Se Charles Dickens è considerato il padre delle storie moderne con i fantasmi, è impossibile non nominare come secondo nome Montague Rhodes James, divenuto famoso per i suoi quarantuno racconti del soprannaturale, che la tradizione ci dice che li raccontasse ai suoi amici durante la vigilia di Natale.
Noto studioso di paleografia e archeologia, nonché rettore del King’s College di Cambridge, M. R. James è considerato da Lovecraft come uno dei suoi maggiori ispiratori a tal punto da dedicargli delle pagine nel suo saggio The Supernatural Horror in Literature.
Per capire il perché quest’autore sia entrato nelle grazie dello scrittore di Providence, tratteremo uno dei suoi racconti più conosciuti, La stanza numero 13 (titolo originale Number 13), scritto nel 1899 per poi essere messo nella prima raccolta antologica curata dallo scrittore inglese, Ghost Stories of an Antiquary.
Montague Rhodes James |
Il protagonista è un ricercatore universitario, il signor Anderson, che si è recato nella città di Viborg, nello Jutland, per ricostruire la storia della Chiesa danese. Dovendo restare più giorni nella città, decide di pernottare in un albergo, il Leone d’oro. L’albergo sembrerebbe un normale ostello come tanti se non fosse per un particolare: nell’elenco delle stanze manca la numero 13. Il proprietario dell'albergo giustifica questa mancanza per un’antica superstizione che circola a Viborg: chiunque passi la notte nella camera numero 13 è destinato ad andare incontro a terribili sventure lungo il suo cammino. Il signor Anderson all’inizio appoggerà questa spiegazione ma alcuni strani eventi accaduti durante la prima notte cominceranno a far vacillare questa sua convinzione.
Notiamo fin da subito un’ambientazione realistica data dalla scelta di una città esistente come Viborg e nel rendere protagonista un ricercatore universitario, una figura familiare a M. R. James con cui può descrivere nel dettaglio il suo lavoro, sfociando in dimostrazioni di pura erudizione. Con l’apparizione dello spettro questo realismo comincerà ad essere smantellato lentamente; si partirà da dettagli insignificanti come il fatto che solo le stanze numero 12 e 14 abbiano tre finestre, una porta scorta per caso in un corridoio e l’ombra di un uomo affacciato alla finestra per poi arrivare, verso la fine del racconto, ai cambi continui di dimensione della stanza, a una mano fredda su una spalla e alle urla di uno spettro.
Una scena di Number 13 disegnata da Abbey per il Pearson’s Magazine del 1932 |
Che sia realmente uno spettro o un fenomeno paranormale frutto di qualche oscura magia, non ci è dato saperlo ed è questo uno dei punti di forza della storia. Nel corso del racconto il lettore otterrà una lunga serie di indizi che però non risolveranno completamente il mistero dietro la camera numero 13: che sia infestata dal fantasma del misterioso Mag Nicolas Francken (una figura che il signor Anderson incontrerà durante le sue ricerche), accusato dalla Chiesa danese di praticare arti magiche e di essersi venduto al diavolo e morto poco prima l’inizio del suo processo, o da un demone evocato dalla pergamena posta sotto il pavimento tra le stanze numero 12 e 14, che contiene frasi (forse formule) scritte in una lingua incomprensibile? Starà al lettore scegliere quale sia l’ipotesi più plausibile per placare la sua paura per l’ignoto. Lo stesso signor Anderson non ci dirà quale sia la sua ipotesi e si limiterà a raccontare al nostro narratore la vicenda, chiedendogli alla fine di trarre le sue conclusioni.
L’unico punto debole che si potrebbe notare è la digressione del narratore su momenti di sottile ironia di stampo erudito, che se da un lato alleggeriscono la narrazione, che può risultare pesante a causa delle descrizioni dettagliate, dall’altro non contribuiscono molto sulla costruzione della tensione, limitata così a brevi momenti seppur ben fatti.
Number 13 di Rich Johnson |
Se siete dunque fan di Lovecraft e siete interessati a conoscere le sue ispirazioni o leggere autori simili, M. R. James e la sua stanza della sventura allora fanno proprio al caso vostro.
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