Una grossa fetta della produzione artistica cinematografica è rappresentata dai film di arti marziali. Scontri ritmati e battaglie sofisticate mettono in scena le qualità fisiche e recitative degli attori. L’esercizio figurativo della lotta è solo un pretesto. In questi film, il conflitto marziale è semplicemente una chiave di lettura. L’origine delle sfide, e la natura stessa del conflitto, risiede in una dimensione molto più interiore. Il dojo è sempre stato il luogo dove praticare ed apprendere la millenaria Arte di Marte, una “Stanza dello Spirito e del Tempo”, qui in forma digitale, dove riassumere, attraverso un approccio ecdotico, trattazioni di oplologia derivate rispetto alla funzione artistica.
La cinematografia artistico-marziale inizia nel Giappone 1943 con Sanshiro Sugata di Akira Kurosawa. Da qui il suo climax, fino alla sua diffusione massima dalla Cina con Bruce Lee, già discepolo di Yip Man, che, dopo una serie di apparizioni cinematografiche in età adolescenziale, ricoprirà il ruolo di protagonista nel 1971 con The Big Boss. Bruce era già uno shifu, ossia maestro della sua scuola di arti marziali, il Jeet Kune Do (JKD, la Via del colpo che intercetta), via sincretica d’arte marziale non tradizionale, con proprie tesi filosofiche e scientifiche attorno al combattimento essenziale, e quindi minimalista, che ha unito gli insegnamenti di moltissisime koryu (stile fondatore di una determinata scuola di arti marziali). Partendo dal Wing Chun, il quale procede dallo stile Shaolin e Wudang, Lee arriverà ad integrare nel JKD sia la scherma, che il pugilato, oltre che a numerosi jujutsu eseguiti sempre in epiche teatralità, le quali hanno ispirato numerosi tributi che, ancora oggi, il prode budoka riceve, non soltanto in ambito letterario e cinematografico, ma anche nelle piattaforme di gioco.
Nel JKD è possibile ritrovare le stesse istanze minimaliste e micidiali che il kensei Miyamoto Musashi attribuiva all’arte della spada, giungendo a descrivere l’essenza paradossale dello stile-senza-stile. Il processo della ricerca minimalista in grado di soddisfare i desideri essenzialistici é tipico di tutte le discipline professionali di arti marziali, sia armate che a corpo libero, ed è stato sempre un metodo di trasmissione ed insegnamento per ogni koryu. L’estreme potenzialità del JKD sono conosciute in tutto il mondo grazie al video del Torneo di Long Beach del 1967 in cui Lee si esibisce in un combattimento a corpo libero bendato, per poi eseguire flessioni sulle dita! Guardando il video si intuisce da dove lo stile rappresentativo artistico-marziale ha tratto ispirazione, esibendosi negli shonen jump, fino ad arrivare a Quentin Tarantino ed il suo Kill Bill.
In entrambi i casi, e in molti più contesti, compare, non di rado, una tecnica, rigorosamente esibita sul finale, in grado di segnare definitivamente la fine di qualsiasi disputa fisica con la morte dell’avversario. È il colpo proibito, di tradizione prettamente orale, che annienta qualsiasi nemico, conosciuta dai giocatori di Mortal Kombat con il nome di fatality, o più semplicemente Ansatsuken (pugno assassino), quando il colpo è sferrato con un pugno.Al colpo finale dei combattimenti mortali rappresentati in cinematografia, è possibile, a volte, associare una koryu realmente esistente, e che ha, forse, suggerito all’autore la creazione di un’arte marziale immaginaria e fantastica, in grado di descrivere l’esecuzione dell’estremo gesto. La maggior parte delle volte è una tecnica che esiste solo nell’immaginario mitico e fantastico, altre volte, invece, si attiene alle leggi della fisica ed è per questo motivo, in teoria, riproducibile, e vedremo come.
Iron Fist- illustrazione originale di Philippe Bertrand (bashi.buzuk)
Tra le tecniche a corpo libero più feroci e brutali possiamo sicuramente annoverare le tecniche che vengono definite di esplosione, che prevedono la distruzione totale o parziale del sistema circolatorio. Tra le più famose caratterizzate da un alto flusso emoglobinico, vi è certamente la scuola di Hokuto (Hokuto Shinken, o Pugno Sacro dell’Orsa Maggiore) in Hokuto No Ken, Fist of the North Star di Tetsuo Hira nel 1983, che prevedeva l’esplosione dell’intero corpo a seguito del colpo di grazia: una combinazione di colpi assestati in particolari punti del corpo. Questi punti sono distribuiti sul corpo secondo l’aspetto della costellazione che dà il nome alla scuola; mentre, nella pratica reale rappresenterebbero zone del corpo altamente sensibili del sistema nervoso periferico, come le congiunzioni di innervazione muscolari, o le giunture muscolo-scheletriche.
Tali punti non sono interruttori che se colpiti causano l’esplosione dei tessuti, ma possono arrecare gravi debilitazioni temporanee. Tali punti chiamati kyūsho, o meridiani, sono elencati in tutti i manuali di agopuntura, in medicina tradizione orientale e nell’Ayurveda. Nel 1960 questi punti del corpo vennero associati all’Ansatsuken il quale inizia ad essere menzionato nei racconti di arte marziale cinese (wuxia) con il nome di Dim Mak, o tocco della morte. In seguito, agli inizi del 1980, anche negli Stati Uniti viene presentata l’arte marziale di Okinawa: il Ryū-te, dal Ryukyu Kempo, anch’esso caratterizzato da colpi che mirano ai punti deboli del corpo umano: kyusho jutsu.
Iron Fist - illustrazione originale di Philippe Bertrand (bashi.buzuk)
Un’altra famigerata koryu dell’animazione che bersaglia tali punti è l’Hakkioku-Ken di Akira Yuki nella platform arcade Virtua Fighter del 1993. Conosciuta anche in Cina, con il nome di Bajiquan, questa koryu, di seconda generazione, successiva al Wudang, sviluppatasi nel XIX secolo, possiede tecniche che sono in grado di avvicinarsi di molto alla tecnica dell’esplosione. L’Ansatsuken è anche conosciuto in un secondo stile diretto dal Wudang: il Baguazhang o Hakkeshou, anch’esso adoperato da molti maestri dell’arte assassina in molti game set.
Una delle prime koryu che ha utilizzato più di tutte tale tecnica, soprattutto in tempi di guerra, è, forse, il Daito-ryu Aiki Jujutsu, antenato dell’Aikido, codificata segretamente più di mille anni fa da Shinra Saburo Minamato no Yoshimitsu. Il Daito-ryu era un’arte marziale letale. Secondo la leggenda, il fondatore avrebbe dissezionato i cadaveri trovati nei campi di guerra per scoprire i punti vitali di pressione. Il nipote di Yoshimitsu cambierá nome alla famiglia: i Takeda, la quale progenie collocatasi ad Aizu si rivelerà protagonista delle successive guerre di successione, fino a culminare nel 1868 con la tragica fine della squadra Byakkotai, la fine dello shogunato e l’inizio dell’era dinastica imperiale.
Anche Quentin Tarantino ha reso famoso tale colpo nel suo Kill Bill, fornendone una variante fantastica con il Five Point Palm Exploding Heart Technique esibita: dal truce maestro Pai Mei in una scena eliminata dalla pellicola, e dalla protagonista sul finale. Rappresentata da una serie di potenti colpi sferrati con la punta delle dita in cinque diversi punti di pressione localizzati attorno al cuore, tale tecnica causerebbe l’esplosione del muscolo cardiaco al termine di cinque passi compiuti della vittima dopo aver subito tale colpo.
L’anatomia e la fisiologia si sono domandate se sia possibile, per un comune essere umano, eseguire un colpo mortale con il pugno e la risposta è chiaramente affermativa. Possibile in teoria, ma quasi impossibile da realizzare nella pratica. Il fenomeno fisico associato all’Ansatsuken è la commotio cordis che consiste nella distruzione irreversibile del ritmo cardiaco e conseguentemente la morte del soggetto. Un colpo diretto alla zona del precordio, la parte anteriore del torace, posteriore allo sterno e in corrispondenza del cuore, che giace in prossimità tra la seconda e la quarta costola alla sinistra dello sterno, è in grado di causare la morte dello sfortunato se sferrato con un energia sufficiente e non inferiore ai 50 Joule, e se e solo se, il momento dell’impatto coincide con il tempo critico del ciclo ritmico cardiaco precedente all’onda T della diastole ventricolare, ossia la ripolarizzazione dei ventricoli durante l’intervallo QT dell’elettrocardiogramma, in una finestra temporale di 10-30 millisecondi. Il fenomeno è stato studiato e confermato sperimentalmente in Germania negli anni trenta attraverso una ricerca su conigli, gatti e cani anestetizzati.
Questo brevissimo intervallo di tempo a disposizione per l’esecuzione spiega come mai questo evento è fortunatamente molto raro, anche se condizioni preesistenti di tachicardia (incremento della frequenza cardiaca), ischemia (riduzione del flusso sanguigno) o ipoxia (ridotta ossigenazione dei tessuti) possono aumentare le probabilità di successo. Il defibrilatore automatico esterno è in grado di aumentare le possibilità di soppravvivenza alla commozione del precordio, ma solo se eseguita entro tre minuti dall’evento. Per questo motivo l’ILCOR (International Liaison Committee on Resuscitation) ha raccomandato a tutti gli istituti scolastici e sportivi di munirsi di tale dispositivo e di personale specializzato nella resurrezione cardiopolmonare.
Iron Fist - illustrazione originale di Philippe Bertrand (bashi.buzuk)
Secondo uno studio pubblicato nel 2009 dallo Sports Health, condotto da Palacio L.E. e Link M.S., l’età più critica per la commotio cordis è quella tra i 16 e i 18 anni, e lo sport con il più alto numero di casi è il baseball, con il karate posizionato al settimo posto.
Se nell’Hagakure, Yamamoto Tsunetomo afferma che l'artista marziale é una persona che eccelle nelle diverse tecniche di combattimento, mentre un guerriero é un guerriero perché é il suo cuore a domandarlo, adesso sapete come mettere a tacere tale richiesta nel:
Quattordicesimo giorno del dodicesimo mese del ventunesimo anno del duemila.
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1 commento:
MA É Un articolo fantastico! Cumplimenti! Molto interessante e molto ben redattato.
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