mercoledì 14 agosto 2019

Occhi della notte (Recensione "The Sandman") - Short Week

Il racconto di ETA Hoffman "L'uomo della sabbia" ha ispirato innumerevoli film nel corso degli anni, di uno abbiamo addirittura già parlato (e potete trovarlo seguendo questo link), ma forse uno dei più sinistri e curiosi mai prodotti è un cortometraggio in stop motion (tecnica già incontrata in altri articoli che potete trovare qui e qui) degli anni '90 che adatta il mito del Sandman comparso nel suo racconto del 1815.

"The Sandman" è appunto un corto americano del 1992 diretto da Paul Berry, che ha ricevuto una nomination al premio Oscar come Miglior Cortometraggio d'Animazione e Miglior Cortometraggio al Chicago International Film Festival ed è ha vinto nella categoria Miglior Animazione all'Ottawa International Animation Festival ed il Gran Prix all'Hiroshima International Animation Festival.
L'intera vicenda si svolge in un villaggio non precisato, probabilmente, della Germania (date le origini del racconto e l'architettura) dove un bambino si sta preparando per andare a letto, percorrendo i bui e tetri corridoi che portano alla sua spoglia e spaziosa camera, affrontando le sue paure immaginarie causate da rumori e ombre, in realtà innocue. Nonostante l'apparente sicurezza del suo letto, alcuni strani rumori lo tormentano riaccendendone il timore. Sarà davvero solo immaginazione o qualcosa di più macabro si nasconde tra le ombre della casa?

L'ambiente é tetro, caratterizzato da larghi spazi spogli e vuoti, troppo grandi per i personaggi stessi, come se fosse visto dagli occhi di un bambino spaventato che vede tutto più grande e spaventoso di quanto non sia, intimorito da ogni zona d'ombra (essendone la casa piena), dove potrebbe nascondersi qualsiasi cosa, e da ogni rumore. L'atmosfera é onirica, sembra quasi un'allucinazione dettata dalla suggestione causata dalla fervida allucinazione di un bambino solo al buio.
La creatura, il Sandman, ha un design originale e per nulla casuale, proviene dalla Luna, vista come un mondo pieno di cristalli, e la sua stessa testa ha la forma di una falce di luna celeste. Il corpo é ricoperto di piume blu, ricordando anche nelle movenze un avvoltoio, richiamando nuovamente il crepuscolo. I suoni che produce sono secchi e simili a scricchiolii, mischiandosi a quelli ambientali della vecchia casa. É anche capace di mimetizzarsi nelle ombre dalle quali emerge e s'immerge a piacimento. Un essere abituato al buio con il quale é in simbiosi perfetta, come se fosse un'estensione stessa del cielo notturno, un sinistro figlio della Luna.

L'animazione é fluida ed i modelli, molto burtoniani, sono inquietanti e per sé, deformati al punto da rendere ogni cosa turbante agli occhi dello spettatore. Fondamentali, infatti, sono gli occhi, come nel racconto di ETA Hoffman, causa delle azioni del Sandman.

Un corto inquietante e ricercato che vi farà controllare due volte cosa si nasconde nelle ombre della notte.
Articolo di Iris Alessi e Robb P. Lestinci

Occhi senz'anima (Recensione "L'uomo della sabbia")

"L'uomo della sabbia" é un film televisivo italiano del 1981 diretto da Giulio Questi come parte della serie-contenitore della RAI "I giochi del diavolo" che traspone con fedeltà il racconto "Der Sandmann" di E.T.A. Hoffmann del 1815, raccolto nei "Notturni"(ispirazione anche del sinistro cortometraggio "The Sandman" di cui abbiamo parlato qui).

Protagonista del film é Natanielo (Donato Placido), ossessionato dal passato e dall'omicidio di suo padre per mano del suo assistente Coppelius, che da piccolo pensava fosse la creatura folkloristica del Sandman, un ladro di occhi notturno, e dal paranormale, al punto da divenire così paranoico e fissato da spaventare la sua promessa moglie Clara (Francesca Muzio). Allontanatosi da lei, busserà alla sua porta il misterioso Coppola (Mario Feliciani) che gli ricorderà di Coppelius prima che incontri una splendida ragazza che però sembra avere qualcosa di strano che turba le altre persone.
Così come il racconto originale, citato da Sigmund Freud nel saggio "Il perturbante", il film genera il sentimento del sinistro (concetto prima individuato da Ernst Jentsch e poi sviluppato dallo stesso Freud con l'aggettivo tedesco "Das Unheimliche"), un sentimento diverso dalla paura ma ad esso assai affine che nasce nel momento in cui sperimentiamo qualcosa di familiare, ma allo stesso tempo estranea, generando ansia a causa dell'estrazione e della confusione che ne consegue. Il sinistro é ciò che, in sostanza, ci rende spaesati ed é la causa per cui troviamo inquietanti automi, statue i bambole che ricordano gli umani, pur non essendolo, generando quell'effetto definito "Uncanny Valley".

Proprio un'automa é al centro della storia della pellicola, generando un senso d'inadeguatezza ed ansia ogni volta che che appare sullo schermo.
Il tema degli occhi, parte anche della storia folkloristica del Sandman, che ritorna e porterà poi alla follia il personaggio centrale venne interpretata da Freud come la paura della castrazione.
Schema dell'Uncanny Valley
Natanielo é un personaggio estremamente problematico, narcisista, fiero di sé e delle sue idee, che non riesce a lasciar andare il passato e lo rivede ovunque, arrivando a divenire un lunatico paranoico, soffrendo probabilmente di post traumatic stress disorder, così alla ricerca di cose che non ci sono, da non rendersi realmente conto della follia con cui ha a che fare. Vediamo tutta la scalata della sua pazzia fino al tragico finale.

Coppelius, invece, é letteralmente il deus ex machina della pellicola, un sinistro presagio che torna nella vita del ragazzo muovendone indirettamente le fila, una figura quasi mefistofelica, come se fosse egli stesso incarnazione del Maligno se non dello stesso Sandman, cosa non del tutto improbabile. Secondo alcuni critici non va inoltre considerato come un personaggio fisico, ma più come un'entità incorporea, una metafora dell'oscurità interna del protagonista.

Insomma, non é altro che un oscuro riflesso dei suoi occhi.

Articolo di Robb P. Lestinci