La mascherata della Morte Rossa è probabilmente uno dei racconti più conosciuti di Edgar Allan Poe. Pubblicato nel maggio del 1842 sulla rivista Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine con il titolo di The Mask of the Red Death. A Fantasy, verrà ripubblicato nel 1845 con un titolo diverso e senza tagline: The Masque of the Red Death. Il cambiamento può sembrare banale ma in realtà nasconde un mutamento di focus all’interno della storia: dalla maschera indossata dalla Morte Rossa si passa alla mascherata descritta nel racconto, che è anche messa in atto dal principe Prospero per far credere di aver sconfitto la Morte Rossa.
Il racconto deve la sua fama ai tantissimi adattamenti radiofonici, ma non mancano le trasposizioni cinematografiche come il famoso The Masque of the Red Death del 1964, con Vincent Price nel ruolo del principe Prospero; altrettanto interessante è il corto animato del 1969, Mask of the Red Death, diretto dal regista e animatore croato Pavoo Stalter.
La storia, raccontata in terza persona, inizia in un anonimo paese devastato da un morbo mortale chiamato “Morte Rossa”. Il principe Prospero, protagonista del racconto, credendo di poter sconfiggere la malattia, decide di rinchiudersi nel suo castello insieme ad altri mille amici. Il piano sembra funzionare per i primi sei mesi ma, durante una festa in maschera, la Morte Rossa si presenta nella casa del principe per fargli capire che nemmeno lui può sfuggirle.
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Illustrazione di Harry Clarke (1919) |
Negli anni la critica ha cercato di trovare un qualche significato allegorico nel racconto, nonostante Poe non apprezzasse questo approccio. In un suo saggio, pubblicato postumo nel 1850 con il titolo The Poetic Principle, Poe si scaglia ferocemente contro il didattismo, corrente della critica letteraria alla ricerca di un qualsiasi elemento educativo o significato allegorico nelle opere che analizzava. Poe definisce tale corrente una eresia, affermando che il vero obiettivo per la poesia (e di conseguenza anche per la prosa) fosse l’estetica.
In effetti, se ci concentrassimo solo sul puro lato stilistico, il racconto apparirebbe come un ottimo esempio di letteratura gotica. Il castello del principe Prospero, che dovrebbe essere un luogo accogliente e sicuro per i suoi ospiti, è invece descritto come un luogo bizzarro e opprimente, dove regna una felicità solo apparente. Le sette stanze dove si svolgerà la mascherata sono rappresentate con colori sgargianti e perfettamente ordinate all’interno. La totale mancanza di qualsiasi tipo di luce (non ci sono né candele né lampade) e il fatto che siano disposte in maniera scoordinata, a tal punto che l’occhio umano non può abbracciarle con lo sguardo, rende tali luoghi inquietanti, quasi grotteschi. E grottesche sono anche le maschere indossate dagli invitati durante la festa, che deformano il volto al punto di trasformare gli uomini nelle immagini dei sogni. A rendere il tutto ancora più spaventoso è la presenza di un orologio d’ebano (oggetto che comparirà poi in un altro racconto di Poe, Il pozzo e il pendolo) i cui rintocchi spaventano gli ospiti durante la mascherata, paralizzandoli dalla paura. Solo dopo che la Morte Rossa avrà compiuto la sua strage l’orologio smetterà di battere l’ora, quasi come a indicare che il loro tempo è scaduto.
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Illustrazione di Arthur Rackham (1929) |
Non è un caso che la Morte Rossa decida di presentarsi proprio a una festa e non in altri momenti nella storia. Nell’iconografia tardo-medievale è talvolta presente il tema della danza macabra, in cui vengono disegnati scheletri, che danzano in festa insieme agli uomini. Questo tipo di rappresentazione, che spopolò soprattutto durante la famosa epidemia di peste del 1348, tendeva a rimarcare come la morte fosse una grande livellatrice e che colpisse tutti gli uomini appartenenti a ogni classe sociale. Edgar Allan Poe, sopravvissuto a un’epidemia di colera nel 1831, avendo visto molti membri della sua famiglia ammalarsi e morire di tubercolosi, conosce molto bene quest’aspetto della morte.
Possiamo notare, infine, come Poe si sia probabilmente ispirato a Shakespeare per creare e caratterizzare il protagonista. Il principe Prospero condivide il suo nome infatti con l’omonimo protagonista de La tempesta. Se il Prospero shakespeariano è un mago, che riesce a ottenere ciò che vuole piegando anche la natura tramite i suoi poteri, il Prospero di Poe è un semplice essere umano, convinto di poter fare lo stesso ma nella realtà ha solo dato inizio a una lunghissima messinscena, in cui fa credere ai suoi spettatori di aver sconfitto la morte.
Nonostante ciò è impossibile non notare, o escludere, il messaggio che Poe ci ha (non volutamente) trasmesso. Nessuno, anche il più ricco e potente fra gli uomini, può sfuggire alla morte e chi crede di esserci riuscito ha solo rimandato per poco tempo il suo mortale destino.
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