Come ogni altra cosa, il Luogo del Terrore è associato sempre al Fato. Il Fato è il filo inevitabile, piú o meno immaginario, che unisce tutto e tutti, congiunge i destini o li diverge per sempre; come un filo é stato immaginato sin dagli antichi Greci, nelle mani delle Parche, e nessun Dio può opporsi al Fato, da tradizione, esso può solo essere rallentato. Il Fato è ció che non puó essere cambiato, dal latino fatum: ciò che é detto, mentre il destino è associato alla fortuna, alle capacità umane e alle sue risorse, come dovrebbe essere noto. Il Fato è anche imprevedibile, quasi a dimostrazione che la Realtà supera sempre la Fantasia.
Il Fato è ció che un autore ordina nelle sue Opere, nella descrizione della storia, dei suoi personaggi e dei suoi luoghi in cui può dar forma alla paura. É dato per scontato che la pellicola, il libro e tutte le altre piattaforme audio-visive sono testimoni storiografici ideologici, nel loro voler raccontare una storia, vivono nella nostra memoria caratterizzati anche dai nostri destini. Non tutti i film sono semplici commedie, per fortuna, alcuni lasciano il segno, e anche da questi dovremmo imparare ad evitare gli errori, a conoscere la paura quale mezzo per conoscere noi stessi. Quando qualcuno afferma di non vedere film orror, c´é qualcosa che non va, giá dal precludersi una rappresentazione artistica fuori dai classici canoni degli schemi convenzionali.
Ogni artista, ogni scrittore, ogni uomo descrive il Fato e il Destino a modo proprio sotto il filtro della propria esperienza all’interno del proprio quadro storico di riferimento. Fino ad ora ho esaminato i diversi volti del Fato, senza mai nominarlo: a R’lyeh, sono le stelle allineate che sotto forma di congiunzione astrale destano il dormiente, il mostro leviatanico sinonimo della dottrina astrologica, a Carcosa, nel romanzo del Re in Giallo, la statua del Fato serve al lettore per riordinare la cronologia degli eventi, nella Loggia Nera, si cerca di manipolare il Fato su piú livelli ontologici, tutti e tre seguendo lo stile americano; mentre secondo quello giapponese, nel Terminal Dogma, il Fato diventa un punto lontano immanente nella storia e si lascia piú spazio al destino dell’uomo. Adesso cercheró di affrontare anche la scuola sovietica sotto questo aspetto.
Il Fato é il tema fondamentale anche nella cinematografia sovietica, maestri indiscussi del determinismo. Siamo in pieno periodo di Guerra Fredda, come sappiamo l’America compete con l’Unione Sovietica su piú fronti, uno di questi: le missioni nello spazio, saranno il punto di partenza per un altro primato da raggiungere nel campo della cinematografia di fantascienza. Andrei Arsenyevich Tarkovsky, scrittore, direttore e teorico cinematografico, ha giá risposto a Stanley con Polaris nel 1972, e si presta a lasciarci il suo testamento poetico con il film Stalker nel 1979. Le opere di Tarkovsky sono immense, giovane talentuoso, autore fortemente discusso e dibattuto, ha messo alla prova ogni rigore del genere logico affrontando temi molto duri. Di base l’estetica dei film sovietici é molto romantica e tende al verismo, d’altro canto, il genere di fantascienza fornisce notevoli scenari e Tarkovsky ha voluto usare questo genere come base di partenza per adattare sullo schermo il romanzo Roadside Picnic di Boris e Arkady Strugatsky, in un film d’autore in cui l’introspezione psicologica e il dramma filosofico sono i descrittori del Fato.
Per fare questo Andrei si serve del tema del viaggio come linea temporale per congiungere la vita dei tre protagonisti in un percorso attraverso La Zona, luogo in cui le leggi della realtà risultano alterate, zona proibita in cui nessuno mette piede, perchè, letteralmente, può succedere di tutto. Un viaggio in cui la destinazione é la Stanza all’interno della Zona che permette, a chiunque vi si entri, la realizzazione del piú intimo e segreto desiderio. Ció che noi vogliamo realmente non coincide, quasi sempre, con ció di cui abbiamo bisogno. Questa crasi é un’eterna costante del genere umano. La pazzia di affrontare la Zona sará affidata ad uno scrittore e ad un professore, accompagnati all’interno della Zona da uno stalker, appartenente all’unica gilda di ranger fuorilegge in grado di muoversi all’interno della Zona senza incombere nelle sue pericolositá.
Come in tutti gli altri film del maestro, anche qui, non esistono gli stereotipi, ogni personaggio é mosso dalle proprie nobili motivazioni per raggiungere la stanza, fronteggiando il Fato, accettando di affrontrare il pericolo invisibile. Lo stalker spiega che per raggiungere la destinazione bisogna seguire un percorso sicuro, in maniera molto complicata, percepito a sensazione dalla guida in grado di connettersi empaticamente con il territorio, di cui conosce i molti segreti. Il percorso migliore non é mai il piú semplice, come non sono semplici le domande che nasceranno sia nei personaggi che nello spettatore, soprattutto nell’osservare i criteri di avanzamento dello stalker, che sembrano non seguire nessun nesso logico.
Dai magnifici scenari e claustrofobici, alcune scene risultano davvero oniriche, come il tragitto tra le dune di polvere; i dialoghi ricordano molto la poetica russa post-zarista e mayakovskyana. Nella Zona conosceremo i presunti desideri dei protagonisti: lo scrittore é in cerca della sua ispirazione, la classica ricerca per la Musa, mentre, il Professore sostiene che vorrebbe vincere il Nobel, ma viaggia con venti kiloton di bomba portatile, prefiggendosi di distruggere la Stanza, troppo pericolosa per l’umanità intera. Segue la lotta per evitare la distruzione della Stanza, una lotta che da verbale si farà fisica proprio sull’uscio della fantomatica camera. Prima di chiudersi, il film mostra i tre protagonisti proprio dall’interno della Stanza senza mai chiarire se vi entreranno o meno; grazie alla prospettiva di ripresa, adesso é lo spettatore ad essere all’interno della leggendaria Stanza dopo aver preso nota dei suoi piú tremendi pericoli, il suo Destino sará per sempre segnato.
La tensione rimane alta nel film e in tutte le sue digressioni, anche se il lungo e lento viaggio smorza un po’ i toni, essi sono riaccesi dai personaggi talmente diversi tra di loro che lo scontro risulterà inevitabile. Purtroppo all’interno della Zona non succederà mai niente di sovrannaturale, solo una bizzarra e surreale telefonata in prossimità della Stanza, semplicemente perchè, come attestato dall’autore, la Zona è una metafora per la vita. La Stanza, invece, é il punto di non ritorno, l’orizzonte degli eventi, il momento in cui la nostra vita cambia per sempre in maniera inesorabile, momento che dobbiamo sempre essere in grado di affrontare. Qui l’autore con il suo finale apertissimo “sconfigge” il Fato perchè permette allo spettatore la piú piena e profonda libera interpretazione del finale, saremo noi, con il nostro desiderio di chiusura ad evocare il Fato per i protagonisti, immaginando lo scenario piú consono per loro storia . La Stanza si mostrerà nella sua semplicità, quale ricettacolo della vita degli uomini, contenitore ultimo dell’elemento acqua che nel film é sempre una presenza non indifferente.
Il film si chiude, ancora una volta poeticamente, con i versi di Fyodor Tyutchev recitati in casa dalla figlia dello stalker, prima di mostrarci i suoi poteri telecinetici, facendo cadere un bicchiere pieno d’acqua. Perché? La genesi della Zona è incerta, durante il film si accenna ad una probabile causa extratterestre di origine meteoritica, accennando forse ai misteriosi eventi di Tunguska del 1908, ma al suo interno si trovano solo resti di origine umana; i luoghi ricordano quelli di un disastro post-nucleare ma siamo lontani ancora sette anni dal disastro di Chernobyl, questo parallelismo, e la figura dello stalker, verranno sfruttati nel 2007 dalla software house ucraina GSC Game World per realizzare lo sparatutto in soggettiva del gioco: S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl.
Brevemente, non c’é niente in questo film di cui non avere paura, tutto é messo in discussione, e tutto puó essere sorgente di pericolo per l’uomo, anche i suoi stessi desideri. La poetica sovietica non é la sola presente, l’autore si muove bene, molto facilmente dalla filosofia cinese nei dialoghi agli accompagnamenti delle scene con alcune delle sinfonie piú famose del repertorio classico occidentale.
Le scene alternano i colori al bianco e nero, confermandoci ancora una volta che per creare un film dalle atmosfere horror non bisogna necessariamente ricorrere sempre all’uso dei mostri, o avere un alto budget, basta semplicemente la paura dell’ignoto e un luogo, come una stanza, in grado di saper accoglierla adeguatamente. L’ignoto é presentato nel film in maniera davvero notevole e controcorrente: a volte l’ignoto resta ignoto, fuori inquadratura, e noi ci ritroviamo ad affrontare solo le emotivitá dei personaggi, come nel teatro di Beckett; l’ignoto tagliato direttamente dalla scena, in una tecnica inversa di jump scare.
"Stalker e Prof", illustrazione di Aaron Rizla |
L’autore non ha voluto essere soltanto un semplice anticonformista, ha puntato in alto, sapendo fare dell’anticorformismo un contributo artistico per la società intera, anticonformismo, quasi sempre, inizialmente sottovalutato dalla critica. Stalker é un film che non si dimentica, in grado di toccare il nostro animo nel profondo, di renderci capaci di dubitare anche di noi stessi. Film dalla maestosa potenza visiva, resa sublime anche dai lunghi silenzi all’interno dell’opera, silenzi tanto importanti quanto i dialoghi. Forse non tutti sanno che anche Tiziano Sclavi si é ispirato alla Zona per creare Zed, una delle dimensioni fantastiche dell’irreale, che compare in Dylan Dog nell’omonimo albo ottantaquattresimo.
Il viaggio nella Zona é terminato, il mio tempo da stalker si é concluso e ora vi scrivo dalla Stanza in attesa che il mio desiderio si realizzi, continuando a trattare dei luoghi grotteschi, giungeremo al prossimo(,) Pandemonium: il Trionfo della Morte e il suo parallelismo tra finzione e realtà.
Principio Inesorabile dell'Orizzonte degli Eventi - Atto IFINE |
Articolo ed illustrazione del professor Aaron Rizla presso Miskatonic University (Arkham, Essex Massachusetts)
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