ATTENZIONE! La seguente recensione contiene spoiler su Jeepers Creepers, Jeepers Creepers 2 e Jeepers Creepers 3. Vi consigliamo quindi di guardare i film prima di leggere l'articolo.
Hush, hush, hush…here comes the boogeyman!
Hush, hush, hush…here comes the boogeyman!
Il genere horror ci ha regalato una miriade di personaggi leggendari entrati nel cuore dei fan e nell’immaginario collettivo. Figure come Freddy Krueger, Michael Myers, Jason Voorhees, Leatherface, Chucky, Pinhead e Ghostface sono sicuramente i più celebri, personaggi mitici che non hanno bisogno di presentazioni e le cui saghe, tutt’oggi, continuano ad arricchirsi di nuovi capitoli (vedi Halloween, La Bambola Assassina e Non Aprite Quella Porta). A partire dagli anni 2000, l’horror ha faticato a creare nuovi villain che potessero rivaleggiare con questi miti degli anni ’70, ’80 e ’90. Eppure, scavando a fondo, si possono trovare diversi titoli con protagonisti dei boogeyman forse meno conosciuti, ma assolutamente degni di entrare nell'Olimpo dei bau bau orrorifici. Tra questi, possiamo citare il Victor Crowley della quadrilogia di Hatchet, Mick Taylor di Wolf Creek, il piccolo Sam de La Vendetta di Halloween (in originale Trick’r Treat), Bughuul di Sinister e...bè, il demoniaco Creeper, il ragazzaccio di cui parleremo oggi. Questa terrificante creatura, interpretata dall'attore Jonathan Breck, è l’antagonista del film Jeepers Creepers – Il Canto del Diavolo (il fichissimo sottotitolo è un'aggiunta della versione italiana, in originale è solo Jeepers Creepers), scritto e diretto dal controverso regista Victor Salva, già autore di Clownhouse, e prodotto nientepopodimeno che da Francis Ford Coppola. La pellicola ha avuto due seguiti, entrambi sempre diretti da Salva: il secondo, del 2003, molto valido e ben fatto, il terzo, del 2017, non propriamente riuscito. Oggi analizzeremo questa trilogia e il personaggio del Creeper.
Il primo Jeepers Creepers vede come protagonisti Trisha e Darry, due fratelli che, durante il viaggio di ritorno a casa per le vacanze di primavera, si imbattono in un vecchio e malandato furgone marrone targato “Beatngu”. Il misterioso conducente si dimostra subito ostile, speronando e superando i due ragazzi sulla strada deserta. Dopo questa movimentata avventura “on the road”, i due fratelli vedono l'autista del camion gettare quelli che sembrano essere dei cadaveri avvolti da lenzuola bianche in un tubo vicino ad un'antica e spettrale chiesa gotica. I protagonisti decidono di far luce sul mistero, un mistero che rivelerà ben presto la sua natura mostruosa e soprannaturale. Trish e Darry infatti si ritroveranno ad essere braccati dal Creeper, un demone di origine sconosciuta che, ogni 23 anni, per 23 giorni, si risveglia dal suo letargo per cibarsi di carne umana, principalmente di organi, con i quali potersi rigenerare così da vivere in eterno. Questa creatura è in grado di percepire e fiutare la paura e più la preda è terrorizzata, più sarà ghiotta per il Creeper. I due fratelli cercheranno di sopravvivere, aiutati dalle forze dell'ordine e da una sensitiva che sembra conoscere le intenzioni del Creeper, ma uno dei due è stato fiutato dalla bestia ed è destinato a diventarne lo spuntino. Ma chi?
Sono tanti gli elementi che rendono Jeepers Creepers uno dei migliori film horror degli anni 2000. Innanzitutto, è un film realmente inquietante, in grado di trasmettere allo spettatore un fortissimo senso di angoscia, grazie alle sue atmosfere cupe e disturbanti. La pellicola inizia come un vero e proprio road movie, mettendo in scena un adrenalinico inseguimento su strada ad opera di un camion malconcio e misterioso, ricordando un grande caposaldo di questo sottogenere come Duel, strepitoso film d’esordio del leggendario Steven Spielberg, e presentando analogie con il contemporaneo Radio Killer di John Dahl, uscito anch’esso nel 2001. Dopo un inizio al cardiopalma, la pellicola si trasforma in un vero slasher movie dalle tinte dark, ambientato interamente di notte, in cui i protagonisti cercano disperatamente di sfuggire alla sete di sangue di questa oscura e misteriosa entità. La storia e lo sviluppo del film sono semplici e lineari, ma dannatamente efficaci: grazie alla certosina costruzione della tensione e dell’atmosfera, Salva riesce a tenere col fiato sospeso lo spettatore per tutta la durata, insinuando curiosità riguardo l’identità del Creeper ma lasciando intatta quell’aura di mistero che rende il personaggio ancora più sinistro e affascinante. Ottima la colonna sonora e fenomenale l’uso della luce (memorabile la scena in cui il Creeper strappa il cuore ad un poliziotto e il raggio lunare dell’esterno filtra attraverso il buco sanguinante sul torace). Molto credibili e convincenti i due interpreti protagonisti, Justin Long e Gina Philips, il cui legame fraterno di amore/odio viene delineato fin dall’inizio e portato avanti con coerenza; ci si affeziona a loro e si è curiosi di sapere chi tra i due il Creeper ha scelto come sua prossima preda. Il loro rapporto è il cuore emotivo del film e l’arrivo di questo essere soprannaturale permetterà ai due di manifestare le proprie debolezze, l’affetto reciproco, la volontà e il coraggio di volersi sacrificare affinchè l’altro sopravviva. Ai due attori non fu permesso di vedere Jonathan Breck truccato da Creeper prima delle riprese, così da suscitare in loro reazioni di terrore autentiche, e la scelta ha decisamente pagato. Long si farà strada all’interno del cinema di genere, vantando ruoli in film come Die Hard: Vivere o Morire, Drag Me To Hell di Sam Raimi e in due gioielli grotteschi targati Kevin Smith, Tusk (di cui è il protagonista) e Yoga Hosers. Gina Philips, invece, parteciperà a qualche altro film horror, ma verrà ricordata principalmente per questa pellicola. Interessante anche il personaggio di Jezelle, la sensitiva interpretata da Patricia Belcher, la classica visionaria inizialmente ritenuta pazza, ma che è in qualche modo connessa al Creeper, del quale riesce a prevedere le mosse e le intenzioni.
Ma veniamo a lui, la creatura antagonista di questo film, vero motivo per cui gli appassionati non devono farsi scappare questa pellicola: il Creeper. Ma chi o cosa è questa creatura? Quali sono le sue origini? Come detto in precedenza, il Creeper è un antico demone che, analogamente al Kinghiano Pennywise, si risveglia dopo 23 anni di sonno e, per 23 giorni di primavera, va a caccia di carne e organi umani, che per lui rappresentano una sorta di “fonte dell’eterna giovinezza”: è infatti grazie a polmoni, occhi, fegati e cuori che il Creeper rigenera il proprio tessuto corporeo, mantenendosi vivo per secoli, forse addirittura millenni. L’idea della rigenerazione del corpo e della carne è il fulcro di questo malefico personaggio, che non uccide per semplice cattiveria o desiderio di vendetta, ma per cibarsi e sopravvivere il più a lungo possibile. Un messaggio universale, che fa riflettere sul nostro posto nella catena alimentare: anche noi esseri umani ci nutriamo di carne, uccidiamo per mangiare e permettere al nostro corpo di assimilare gli elementi necessari per sopravvivere. L’uomo è il predatore alfa per eccellenza, ma cosa succederebbe se un essere carnivoro più potente di noi prendesse il nostro posto, includendoci nel suo menu? Il rapporto preda/predatore e il concetto di carne sono ricorrenti all’interno del film. Proprio come il malefico clown ballerino, anche il Creeper è in grado di percepire la paura delle sue vittime, annusandole come un cane da tartufo; le vittime più impaurite sono, per lui, le più appetitose. Esteticamente, il Creeper si presenta come un demone antropomorfo, di colore grigio-verdastro, dotato di grosse ali da pipistrello che tiene ben nascoste dietro la schiena e che rivelerà in un’inquietante scena del film; il volto è mefistofelico e ricorda quello di un Gargoyle (il che intensifica il legame tra questa creatura e la cattedrale del film, essendo i Gargoyle sculture mostruose presenti principalmente nelle chiese cristiane); quando è particolarmente eccitato, affamato o impaurito, il Creeper rivela un bizzarro ornamento a forma di ventaglio che gli circonda la testa, una sorta di membrana che, come una corona, gli conferisce un aspetto ancora più minaccioso e regale; un meccanismo di difesa naturale che troviamo anche in specie realmente esistenti, come il rettile clamidosauro, e in creature ormai estinte riportate su schermo con gusto e fantasia (come non ricordare il velenifero Dilofosauro che sbrana Dennis Nedry nel primo, storico Jurassic Park?). Il Creeper è dotato di lunghi capelli bianchi da rocker, denti acuminati ed una pelle ricoperta da una spessa corazza, impenetrabile persino dalle armi da fuoco. La sua arma preferita è un’ascia molto affilata e nei film dimostra di avere una forza fisica sovrumana (strappa cuori, dilania e uccide a mani nude). Per confondersi in mezzo agli uomini, il Creeper indossa con un lungo mantello nero, scarponi ed un cappellaccio marrone in stile Freddy Krueger. Non parla, ma può emettere degli urli assordanti e lo sentiamo persino fischiettare. Sotto il make-up della creatura si nasconde il bravissimo Jonathan Breck, che ha donato alla creatura un’espressività ed un’ambiguità magistrali, anche grazie ai fantastici effetti speciali e al meraviglioso trucco. Il Creeper viene quasi sempre inquadrato nell’oscurità, nascosto dal buio della notte, e solo nel finale vediamo chiaramente il suo volto; una scelta che conferisce al demone un’aria ancora più misteriosa e intimidatoria. Nel film sono presenti diversi elementi simbolici che arricchiscono la mitologia del Creeper: la tana in cui la creatura nasconde le sue vittime, che vengono scuoiate, private degli organi, ricucite e appese sulla parete della grotta, in un macabro mosaico di corpi sventrati, una “versione allucinata della Cappella Sistina”, per citare il personaggio di Darry; l’inquietante chiesa vicino alla quale il Creeper ha stabilito il suo covo, elemento che, inizialmente, avrebbe dovuto essere centrale nel terzo capitolo e che sembrerebbe essere legato alle origini della creatura. I corvi, presenti in diverse scene del film, animali simbolici legati alla morte, al diavolo, alla metamorfosi e al contatto tra il regno dei vivi e quello dei defunti. E ultima, il motivetto che annuncia l’arrivo del mostro, la canzone intitolata proprio Jeepers Creepers di Paul Whitman, un singolo apparentemente allegro ma che nasconde un’identità oscura e infernale, presagio di morte e dell’arrivo del male. Un motivetto che vi resterà scolpito nella mente e che accompagna l’ultima, spettacolare scena del film, molto evocativa e di grande impatto. Victor Salva e i suoi effettisti hanno concepito uno dei demoni più originali del panorama cinematografico, dando vita ad un personaggio e ad un film che diventeranno subito un cult assoluto per gli appassionati di questo genere.
Il film riscuote un ottimo successo, tanto da convincere Salva e Coppola a mettere in cantiere un seguito. Appena due anni dopo, nel 2003, approda nei cinema Jeepers Creepers 2, il cui titolo alternativo era Like A Bat Out Of Hell, che riprende il titolo di una canzone di Meat Loaf, dicitura che vedremo alla fine del film.
La pellicola si ambienta pochi giorni dopo gli eventi del primo film, per la precisione nel ventitreesimo giorno di caccia del Creeper, l’ultimo prima del letargo. La bellissima scena iniziale vede protagonisti Jack Taggart, un fattore interpretato da Ray Wise (il Leland Palmer di Twin Peaks) e i suoi due figli. Il più piccolo, Billy, mentre è intento a sistemare alcuni spaventapasseri in un campo di grano, viene rapito dal Creeper, che si era camuffato fingendosi proprio uno dei manichini. Jack, in preda alla disperazione, deciderà di vendicare il piccolo Billy, costruendo un arpione con l’aiuto del figlio più grande, Jack Taggart Jr. Nel frattempo, una comitiva di giocatori di basket e cheerleader, reduci dalla vittoria di un importante campionato, stanno viaggiando in pullman proprio sulla strada maledetta, vicino alla fattoria di Jack. Durante il tragitto, il Creeper userà uno dei suoi gadget per bucare le gomme del bus, intrappolando gli atleti nel bel mezzo del nulla. Questo è solo l’inizio di una sanguinaria carneficina, dove sopravvivere sarà tutt’altro che semplice.
Jeepers Creepers 2 è un ottimo sequel, che cambia leggermente la formula rispetto al primo capitolo, pur mantenendone i punti di forza ed espandendo in modo interessante la mitologia del Creeper. Il film può essere collocato all’interno del sottogenere “home invasion” (anche se in questo caso sarebbe più corretto dire “bus invasion”), ovvero quelle pellicole ambientate quasi interamente in un’unica location, dove i protagonisti sono intrappolati in un luogo e braccati da qualcosa che proviene dall’esterno. È un film più claustrofobico, ironico e maggiormente incentrato sull’azione e la spettacolarità rispetto al primo, un cambio di registro che rende le due pellicole uniche e con una propria identità. Il ritmo è serratissimo e non lascia respiro, le ambientazioni rurali notturne fungono da inquietante cornice e il film diverte dall’inizio alla fine. I protagonisti sono ridotti a semplice carne da macello e la curiosità è tutta volta a sapere in quali atroci modi il Creeper ucciderà la prossima, incauta vittima. L’unico personaggio carismatico è il fattore Jack Taggart, interpretato dal grande Ray Wise, la cui sete di vendetta nei confronti del Creeper ricorda quella del capitano Achab per l’immenso capodoglio bianco nel capolavoro letterario Moby Dick di Herman Meliville; una somiglianza di cui Victor Salva sembra essere consapevole, dato che nel film è presente una divertentissima scena in cui Taggart arpiona il malefico demone proprio come accadeva nel finale del suddetto romanzo. Inoltre, il regista sembra essere particolarmente legato a Steven Spielberg: se l’inizio del primo capitolo era un grande omaggio a Duel, qui è presente una scena che ricorda l’iconico inseguimento del T-Rex alla jeep in Jurassic Park. Il film accenna timidamente ad alcune tematiche, come il razzismo, l’omofobia e l’egoismo che l’uomo è in grado di dimostrare quando ha paura, senza però approfondirle particolarmente. Rispetto al primo si perde la componente oscura e drammatica, grande punto di forza del capostipite, a favore di una pellicola più “teen”, roboante, spassosa e piena di effetti speciali, ma ugualmente valida e che costituisce un importante tassello alla mitologia del Creeper.
E parlando proprio del nostro demone alato preferito, come si comporta in questo film? Bè, già nella sequenza iniziale si presenta in tutto il suo splendore, camuffandosi da spaventapasseri e portando via con sé un bambino; nella scena ritroviamo un riferimento al cristianesimo, con il Creeper appeso alle assi di legno come se fosse crocifisso, immagine che ritornerà anche alla fine del film. Qui il Creeper non indossa i suoi classici stivali, lasciando intravedere i lunghi artigli da rapace che gli fuoriescono dai piedi e che usa per agguantare le vittime. L’iconico furgone della creatura non compare in questo film, ma avrà un ruolo centrale nel terzo capitolo. Vengono introdotti diversi gadget usati dal Creeper per ferire le sue prede: una sorta di spinner fatto di pelle umana e altri resti, da cui fuoriescono quattro spuntoni ossei affilati, e un coltello con delle macabre incisioni. In una spettacolare scena vediamo per la prima volta il Creeper rigenerarsi: dopo essere stato gravemente ferito al cranio, il mostro, fingendosi morto, agguanta uno dei protagonisti con un’ala e divora la testa del ragazzo, usandola per sostituire la propria, in una sequenza grottesca e dal sapore Cronenberghiano. In questo film il Creeper vola molto di più rispetto al primo e ciò ha richiesto un uso maggiore della computer grafica, che comunque non risulta invasiva e si amalgama bene con gli effetti pratici. Scopriamo che il Creeper è dotato, al centro del naso, di una terza narice, il principale organo con cui fiuta la paura. Nel finale lo vediamo rannicchiarsi in occasione dell’imminente letargo, in una posizione che ricorda vagamente il Chestbuster di Alien, e il film si conclude 23 anni dopo la vicenda principale, con Jack Taggart, ormai anziano, che aspetta pazientemente il risveglio della creatura per poterla finire per sempre. Nel film compare in un cameo persino Justin Long, in una sequenza onirica davvero d’effetto.
Jeepers Creepers 2 è un ottimo sequel, che cambia leggermente la formula rispetto al primo capitolo, pur mantenendone i punti di forza ed espandendo in modo interessante la mitologia del Creeper. Il film può essere collocato all’interno del sottogenere “home invasion” (anche se in questo caso sarebbe più corretto dire “bus invasion”), ovvero quelle pellicole ambientate quasi interamente in un’unica location, dove i protagonisti sono intrappolati in un luogo e braccati da qualcosa che proviene dall’esterno. È un film più claustrofobico, ironico e maggiormente incentrato sull’azione e la spettacolarità rispetto al primo, un cambio di registro che rende le due pellicole uniche e con una propria identità. Il ritmo è serratissimo e non lascia respiro, le ambientazioni rurali notturne fungono da inquietante cornice e il film diverte dall’inizio alla fine. I protagonisti sono ridotti a semplice carne da macello e la curiosità è tutta volta a sapere in quali atroci modi il Creeper ucciderà la prossima, incauta vittima. L’unico personaggio carismatico è il fattore Jack Taggart, interpretato dal grande Ray Wise, la cui sete di vendetta nei confronti del Creeper ricorda quella del capitano Achab per l’immenso capodoglio bianco nel capolavoro letterario Moby Dick di Herman Meliville; una somiglianza di cui Victor Salva sembra essere consapevole, dato che nel film è presente una divertentissima scena in cui Taggart arpiona il malefico demone proprio come accadeva nel finale del suddetto romanzo. Inoltre, il regista sembra essere particolarmente legato a Steven Spielberg: se l’inizio del primo capitolo era un grande omaggio a Duel, qui è presente una scena che ricorda l’iconico inseguimento del T-Rex alla jeep in Jurassic Park. Il film accenna timidamente ad alcune tematiche, come il razzismo, l’omofobia e l’egoismo che l’uomo è in grado di dimostrare quando ha paura, senza però approfondirle particolarmente. Rispetto al primo si perde la componente oscura e drammatica, grande punto di forza del capostipite, a favore di una pellicola più “teen”, roboante, spassosa e piena di effetti speciali, ma ugualmente valida e che costituisce un importante tassello alla mitologia del Creeper.
Illustrazione originale di Aaron Rizla |
E arriviamo al 2017, anno di uscita del travagliato Jeepers Creepers 3. Ma prima, un piccolo passo indietro. L’idea di un terzo capitolo che andasse a concludere la storia del Creeper aleggiava fin dall’uscita del secondo film. Nel 2006, il film venne annunciato col titolo Jeepers Creepers 3: The Creeper Walks Among Us, per poi essere cambiato in Jeepers Creepers 3: Cathedral; la sceneggiatura prevedeva il ritorno di Gina Philips nei panni di Trish, che, aiutata da Jack Taggart e da suo figlio, avrebbe fatto luce sulle origini del Creeper per affrontarlo e sconfiggerlo una volta per tutte, vendicando così suo fratello Darry. Come suggerisce il sottotitolo, la chiesa vista nel primo film avrebbe ricoperto un ruolo centrale, essendo strettamente legata alle origini del Creeper. Il film sembrava pronto a partire, in rete si trovano addirittura degli storyboard preliminari diffusi dallo stesso Victor Salva, ma, per una serie di fattori, la pellicola è stata bloccata e rimandata più volte. Tra i motivi principali di questa produzione travagliata c’è sicuramente il passato controverso di Victor Salva, del quale abbiamo già accennato. Salva infatti, durante la produzione di Clownhouse, fu accusato di molestie da parte di un minore, e questo gli procurò non pochi problemi legali che sono riemersi negli ultimi anni. Insomma, Jeepers Creepers 3 sembrava un film maledetto e le speranze dei fan si erano ormai spente. Poi, la svolta: nel 2015, Salva annunciò che le riprese del film sarebbero partite agli inizi del 2016, una notizia che si circondò di non poche polemiche, visto il passato del regista. Tra tentativi di boicottaggio e attori che abbandonarono il film a pochi giorni delle riprese, finalmente, nell’Ottobre 2017, Jeepers Creepers 3 ha visto la luce, prima proiettato in poche sale americane selezionate, poi trasmesso sulla rete televisiva Syfy. E, al netto delle grandi aspettative degli appassionati, di una produzione travagliata e di un regista con un passato controverso, com’è il film? Purtroppo, davvero deludente. La pellicola avrebbe dovuto rappresentare l’epica conclusione della trilogia, svelare chi è davvero il Creeper e perché fa quello che fa, con un ritorno del cast originale e premesse davvero incoraggianti. Nulla di tutto questo. Il film ha avuto un budget considerevolmente inferiore a quello dei primi due film, il che ha costretto Salva a ridimensionare la storia e le idee che aveva pensato originariamente; ciò ha penalizzato la resa finale della pellicola, che non sembra nemmeno diretta dallo stesso regista dei primi due bellissimi capitoli per quanto povera di idee e atmosfera. Il film, cronologicamente, si colloca tra il primo e il secondo capitolo e vede un manipolo di agenti, capitanati dallo Sceriffo Tashtego (interpretato da Stan Shaw, visto nel primo Rocky e in Scuola di Mostri), decisi ad eliminare il Creeper una volta per tutte. Nel frattempo, l’anziana Gaylen Brandon (interpretata dalla grande caratterista Meg Foster, vista in Essi Vivono di John Carpenter, in Leviathan e in due film di Rob Zombie, Le Streghe di Salem e 31), una donna che ha perso il figlio per mano del Creeper, scopre qualcosa che potrebbe finalmente rivelare le origini della creatura e il modo per ucciderla definitivamente: una mano sepolta anni prima dal figlio defunto, appartenente proprio all’antico demone.
Jeepers Creepers 3 è un film con tanti limiti: dopo un inizio cupo e promettente, Salva ci propone una storia fin troppo minimale, priva di una vera costruzione, dove la suspense e il senso di mistero dei primi due film sono solo un lontano ricordo. Si ha come l’impressione di assistere ad un film pensato e realizzato in fretta e furia, con personaggi e dialoghi inconsistenti, effetti digitali grezzi ed una mancanza assoluta del fattore paura e tensione. L’errore più grande commesso da Salva è quello di aver voluto ambientare quasi tutto il film di giorno, alla luce del sole, una scelta incomprensibile che, insieme a dei rallenty di dubbio gusto, spoglia il Creeper di quei connotati oscuri e misteriosi dei primi due capitoli, rendendolo un qualunque villain da teen movie. Jonathan Breck è sempre bravo e il trucco è di livello, ma il modo in cui viene inquadrata e illuminata la creatura non ne valorizza minimamente il potenziale orrorifico ed enigmatico. La cosa che fa più arrabbiare è il fatto che questo film non dia alcuna risposta alle origini del Creeper, piantando solo dei semi che rendono l’opera un insoddisfacente preludio ad un quarto capitolo che, probabilmente, non vedrà mai la luce: la mano del Creeper che, se toccata, rivela l’identità della creatura, la chiesa che la creatura brucia per “cancellare informazioni su di lui”, il cameo finale di Gina Philips che preannuncia la battaglia finale tra Trish e il demone…tutti elementi che avrebbero dovuto essere sviluppati in questo film e che invece Salva decide solamente di accennare e di rimandare alla “prossima puntata”.
Qualche lato positivo c’è: il make up è ottimo, alcune sequenze gore sono divertenti, il finale è d’effetto e coinvolgente (guarda caso, uno dei pochi momenti ambientati di notte) e fa piacere vedere Stan Shaw e Meg Foster, ma ciò non basta a salvare un film da cui era lecito aspettarsi molto di più. Ma veniamo al nostro Creeper: pur non fornendoci dettagli riguardo la sua origine, veniamo a sapere che il demone non caccia mai nello stesso posto per più di un giorno. Inoltre, il camion targato “Beatngu” ritorna in questo film con un ruolo piuttosto importante; scopriamo che questo furgone è una vera e propria trappola mortale, dotata di gadget e accessori di tortura che si azionano da soli come se il veicolo avesse vita propria. Un’idea interessante ma che spesso scade nell’esagerazione (come nel caso delle gomme antiproiettile o nella scena della granata), ma comunque uno dei pochi spunti originali che il film introduce per espandere la mitologia del Creeper.
Qualche lato positivo c’è: il make up è ottimo, alcune sequenze gore sono divertenti, il finale è d’effetto e coinvolgente (guarda caso, uno dei pochi momenti ambientati di notte) e fa piacere vedere Stan Shaw e Meg Foster, ma ciò non basta a salvare un film da cui era lecito aspettarsi molto di più. Ma veniamo al nostro Creeper: pur non fornendoci dettagli riguardo la sua origine, veniamo a sapere che il demone non caccia mai nello stesso posto per più di un giorno. Inoltre, il camion targato “Beatngu” ritorna in questo film con un ruolo piuttosto importante; scopriamo che questo furgone è una vera e propria trappola mortale, dotata di gadget e accessori di tortura che si azionano da soli come se il veicolo avesse vita propria. Un’idea interessante ma che spesso scade nell’esagerazione (come nel caso delle gomme antiproiettile o nella scena della granata), ma comunque uno dei pochi spunti originali che il film introduce per espandere la mitologia del Creeper.
Insomma, la saga di Jeepers Creepers, pur con un terzo capitolo non propriamente riuscito, si è ritagliata uno spazio importante nel panorama cinematografico attuale. La creatura di Victor Salva è una delle grandi invenzioni orrorifiche del nostro millennio, un personaggio diventato iconico a cui sono stati dedicati persino fumetti e action figures. I primi due film sono senz’altro da riscoprire, ma, per completezza, potete anche dare un’occhiata al terzo, a patto che non abbiate troppe aspettative. Non si hanno avute più notizie di un nuovo film sul Creeper. Un quarto capitolo realizzato come si deve, che spieghi le origini della creatura, sarebbe un sogno per tutti i fan, oppure, perché no, un reboot rispettoso degli originali che possa offrire una prospettiva diversa su questo affascinante quanto misterioso personaggio. Ma, per ora, la creatura è ancora in letargo, in attesa. Chissà, forse se ne riparlerà tra 23 anni…
Articolo di Riccardo Farina
Illustrazione originale di Aaron Rizla
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