Se l'archetipo dello slasher, "Halloween" (1978) di John Carpenter, aveva la sua Laurie Strode interpretata da Jamie Lee Curtis; Wes Craven con il suo "A Nightmare on Elm Street" (1984) andrà a creare e inserire nel pantheon dell'horror una delle final girl più iconiche e tenaci di tutte: Nancy Thompson.
Data la formazione di Craven e la sua iniziale propensione per i racconti rosa, più che per quelli del terrore, il regista decise di concentrarsi per la sua storia su tutti quegli aspetti più intimisti dei suoi personaggi che non solo lo affascinavano, ma riteneva che avrebbero avvicinato di più ad essa anche il pubblico. Partendo da dei fatti di cronaca nera riguardanti le improvvise morti nel sonno di alcuni uomini del sud-est Asiatico e dalle disavventure che visse con un bullo nella sua infanzia, Craven iniziò a plasmare quello che sarebbe poi diventato il suo classico. All'uscita di "Nightmare", molti dei più grandi esponenti dell'horror contemporaneo (film oggi considerati alla stregua dei capolavori dell'espressionismo tedesco anni '30, o dei mostri della Universal) erano già usciti: i primi due morti viventi di Romero, "L'Esorcista", "Rosemary's Baby" (trattato qua), "La Casa", il già citato "Halloween" (che abbiamo analizzato qui), "Shining", "Non aprite quella porta", la saga di "Venerdì 13" etc. Craven si ispirò in particolar modo al modello Carpenteriano, piuttosto che a quello della saga di Jason Voorhes, riprendendone la struttura e il punto focale su una figura femminile forte e decisa.
Per altri aspetti invece Craven ne prese le debite distanze, infatti come disse in un'intervista del 2014: "Un sacco di assassini indossavano maschere: Leatherface, Michael Myers, Jason. Volevo che il mio cattivo avesse un maschera, ma fosse anche in grado di parlare, schernire e minacciare. Quindi decisi di renderlo ustionato e sfigurato".
Oltretutto il regista riteneva che il suo killer non dovesse brandire un fin troppo gettonato coltello, bensì un'arma del tutto nuova, il che lo portò infine a ripiegare sull'iconico guanto artigliato. È così che nasce Fred Krueger, l'uomo nero del XX secolo, colui in grado di mietere vittime nel momento in cui sono più indifese: nei loro sogni. Uno spirito vendicativo e mostruoso che, dopo essere stato brutalmente giustiziato dai genitori della città di Springwood, torna a infestare il sonno dei loro figli. Una figura terrorizzante, loquace e maliziosa che gioca sadicamente con coloro che tormenta. Un personaggio conottato da un forte sottotesto riguardo alla violenza carnale (non a caso nella versione originale della sceneggiatura non era un semplice assassino di bambini bensì un molestatore, dettaglio poi successivamente modificato per evitare controversie) definito dal suo creatore come la personificazione del fallimento delle figure genitoriali e adulte. Un personaggio dal carattere primitivo e ctonio, un padre che uccide e divora i suoi figli come Crono. Un killer spietato e diabolico, talmente tanto da risultare quasi irresistibile per noi amanti del genere.
A un personaggio così perfettamente costruito, così solido, Craven contrappone un gruppo di ragazzi. Un quartetto di tipici teenager americani degli anni '80, ben lontani dalla tipica carne da macello che giovani attori portavano in scena nei film slasher di quegli anni. Nonostante nè Nancy, nè il fidanzato Glen, nè Tina, nè Rod siano personaggi particolarmente approfonditi, o tantomeno interpretati efficacemente, con il poco con cui li tratteggia (e soprattutto per come lo metto in scena) Craven riesce a dare un grande respiro a questo quartetto, a renderlo concreto e credibile: un gruppo di adolescenti con le loro divergenze e con i loro momenti di comunanza.
Ma quindi perché Nancy è così importante, se non è un personaggio carismatico nè così ben interpretato da Heather Langenkamp? Perchè è un personaggio coraggioso e pragmatico, una liceale sedicenne che si ritrova di punto in bianco priva del sonno, con i suoi migliori amici brutalmente uccisi e i genitori che la trattano come una povera pazza. Nonostante rimasta sola e sull'orlo della pazzia, si fa forza e inizia a osservare il suo aguzzino, a studiarne il modus operandi e ad affrontarlo apertamente, architettando delle sofisticate trappole per combatterlo senza esclusione di colpi in entrambi i piani esistenziali su cui opera.
Dunque non è stata solo la genialità del suo concept, o la maestria registica di Craven (di cui ricordiamo le meravigliose ed elaborate transizioni dalla realtà al mondo dei sogni) a rendere "Nightmare" un classico moderno; ma anche una serie di piccole scelte prese in corso d'opera che hanno reso la fatica del regista qualcosa di più del solito, mediocre film horror degli anni '80 e che ci hanno permesso non solo di tifare per Nancy ma anche di conservare per gli anni a venire il ricordo di quella giovane sola, indifesa e addormentata nella sua vasca da bagno...
Articolo di Lorenzo Spagnoli
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