domenica 4 agosto 2019

Nei panni di Gordon Freeman (Recensione "Half-Life")

Il 19 novembre 1998 Sierra Entertainment pubblica il primo videogioco sviluppato dall’allora giovane software house Valve L.L.C. (attualmente chiamata Valve Corporation). Quel gioco, che fu vincitore di più di 50 premi come Gioco dell’Anno e che tutt’oggi è considerato uno dei migliori sparatutto in prima persona mai creati, era Half-Life.
Il giocatore veste i panni di Gordon Freeman, un fisico teorico impiegato come ricercatore alla Black Mesa Research Facility, un complesso di ricerca collocato in un’area non specificata del Nuovo Messico. Durante quella che sembra una normale giornata di lavoro, un esperimento volto ad analizzare un misterioso cristallo causa una cascata di risonanza e, apertasi una frattura dimensionale, numerose specie aliene provenienti da un’altra dimensione (chiamata Xen) giungono a Black Mesa. Nel suo viaggio verso la superficie Gordon si troverà quindi costretto a combattere innumerevoli creature mostruose (tra cui anche gli ormai iconici Headcrab e Vortigaunt) a cui si aggiungeranno in seguito i Marines (più nello specifico la divisone HECU, Hazardous Environment Combat Unit) e i Black Ops, il cui scopo è quello di coprire l’intero incidente, eliminando non solo gli alieni, ma anche qualsiasi testimone oculare. In seguito, avendo scoperto che alcuni membri del Team Lambda sono sopravvissuti, Gordon si dirigerà verso l’omonimo complesso, sperando di poter finalmente chiudere la frattura dimensionale.
Due Vortigaunt.
La storia è vissuta interamente attraverso gli occhi di Gordon, le cutscene sono infatti assenti e le informazioni per proseguire sono fornite dai brevissimi dialoghi con gli altri personaggi e dalle sequenze scriptate. Tutto ciò, insieme all’assenza di linee di dialogo per Gordon, è volto ad un’identificazione tra giocatore e personaggio, rendendo i corridoi di Black Mesa, brulicanti di alieni, soldati e misteriose figure in giacca e cravatta, ancora più spaventosi.
Le ambientazioni, sebbene il più delle volte non siano molto varie, riescono ad imprimere un senso di angoscia nel giocatore, anche grazie ad un ottimo posizionamento dei nemici e ad un level design eccelso. L’ultima area di gioco, Xen, rappresenta però un’eccezione a quasi tutto quello detto in precedenza: sebbene l’ambientazione sia molto più suggestiva e spaventosa, presenta un level design a dir poco orribile.
Xen, la dimensione parallela.
Il gioco presenta inoltre una grande varietà di nemici, compresi alcuni boss a dir poco grotteschi e molto difficili da sconfiggere, e di armi, che spaziano dall’iconico piede di porco, alle tradizionali pistole e mitragliatrici, fino ad arrivare a veri e propri insetti alieni utilizzati come granate. Ad aiutare Gordon vi sono anche i numerosi scienziati, che possono curare il giocatore ed aprire stanze precedentemente inaccessibili, e le guardie di sicurezza, che forniranno supporto nei combattimenti affrontati.
Un Gargantua, uno dei boss del gioco.
Anche il comparto tecnico è eccezionale: usando a pieno le potenzialità del GoldSrc (il motore grafico creato da Valve modificando il Quake Engine), il gioco diventò, nel panorama videoludico della fine degli anni ’90, un punto di riferimento per la sua grafica, illuminazione, intelligenza artificiale, sequenze scriptate e gameplay.
In poche parole Half-Life è un capolavoro che merita di essere giocato almeno una volta nella vita, prova di ciò è anche il fatto che la fanbase del gioco sia ancora attiva a più di 20 anni dalla pubblicazione.

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