L'inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui.
- William Shakespeare
[Si è sempre tentato di tenere uniti gli uomini con la forza o con le minacce. La minaccia dell'inferno é sempre stato un tentativo di questo tipo]. Cosí esordisce Karl Popper analizzando l’immaginario poetico collettivo che raffigura i temuti luoghi arcani ed infernali, campi di pianto e di dolore, carceri post vitam in cui un’anima malvaggia e dannata, non senziente, sarebbe destinata a ricevere in eterno torture inimmaginabili inflitte dai diavoli. Dimentichiamoci del non-sense ontologico, associato ad una genealogia patristica ed apotropaica, e la sua pseudo funzione escatologica, per avventurarci in questi luoghi narrativi dell’alta disperazione che hanno spesso ispirato molti maestri dell’orrore. Meta imprescindibile, neccessaria ma non sufficiente, di qualunque viaggio che ha per destinazione i luoghi fantastici del terrore:
LASCIATE OGNI SPERANZA Ò VOI CH’ENTRATE
Introduzione
La cinematrografia e le arti classiche figurative descrivono, e caparbiamente hanno anche rappresentato, quelle dimensioni infernali bibbliche, partendo dal concetto metafisico dell’Inferno, prettamente religioso, giungendo alla creazione di addizionali varianti del luogo maledetto per eccellenza. In questo saggio infelice proseguirò col descrivere alcune delle dimensioni dell’infernale evocate nei grandi media (Cap. II – I Nuovi Inferni), cercando di riflettere sulle analogie e sulle differenze con i Grandi Inferni del mondo antico, partendo proprio da quest’ultimi.
Pandemonium - John Martin, (1841) Louvre |
Capitolo I – I Grandi Inferni
Prima di essere collocato in una dimensione alternativa dalla religione cristiana (o sotteranea da quella islamica), é possibile identificare l’inferno con l’Ade (chiamato anche Orco o Averno), il regno sotterraneo dei morti di tradizione greca, eponimo del suo stesso reggente e sovrano incontrastabile. Luogo fisico “materialmente” accessibile dalla crosta terrestre, solo in pochi punti, per lo piú segreti e difficilmente raggiungibili dai mortali, da portali occulti/nascosti, attraversati dai mitici eroi, il più delle volte per chiedere udienza alle ombre/fantasmi dei loro cari defunti: il Nekyomanteion (l’oracolo dei morti). Con Omero e Virgilio si stabilisce in occidente una prima geografia del regno dei morti, con sezioni topografiche dedicate all’Antinferno, o Vestibolo, e al Tartato, luogo di teogonica memoria, primevo di oscurità, prigione dei Titani ribelli e degli umani a cui é destinata una punizione esemplare. Il Tartaro fu anche una divinitá greca, generata dall’unione tra Caos e Gea, e in grado di procreare con sua madre una delle nemesi degli déi: Tifone. Nell’inferno ellenico é possibile visitare corsi d’acqua o di sangue: lo Stige, l’Acheronte, il Flegetonte, il Lete e il glaciale Cocito, e città: la tetra Dite. Le pene inflitte alle anime vengono stabilite dai giudici demoniaci: Minosse, Radamanto ed Eaco – un Platone, aggiungerá anche Trittolemo, Re di Eleusi – i quali furono grandi legislatori, o si contraddistinsero in vita per diplomazia di fronte ad acerrime contese. Su questo sentiero si muoveranno in direzione centro della terra i famosi poeti, Dante e Milton, di cui Doré e Blake furono grandi illustratori.
Flegetonte – José Alegria Gabriel Sabogal, collezione privata |
Sotterraneo e mistico era anche già per gli antichi egizi, grotta ipogea e sala del sacro rituale della psicostasia - o pesatura delle anime – anticamera (come il Limbo) dell’oltretomba, che invita al proseguimento dell’esistenza sancendo la sua apocatastasi (ritorno allo stato originario, reintegrazione) in uno dei primi protoconcetti dell’eterno ritorno quale arma filosofica per sconfiggere l’oblio.
Tra le prime popolazioni israelite, ritroviamo, dapprima, il nascosto alla vista Sheol, il sotterraneo luogo di sepoltura, tomba e condizione intrinseca etica ed estetica per garantire la felicità dei dipartiti nell’altra vita. Successivamente, forse a causa delle guerre e delle diaspore, Sheol diviene Inferno, così come i territori delle civiltà rivali limitrofe saranno considerati inferno-in-terra: le divinità di tali popoli nemici, conseguenzialmente, andranno ad aumentari i ranghi del pantheon infernale (v. il Baal e il Belzebù fenici, il Pazuzu babilonese o il Moloch cananeo). Altre volte, Sheol é associato: alla Rovina (Abaddon, in greco Apollyon, luogo di distruzione e Angelo dell’Abisso), alla Corruzione o all’ultradimensionale Pozza Senza Fondo. Altro esempio, il caso della valle del Hinnom che diverrá geograficamente un inferno dalle fattezze di una gigantesca discarica di rifiuti immersa giorno e notte nelle fiamme: la Gehenna.
Tra le radici di Yggdrasil, la cosmogonia nordica pone il Regno di Hel, ospitando deceduti per vecchiaia o malattia, al nadir della Terra Piatta, tra la nostra terra (-di mezzo) Midgard e il nebuloso piano sottostante Niflheim, o inferno di nebbia Niflhel. Ancora una volta, divinità e luogo si sovvrappongo in un processo sicuramente sancito dal linguaggio poetico, questa volta al femminile ma grammaticamente declinato al genere neutro.
In altri continenti, le civiltà non sono state meno fantasiose. Tra le civiltà precolombiane, i Maya,per esempio, annoveravano lo Xibalba, luogo della paura. Arrivati qui, proseguendo il loro cammino verso un ulteriore ascensione, sono morte anche alcune divinità in epopee menzionate nel Popol Vuh. Sotterraneo ed abitato da popoli insediati nelle caverne rocciose che si incontrano non prima di aver superato gli onnipresenti fiumi infernali: di sangue, di scorpioni e di pus. I signori che lo governano sono, gli ormai dimenticati, signori della morte e costringevano i visitatori ad impossibili prove, in surreali stanze dimensionali o case: la casa del buio, la casa dei rasoi, la casa fredda, la casa calda, la casa dei giaguari e la casa dei pipistrelli, dove é possibile intravedere un primo sincretismo tra la figura del demone e quella del vampiro nella divinità pipistrello di Camazotz – se vi ricorda qualcuno di familiare... La Via Lattea era la strada che conduceva allo Xibalba dove un’illegale rapporto carnale e necrofilo é stato in grado di generare un’epopea della resurrezione in grado di sovvertire l’ordine del sotterraneo, da caotico malvaggio all’oblio.
La cifra che rappresenta il numero di Inferni nella tradizione induista, i Naraka, é un numero a cinque zeri, ma molti piú zeri hanno il numero di anni in cui un’anima sosta in questo luogo nell’esplicamento del suo Saṃsāra, il suo ciclo di vita, morte e rinascita. Temperature estreme, punizioni inflitte ed eterni lamenti sono caratteristiche anche di queste scene, ma la figura del giudice é assente, sostituita dalla legge cosmica del Dharma. Curiosamente, il folklore cinese ha ripreso la dimensione infernale indu-taoista per farne riflesso del nostro mondo, e nominare Enma quale giudice e sovrano. I grandi inferni terminano con il regno dell’oscurità giapponese: Yomi no kuni. Una condizione universale e di costante oscurità, sotterranea o sottomarina, aspetta tutti noi senza distinzioni etico-morali. L’odore di putrefazione collega questo mondo alle terre inquinate e ostili alla vita, a differenza degli inferni occidentali caratterizzati da odori sulfurei e vulcanici. Certamente anche qui si assiste al mito della resurrezione, nel ciclo di Izanagi e Izanami, come trionfo della vita sulla morte, con la metaforica chiusura dei cancelli per le dimensioni infernali.
Da questi Grandi Inferni é possibile rintracciare la filologia dei nuovi inferni, apparsi e rappresentati sui grandi media.
Capitolo II – I Nuovi Inferni
Anche qui la lista potrebbe presentarsi molto lunga, mi limiteró, quindi, ad elencare le dimensioni infernali del Cinema e dell’Arte che piú mi hanno incuriosito ed affascinato, cercando di spiegarne i motivi. Prima di inoltrarmi nella cinematografia classica, va ricordato Tobias Swinden che, nel 1714, pone l’inferno nella regione piú calda dell’universo a quei tempi conosciuta: il centro del Sole.
È possibile evidenziare un primo approccio agli inferni con la cinematografia muta tedesca espressionista con Fritz Lang e il suo Metropolis (1927), e con quella italiana in Cabiria di Giovanni Pastrone (1914), entrambe trasposizioni dai richiami bibblici apocalittici e molochiani.
Cenobita, illustrazione originale di Cristiano Baricelli |
È forse a Hans Rudolf/Reudi Giger, con il suo surrealismo simbolico di matrice crowleiana, satanica e lovecraftiana, grazie al quale abbiamo avuto il privilegio di osservare la metamorfosi dei diavoli: da infernali ad alieni feroci e xenomorfici, come nell’Alien di Ridley Scott (1979) dove l’inferno è proiettato nello spazio siderale, in claustrofobiche astronavi con bicromie minimaliste ed inquietanti. Celebre per aver collaborato alla realizzazione dello storyboard di Dune con Alejandro Jodorowsky, grande regista e scrittore visionario – autore di storie che, attraversando l’irreale, descrivono i simboli religiosi, come ne la Montagna Sacra (1973) e Santa Sangre (1989).
Negli anni ottanta si assiste al ritorno della dimenisione ultraterrena demoniaca ed infernale. Nel 1988 con l’ironico Beetlejuice di Tim Burton. Come in Dune, ritroviamo un gigantesco verme della sabbia, qua ultraterreno e divoratore di anime, in un limbo che circonda la casa – prigione metafisica – la quale ha sequestrato le anime dei due coniugi protagonisti. L’agenzia per il trapasso ha ancora una volta le fattezze della burocrazia, con le sue eterne attese.
È a Clive Barker a cui riconosco il merito di aver rivoluzionato nel 1987 i Nuovi Inferni vincendo in originalità, stupor, audacia e resa visivo-narrativa con la saga di Hellraiser. L’inferno di Clive é ultradimensionale, ipoteticamente infinito, con una dimensione orizzontale labirintica caratterizzata da geometrie ed architetture escheriane. A tale dimensione é possibile accerevi con il classico sacrificio umano o mutilazione rituale, risolvendo un cubo rompicapo, la “Configurazione del Lamento”, manufatto francese ottocentesco creato dal personaggio di Phillip Lemarchand. Ancora una volta lo sviluppo del cubo é una croce, in questa nuova sede, quadridimensionale. L’inferno di Clive é popolato da maestri del Dolore, i Cenobiti o Supplizianti, divinità sacerdotali sadomaso, prive di morale. In vita erano uomini dal triste destino, ascesi al piano infernale non saranno piú in grado di discernere tra piacere e dolore. Come la divinità azteca Xipe Totec del Codex Borgia, si rivestono della pelle degli immolati a cui infliggono pene atroci e viscerali. Il loro potere sulle vittime é garantito dalla divinita suprema che regna sull’Inferno: il Leviatano, qui nella forma di un solido platonico in grado di generare raggi laser neri annientatori, e il cui design si ricollega a quello della scatola maledetta. Due anni dopo, con Kentaro Miura, nel suo manga Berserk, i cenobiti diventano i demoniaci Apostoli della Mano di Dio, ex umani che per raggiungere il potere illimitato hanno sacrificato, oltre alla loro umanità, ció che avevano di piú prezioso. Il cubo si sostituisce al ciondolo picassiano che riordina i connotati del suo volto nella predestinata Eclissi del volume dodicesimo. La cinematografia di Barker e la sua produzione artistica a tema sono forse il filo conduttore che, partendo da Austin Osman Spare (a sinistra: Ascesa dell’ego) arriva ad Andrew D. Chumbley (al centro e a destra) e il suo sabbatico criptolibro Azoëtia che osa nel descrivere i profili di una tradizione delle tradizioni. Da qui è possibile citare molti grandi artisti visivi del mondo contemporaneo che rappresentano nelle loro opere il gusto infernale delle mitologie classiche e sacre: Daniel A. Schulke, David S. Herrerias, mentre in Italia, oggi, é impossibile non nominare Roberto Ferri e Agostino Arrivabene.
Da questo momento in poi, con Stephen King e la sua intensa produzione letteraria, ogni stramaledetto luogo puó divenire un inferno e cosí, successivamente, possiamo annoverare anche Buffy the Vampire Slayer (1997), dove si ritorna alla Bocca dell’Inferno virgiliana, ma stavolta, essa genera vampiri sotto le planimetrie del Liceo di Sunnydale.
L’ultimo Nuovo Inferno da proporvi é il Sottosopra di Stranger Things (2016). Universo parallelo e speculare al nostro in cui l’oscurità regna perenne insieme alle sue diaboliche chimere: i Demogorgoni. Il contatto telepatico con queste creature interdimensionali apre il protale tra i due mondi attraverso il quale l’universo dispettoso cerca in tutti i modi di espandersi nel nostro mondo. Sebbene le ambientazioni e le creature che popolano il Sottosopra siano di natura infernale, é possibile, almeno dal nome del luogo, rintracciare un parallelismo con Il mondo alla rovescia, comparso in delle stampe popolari francesi di metà Ottocento, in cui i pesci pescano uomini o nuotano nel cielo, i cani siedono a tavola e ai contadini l’arduo compito di trainare l’aratro.
Non esiste resurrezione senza un inferno da cui dipartirsi, degno del miglior storytelling da video game; un inferno che descrive le dimensioni sataniche come ultimo squarcio della realtà, totale e definito, dimensione ultima che sancisce la distruzione completa dello status quo sociale e politico.
Capitolo III – Prolegomena Inferi, Galleria
Aaron – Limbo, Gaenna e Inferno |
In copertina: Viljami Heinonen - The Eleventh Hour, 2020. Special courtesy by Laukon Kartano Manor
ARTICOLO ED ILLUSTRAZIONI DI
ILLUSTRAZIONE DI
COPERTINA DI
Nessun commento:
Posta un commento