La realtà ontologica del mondo è inequivocabilmente contaminata dall’indissolubile legame che intercorre fra oggetto, percezione ed elaborazione soggettiva. Da quest’ultima variante derivano le emozioni, i pilastri dell’esistenza, alla base di, fondamentalmente, tutto l’agire umano.
Xooang Choi, artista sud-coreano, attraverso le sue sculture penetra a fondo in questo complesso sistema di relazioni, riuscendo a rappresentare in modo crudo l’istantaneo manifestarsi delle emozioni, le loro conseguenze, il loro lato più viscerale e violento.
Attraverso un eccezionale iperrealismo combinato ad un violento e disturbante surrealismo, le sue sculture, realizzate con argilla e resina, puntano a suscitare un senso do profondo disagio nell’osservatore. Lo scopo della sua arte è infatti stimolare la riflessione riguardo a temi di carattere principalmente sociale e politico.
Corpi nudi, mutilati, arti ricombinati, crudezze di vario genere sono i soggetti prediletti dell’artista, che sottolinea così l’orrore delle emozioni in relazione ad un contesto socio-politico contorto.
In particolare, Xooang Choi riflette sulla tematica della libertà, sull’impossibilità di reagire e dell’isolamento, come testimoniato da una delle sculture facenti parte della serie Islets of Aspengers.
Il soggetto, sprovvisto di bocca, è completamente pallido fatta eccezione per gli occhi, come a voler suggerire un pianto prolungato, dettato probabilmente dall’impossibilità di esprimersi. Il corpo è, inoltre, martoriato dalle crepe, andando a scalfire l’iperrealismo delle forme e dei dettagli degli occhi.
In questo caso “Asperger” si riferisce ad una sindrome che, pur non presentando evidenti difficoltà a livello di linguaggio, tende a tradursi in una serie di problematiche di carattere comunicativo, che l’artista paragona alla solitudine, nonché all’isolamento, dell’uomo nella società.
Xooang Choi teorizza che l’unico modo che l’essere umano ha di prevalicare questa condizione è di riconnettersi con le proprie emozioni, in particolar modo con quelle più intime e remote.
Un’altra importante riflessione di carattere politico viene elaborata nella sua mostra nel 2017, The Vegetative State, nella quale descrive l’urbanizzazione come un processo di standardizzazione che mira ad avere un controllo più efficiente e diretto delle masse, contribuendo dunque al processo di perdita dei valori dell’individualità.
Xooang Choi, infatti, anche facendo riferimento al regime coreano degli anni 60 e 70, ha a lungo osservato la relazione che intercorre tra collettività e generalità, andando dunque a sviscerare problematiche generazionale e quesiti di stampo più prettamente filosofico. La sua visione complessiva della società è, inoltre, particolarmente legata ai postmodernisti francesi Guitton e Focault, giungendo a conclusioni piuttosto aspre riguardo al modo in cui la collettività tende ad annientare l’individualità.
L’orrore e lo sgomento che derivano dall’osservazione delle sue opere, oltre all’estetica decisamente disturbante, sono dunque legati al messaggio che trainano: le emozioni sono violente, a volte crudeli, lancinanti, ma sono l’unica speranza di salvezza.
Articolo di Manuela Griffo
Nessun commento:
Posta un commento