In ogni angolo del nostro pianeta esistono da sempre storie di mostri e di animali fantastici. Una delle peculiarità della civiltà umana è proprio quella di creare leggende e aneddoti riguardanti fenomeni paranormali, o comunque fuori dall'ordinario, per trasfigurare la memoria ancestrale di determinati eventi storici.
Forse è per questo motivo che i racconti di questo genere che più ci colpiscono sono quelli nati in età contemporanea, rispetto a storie tramandate per millenni. La storia di cui vi parleremo in quest'occasione, infatti, risale solamente al XVIII secolo ed è una delle più celebri nel campo della criptozoologia (di cui abbiamo già parlato nell'articolo su Nessie).
Nel 1770 un missionario francese: l'abate Proyart, descrive in un resoconto di un suo viaggio in Africa una misteriosa creatura che vivrebbe a nord di Brazzavile, la capitale del Congo, nel Likouala (enorme area paludosa che si estende per circa 130'000 km). Questa creatura si chiamerebbe Mokele Mbembe ("colui che ostacola il flusso del fiume") e viene generalmente ritenuto dai locali come uno spirito della foresta.
Non da tutti i locali però, quelli che hanno potuto incontrarlo lo descrivono come un animale solitario e dalle grandi dimensioni, la cui presenza allontana gli ippopotami dall'area in cui vive. Questa sua rappresentazione coincide a grandi linee con quella dell'abate che parla di una bestia dalla pelle liscia grigio-brunastra, la stazza di un elefante, piccola testa di serpente, collo flessibile, grandi zampe e una robusta coda.
Una ricorstruzione della creatura basata sulle descrizioni dei locali |
Quella di Proyart, non fu la prima testimonianza in Europa del Mokele Mbembe, circolavano voci riguardo l'esistenza di un animale prodigioso in Congo sin dalle primissime esplorazioni di quelle regioni, ma sicuramente fu il primo importante identikit fornito per la comunità criptozoologica.
La caccia al Mokele Mbembe precede di poco un altro evento fondamentale per la storia dell'uomo: la scoperta dei dinosauri, e il conseguente interesse che suscitarono. Se siete stati attenti, avrete notato come la descrizione del mostro ricordi molto i tratti di alcune specie di dinosauri sauropodi. Questa ipotesi non solo trovava riscontro nelle rappresentazioni che le popolazioni del posto facevano; ma venne anche confermata dagli indigeni Pigmei (che raccontavano anche di averne ucciso un esemplare in passato) quando gli vennero mostrate diverse fotografie o disegni di animali, per indicare il più simile allo spirito della palude.
Ma è possibile che dei sauropodi siano sopravvissuti fino ad oggi, nelle foreste e nelle paludi congolesi? Secondo la comunità scientifica no, non sarebbe possibile che un animale del genere sia riuscito a sopravvivere in un ambiente come quello delle paludi del Congo, o del vicino Cameroon, data la rigidità della selezione naturale in quelle regioni. Gli stessi ippopotami che secondo i resoconti sarebbero costantemente allontanati o uccisi dal Mokele Mbembe, in realtà in gruppo (come sono soliti vivere) avrebbero la meglio anche su un animale della sua stazza. Per questo motivo i numerosi avvistamenti, video, fotografie e impronte rivenute in vari punti del Likouala, sono ritenute delle bufale.
Ma da dove può essersi originata una storia simile? Quali basi può avere nella realtà? E
soprattutto perché, nell'Africa centro-meridionale, quella del Mokele Mbembe non è l'unica leggenda antica che racconta di giganteschi mostri elusivi e dalle fattezze dinosauresche?
Stando alle descrizioni fornite, il Gbahali, un'altra creatura delle leggende africane, è molto simile ad un Postosuchus kirkpatricki |
Esistono, presso gli indigeni, decine di miti su famelici super-predatori, o comunque minacciosi erbivori, capaci di mettere in fuga tutto il resto della fauna africana. Questi racconti tradizionali non solo sono accomunati dalla medesima area geografica, ma anche dal fatto che queste creature hanno sempre le fattezze dei dinosauri: pensiamo al Kongamato, animale notturno simile agli pterosauri; o l'Emela Ntouka "l'assassino di elefanti", un colosso che ricorda i ceratopsidi; o ancora il Kasai Rex, un feroce predatore teropode.
Nel 2019 è facile credere che tutte queste storie possano essere delle frottole, ma quello che le mantiene in vita è il dubbio scaturito dal fatto che siano tutte antecedenti alla classificazione dei dinosauri stessi, così come il fatto che riguardino le stesse regioni: come se, nelle zone ancora selvagge dell'Africa, esistano paradisi perduti in cui queste mitiche bestie possano essere sopravvissute all'estinzione.
"The Lost Dinosaurs" (2012), regia di Sis Bennett |
Se volete vedere un film sull'argomento: vi consigliamo il (non particolarmente bello) "The Lost Dinosaurs", found-footage britannico del 2012 che parla proprio di una spedizione in Congo alla ricerca di Mokele Mbembe, e che potrebbe divertirvi se non lo prendete troppo seriamente.
Articolo di Lorenzo Spagnoli
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