanda. Il loro scopo è di catturarla per venderla e mostrarla in un circo di Londra. Ci saranno colpi di scena sapientemente inseriti che sorprenderanno lo spettatore. Quando si passa alla visione del film, non è difficile pensare che si tratti di un mix tra “Il Mondo Perduto” (1925), “King Kong” e “Godzilla”. Una combinazione senza dubbio indovinata e suggestiva. Se la pellicola di Honda era una critica all’atomica, questa prende tutt’altra piega: quella commerciale e della spettacolarizzazione per stupire quanto più possibile lo spettatore che, ormai, era abituato a questo genere. Alcuni passaggi della sceneggiatura saranno d’ispirazione e inseriti nel terzo capitolo della serie “Lo Squalo 3” (1983). Ispirato dalla figlia del regista che pianse, il finale venne cambiato rendendolo più innovativo rispetto ai numerosi film di mostri, che finivano tutti allo stesso modo.
Si rimane colpiti dai complessi effetti speciali e dall’immensa creatura nelle sequenze di distruzione dei modellini in scala. Esattamente come accadde per “Godzilla”, anche in questo caso il mostro è, per così dire, interpretato a tutti gli effetti da un attore e stuntman, Mick Dillon, con un costume veramente ben realizzato. Probabilmente, un design più spaventoso del mostro giapponese. È stata anche ripresa la stessa tecnica usata nel film di Honda, ovvero girare le sequenze di distruzione con delle dispendiose camere ad alta velocità per rallentarle e renderle più drammatiche. Ragione per cui la pellicola venne, addirittura, considerata per una possibile candidatura agli Oscar come Migliori Effetti Speciali. Celebre del Re dei Mostri è il suo raccapricciante ruggito, stessa prerogativa se non più impressionante è quello di Gorgo. Unico difetto, che potrebbe dare un po’ fastidio a chi lo guarda, è l’inserimento di alcuni inserti di scene di militari e caccia torpedinieri che tentano di attaccare e sopprimere la creatura che, in ogni caso, risultano inseriti con giudizio dove devono e servono nel montaggio.
Tuttavia, c’è da dire che è un film rimasto nell’immaginario collettivo, anche se molto meno rispetto al film di Honda. Vi sono alcuni registi che ne sono fan, tra cui John Landis e Joe Dante. Quest’ultimo l’ha omaggiato in “The Hole” (2009), quando uno dei protagonisti guarda la televisione e cambiando canale s’imbatte proprio in “Gorgo”.
Da menzionare è il film giapponese “Gappa – Il Mostro che Minaccia il Mondo” (1967) che si può considerare una sorta di rifacimento alquanto scarso del film di Lourié. Disonorevole da menzionare, invece, è una tattica italiana commerciale piuttosto bizzarra, che fu di sfruttare il nome “Gorgo” a loro vantaggio ri-distribuendo e ri-montando “Il Figlio di Godzilla” (1967), omettendo le parti in cui protagonisti citano “Godzilla” nei dialoghi e cambiando, inventando di sana pianta, nomi di attori, regista e troupe. “Il Ritorno di Gorgo” (1969) è una trappola per imbrogliare gli spettatori davvero meschina e inefficace. Statene alla larga, mi raccomando.
Tornando al cult britannico, “Gorgo” si rivela essere una gradevole e scorrevole pellicola di puro intrattenimento che, nonostante i suoi 59 anni d’età, resta sicuramente imbattuta dai film usciti successivamente almeno fino a quando non è giunto il “Godzilla” (2014) di Gareth Edwards. Benché ciò, “Gorgo” rimane il più originale del suo genere ed è un film che Hollywood si sognerebbe oggi giorno.