Di frequente i racconti e le pellicole dell’orrore sono ambientati in dei luoghi facilmente identificabili dal lettore o dallo spettatore. In un territorio familiare o riconoscibile, il pathos incrementa la paura, invadendo psicologicamente la sfera di intimitá di un presunto pubblico. Senza mai perdere completamente i suoi connotati, lo stesso luogo ricompare spesso, anche a distanza di molto tempo, nelle opere di diversi autori che hanno voluto rendere tributo alla tradizione; altre volte, invece, lo stesso luogo conserva il suo nome, ma subisce una metamorfosi radicale nelle sue trame ed é talmente cangiante nella forma che una sua trattazione risulterebbe tanto ardita, se non impossibile, da far desistere qualsiasi redazione dal trattarla. Se poi questo luogo si erge ad epitome di esecrazione, é nostro dovere morale presentarvelo: benvenuti nelle terre selvagge e maledette di Carcosa.
Carcosa nell’illustrazione di Yuri Shepherd. |
Carcosa é menzionata per la prima volta nel racconto breve intitolato “Un cittadino di Carcosa” di Ambrose Bierce, soldato, giornalista e scrittore dell’Ohio, ne “La newsletter di San Francisco” del 25 dicembre 1886, successivamente ristampato nelle due famose collezioni dei racconti di Bierce: “Tales of Soldiers and Civilians” e “Can Such Things Be?”. Nell’introduzione biografica de “I racconti dell’oltretomba”, Gianni Pilo elegge Bierce a maestro dell’orrore breve e non dimentica il suo genio della satira di fine XIX secolo, la quale ugualmente traspare nei suoi racconti dell’orrore. Dallo stile perfetto, conciso e pacato, l’anticonformista Bierce “fece a pezzi tutte le regole del racconto e, nel fare questo, si divertiva un mondo” (G. Pilo).
La Carcosa ideata da Bierce é giá in rovina. Il nome ricorda quello latino della città di Carcassone in Francia, “Carcasō”. Un anonimo cittadino si aggira ignaro tra queste macerie, egli é in cerca della sua stessa città, pur non riconoscendola per via della natura che ha giá preso il soppravvento. Contemplando l’escatologiche parole del suo concittadino e filosofo Hali, circa il destino ultimo successivo alla morte, vagabondando, giungerá, infine, ad incontrare la sua stessa lapide sepolcrale, riscoprendosi spettro del luogo. La narrazione ha tutte le fattezze del racconto allegorico: vento autunnale, nebbia fitta e animali simbolici, tra cui un vecchio arciere seminudo, fanno da cornice al racconto, il quale non nasconde riflessioni sulla vacuità del tempo e la sfida all’oblio. Al crepuscolo, l’enigmatico spettro scorge in cielo Aldebaran, α-tauri, e le Iadi, cluster stellare della medesima costellazione, che ispireranno successivamente la collocazione di Carcosa su un non meglio identificato esopianeta dello spazio siderale. Improvvisamente é di nuovo l’alba, un raggio di luce illumina la tomba del protagonista che si rivela romanziere metafisico del racconto, rendendolo noto, insieme al suo nome, ad un menzionato medium: tipico stratagemma dei racconti gotici di fine ottocento.
Recentemente, Luis G. Abbadie, scrittore e studioso messicano specializzato in horror, paganesimo, pseudobiblia e paramitologie, analizzando i testi dello scrittore americano ed il trattato filosofico “Course of Ancient and Modern Initiations”, di José María Ragón, seconda metá del XIX secolo, identifica l’arciere con la costellazione del Sagittario e ipotizza un’interpretazione di tipo astrologica-simbolica-iniziatica di stampo massonico correlata al ciclo delle stagioni, con la consueta consapevolezza che qualsiasi esegesi é riconducibile al moto di rivoluzione terrestre e alla precessione degli equinozi.
Nel 1913, Ambrose Bierce si recó in Messico per poi scomparire nel nulla, così si persero le sue tracce per sempre. Ci piace pensare che egli abbia raggiunto la sua Carcosa.
Sará compito di Robert William Chambers quello di estendere il ciclo di storie su Carcosa, con la sua opera intramontabile “The King in Yellow”, 1895, collocando la città nelle regioni aliene dello spazio, forse in prossimitá del menzionato cluster, in un sistema di stelle binario. Qui, la città di Carcosa sorge in prossimità del lago Hali in cui i due soli gemelli si inabbissano al crepuscolo.
Il giallo é il colore del pericolo e del veleno, e questo libro li contiene entrambi. Il Re in Giallo é una raccolta di dieci racconti, legati, piú o meno, da personaggi ricorrenti ed elementi comuni, come il Marchio Giallo che, da qui accompagnerá le storie della città, cambiando forma come essa. In Chambers il marchio giallo non viene mai descritto nella sua forma, è grazie al ciclo dei miti di Cthulhu che il marchio giallo ha assunto le sembianze di una trìscele non simmetrica.
The Parth to Carcosa, illustrazione di Cristi Balanescu |
Alcuni dei personaggi si ritrovano tra le mani un misterioso manoscritto, censurato in tutto il mondo, rappresentante un’oscura sceneggiatura teatrale ambientata a Carcosa intitolata “Il Re in Giallo” , il quale impartisce loro una presa ipnotica e malevola. Le storie si diramano tra New York e Parigi, seguendo una saltellante linea temporale. Il primo dei celebri racconti, “Il Riparatore di Reputazioni”, é ambientata nel 1920, venticinque anni nel futuro dalla data di pubblicazione, ed é in grado di preannunciare la distopica realtà della prima grande guerra (...e non solo!). Il protagonista Hildred Castaigne, narratore inaffidabile, si crede legittimo erede di una dinastia imperiale americana, le cui origini risiedono a Carcosa. I racconti non seguono una linea temporle definita e al lettore é lasciato il compito di riordinare cronologicamente i racconti. A mio avviso, questa é un’altra forma di letteratura ergodica che non ha bisogno di fare affidamento sul formato della pagina, ma é in grado di intrattenere il lettore come una partita di scacchi. Chambers non é facile da leggere, tuttavia il suo stile é scorrevole, e le eleganti descrizioni sono in grado di preservare l’immaginazione del lettore con climax straordinari.
Carcosa é l’epitome del non-luogo, l’universo sconosciuto e prossimo a manifestarsi dopo la distruzione della realtá. Stelle nere ed alte torri disegnano i profili della città in un labirinto narrativo di trame convolute e sotterranee che indicano il passaggio tra i due mondi in un pattern trascendente in cui il lettore, come Dedalo o Icaro, é obbligato a venirne a capo. Il tema del labirinto é in grado di farci perdere la rotta della razionalitá e l’orientamento. L’essenza dualistica della natura paradossale del labirinto come perimetro della psiche umana, lineare e circolare, semplice e complessa al tempo stesso, giunge fino al misterioso e invisibile centro, per scoprire che Carcosa é la città della sofferenza, dell’oscuritá e della confusione.
Questo simbolismo della coscienza disturbata si mostra a noi anche nella prima apparizione televisiva di Carcosa, la prima stagione di True Detective, 2014, in cui le riprese del finale a Fort Macomb mostreranno tutto l’orrore della dinastia del Re in Giallo, dopo una serie infinita ed impeccabile di citazioni tardo romantiche. La serie, traendo ispirazione dai racconti, ha saputo inserire, senza mai svelarle, le classiche visioni del paranormale con pregiati effetti speciali. Le riprese hanno dell’incredibile, famosissimi i sei minuti di ripresa continua durante la scena di una retata. Anche questa storia conduce alla fine del labirinto con la classica visione dell’idolo della morte e la ripugnante banalitá del male.
Carcosa é stata scelta anche da Marion Zimmer Bradley per ambientare alcuni dei suoi romanzi futuristi della serie di Darkover, 1958. Per chiunque voglia mettersi alla ricerca della cittá maledetta, porgo i miei migliori auguri, e ricordo che la suddetta é stata avvistata anche nella mappa ufficiale delle terre del Trono di Spade di George R. R. Martin, inserita nell’estremo oriente conosciuto del suo universo, ma nei suoi racconti non ve n’é menzione.
Concludo la lista approdando sul territorio musicale, invitandovi ad ascoltare i brani ispirati alla città di Carcosa, in cui la seconda scena del primo atto della pseudosceneggiaura del Re in Giallo é stata caparbiamente musicata da diversi autori. Ho scelto queste note per la mia incoronazione, ora che sono anch’io un Re, perché conosco ciò che vedo, e quel che vedo sono le stelle: Aldebaran e le Iadi che decretano la mia sovranità. La nobiltá mi obbliga a proseguire questo cammino ecdotico con il consueto indizio per il prossimo luogo da narrare: ordunque, ci rileggiamo tra venticinque anni.
Illustrazione di Aaron Rizla |
Articolo ed illustrazione originale di Aaron Rizla
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